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Cosa sta succedendo a Topshop?

I Millennial potranno rimettere piede nel megastore di Oxford Street

Cosa sta succedendo a Topshop? I Millennial potranno rimettere piede nel megastore di Oxford Street

A settembre del 2021 ASOS, rivenditore britannico di fast fashion e cosmetici, ha acquisito Topshop, una sorta di compendio high-street della moda londinese. Un nuovo scossone targato Union Jack ha animato il dibattito recente: a due anni dall'acquisizione, ASOS ha venduto una quota di maggioranza di Topshop a Heartland, gruppo di moda danese già proprietario di Jack & Jones e Vero Moda. Mentre il mondo del fast fashion ha preso una direzione di “alto profilo”, improntata verso un’estetica più minimalista (come dimostrano il dominio dell’azienda giapponese Uniqlo sul settore oppure le ultime collaborazioni di Zara con Stefano Pilati e Samuel Ross), i Millennial a cui mancava lo spirito selvaggio di Topshop hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Nell’ultimo anno si è parlato molto del ritorno dell’indie sleaze, di una moda che non segue il minimalismo ma anzi vi si ribella, prendendo ispirazione dalla vecchia scuola rock e dagli outfit di band come i The Strokes o icone come Kate Moss. Ma sarà davvero arrivato il momento di tornare a indossare calze strappate, anfibi e pellicce, oppure si tratta solo di finti segnali di fumo? 

Quando ASOS comprò Topshop, nel 2021, decise di utilizzare la propria piattaforma online come unico canale di distribuzione per il brand. Due anni dopo, l’intera azienda è entrata in crisi, avendo riportato gravi perdite di fatturato in seguito a errori di buying e a una conseguente «deflazione di fiducia da parte dei consumatori». Sotto un certo punto di vista, la vendita di Topshop all’azienda danese Heartland potrebbe perciò indicare uno dei tanti modi in cui Asos si sta sbarazzando dei pesi accumulati nel corso degli anni, piuttosto che un segno anticipatorio del ritorno alla ribalta del brand. Eppure negli ultimi mesi il marchio iper-brit ha ricevuto una nuova ondata di attenzioni da parte della stampa e del suo pubblico: lo scorso maggio, per esempio, l’uscita del film Saltburn (thriller ambientato nella campagna inglese del 2006) ha causato una crescita nelle ricerche del 45% per la collezione Kate Moss x Topshop su Depop. Sarà un caso che cinque mesi dopo Zara ha annunciato il lancio di una nuova capsule disegnata proprio dalla top model? 

Adesso che ASOS ha venduto una quota del 75% a Heartland, gli ex clienti di Topshop che sono ancora perdutamente innamorati dello stile eccentrico e rockettaro del brand sperano di vedere i propri sogni trasformarsi in realtà. Secondo il comunicato stampa relativo all’acquisizione pubblicato da ASOS e Heartland, l’azienda di proprietà dell’imprenditore danese Holch Povlsen si dice pronta a rilanciare il sito di Topshop ma anche gli store fisici. È ancora presto per capire le sorti di un brand nostalgico come Topshop, eppure sia la risposta del pubblico che quella degli analisti sembra positiva. Sui social si festeggia la possibile riapertura del megastore di Oxford Street, una volta la Mecca londinese del fast fashion, ma l’ondata di entusiasmo dimentica che il panorama della moda è cambiato, così come le preferenze dei consumatori. Il settore della moda accessibile è saturo su ogni fronte, dato che ormai contiene sia opzioni ultra economiche come Shein e Temu che intermedie, come le linee esclusive di Zara o di Cos. Fino agli inizi degli anni 2010, poi, Topshop era indossato persino dalle celebrity che attendevano la fashion week poiché conservava una qualità più dignitosa rispetto agli altri brand di fast fashion, mentre nel periodo che ha preceduto l’acquisizione da parte di ASOS il valore dei capi è crollato drasticamente. Una cosa è certa: per tornare davvero sulla bocca di tutti come un tempo, a Topshop servirà un fenomeno più grande di un feat tra Julian Casablancas e Charlie XCX.