A Guide to All Creative Directors

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Il sogno è cambiato ma il sogno rimane Intervista a Willy Chavarria
È da diverso tempo, in effetti un decennio, che Willy Chavarria fa parlare di sé. Accade difficilmente, infatti, che la proposta e la visione di un designer siano così netti e definiti pur dimostrando un range estetico così ampio: Chavarria riesce in effetti a toccare quasi tutte le corde dell’estetica americana che va dai cowboy al moderno sportswear, passando ovviamente dalla sua celebre sartoria, le cui proporzioni ampie, che diventano addirittura sovradimensionate nei baveri e nei colletti, sono diventate una firma negli ultimi anni. Proprio in occasione del decennale dalla fondazione del suo brand, ora che il suo business si è anche espanso considerevolmente, Chavarria ha portato il suo show alla Cathédrale Américaine di Parigi. Uno show che è stato uno dei più seguiti della stagione menswear, oltre che uno dei più apprezzati, e che ha segnato un passo importante per Chavarria, il cui viaggio nella moda è iniziato in un contesto insolito: Fresno, California. «Sono cresciuto in una zona molto rurale della California» ci ha raccontato il designer che abbiamo incontrato all’indomani dello show, «quindi non sono cresciuto in mezzo alla moda. Era qualcosa di molto estraneo a me e alla mia comunità», racconta. Eppure, la sua fascinazione per lo stile era profondamente personale. «La mia ispirazione era davvero lo stile personale e il modo in cui le persone intorno a me si vestivano per mostrare l'appartenenza a un certo gruppo demografico o a un determinato gruppo sociale a cui volevano appartenere o essere percepite». Questa curiosità si manifestava nella sua infanzia, quando passava il tempo a disegnare persone, spesso ispirandosi ai film. «Ero ossessionato dai vestiti, dalle donne in abiti lunghi che incombevano dai cartelloni sui palazzi. Non so perché disegnavo sempre queste cose, ma mi piaceva vedere come il vestito fluttuava mentre cadevano
Anche se le sue prime ambizioni di carriera erano orientate verso la pubblicità e il design grafico, un lavoro decisivo da Joe Boxer, un’azienda specializzata in biancheria intima, lo introdusse al mondo della moda portandolo poi a lavorare per Ralph Lauren. «In quel periodo ho capito che esisteva questo universo di progettazione di abiti per le persone, e che poteva essere un modo per guadagnarsi da vivere», ci ha raccontato Chavarria. «Mi sono emozionato per questo e ho deciso di intraprenderlo.» E partendo da questi insoliti inizi, passati anche dalla direzione artistica di American Eagle Outfitters, oltre che da numerose stagioni di presentazioni e show a New York, giungere a Parigi non ha rappresentato, per il designer, qualcosa di inatteso ma il culmine di «una progressione molto naturale per un designer americano. Man mano che l'attività cresce e il marchio si espande, è importante toccare altre parti del mondo. Parigi, essendo probabilmente la location più elevata e centralizzata per presentare una collezione, le ha conferito una voce globale e ha dato ai miei acquirenti europei l'opportunità di vedere la sfilata». Stare spalla a spalla con i giganti parigini del lusso mondiale non è stato un problema per un designer come Chavarria secondo cui «in generale, la moda di lusso è solo molto noiosa. Non c’è niente di interessante. Sono gli stessi designer che si spostano da una casa all’altra, le collezioni sono solo più dello stesso. Anche se c’è della bellezza, non suscita emozioni nelle persone. Per questo credo di essere stato fortunato: il mio marchio tocca una parte delle persone. È più profondo del semplice desiderio di avere un oggetto nuovo e costoso».
La mia visione principale è quella di avere un marchio che venda prodotti che non siano solo una merce, ma che rappresentino una storia molto più grande. E questa storia è una storia d'amore. La mia visione principale è quella di avere un marchio che venda prodotti che non siano solo una merce, ma che rappresentino una storia molto più grande. E questa storia è una storia d'amore.
Quando si tratta di creare abiti, Chavarria crede che la loro bellezza «dipenda davvero molto da chi indossa l'abito. La bellezza in un abito può essere diversa per ogni tipo di personalità o persona. Mi piace offrire una vasta gamma di silhouette, ma mi piace molto quando un abito ti fa sentire potente. Adoro una spalla forte, anche se il corpo è più rilassato. Mi piace che la parte inferiore sia molto comoda, senza restrizioni. Penso che i vestiti debbano essere comodi, principalmente, perché se non lo sono per le prime cinque ore che li indossi, allora è solo un costume». In effetti, proprio questo desiderio di portare la propria combinazione di spalla forte e comfort ha spinto Chavarria a concepire il suo ormai celebre completo sartoriale «che puoi indossare la mattina con le sneakers, passarci la giornata in modo casual, correndo, sudando, urlando, arrabbiandoti, per poi, la sera, lavarti il viso, mettere un bel paio di scarpe e andare a cena con lo stesso completo». Un altro leitmotiv sempre più presente nei suoi show è quello dell’iconografia religiosa che un altro elemento che concorre a dare al mondo coerente ma assai variegato di Chavarria una profondità e una sfumatura di interesse in più. «Ho delle convinzioni religiose personali che sono strettamente legate a queste estetiche», ci risponde il designer quando gli facciamo qualche domanda a riguardo. «Ho le braccia coperte di tatuaggi religiosi, quindi mi piace tenere queste storie molto vicine a me. Ma penso anche che sia importante raccontarle con una voce moderna. Siamo così abituati a sentire queste storie tradotte in modi molto tradizionali e non sono sempre risultano aperte ad accogliere molte persone. Credo sia importante dare valore a tutti e associarli ancora alla bellezza di ciò che il Cattolicesimo o il Cristianesimo possono offrire.» Molti dei commentatori del suo ultimo show, in effetti, hanno definito i suoi prodotti da sartoria come “completi della messa domenicale” anche se, come ci conferma il designer, non erano proprio nati così: «Quando vedi questi modelli in chiesa che indossano completi e portano rosari, improvvisamente diventa il completo della domenica. Ma penso che sia fantastico che possano indossarlo per andare a messa e poi uscire in un nightclub gay fino alle sette del mattino».
Sia la sartoria classica che gli abiti quotidiani e d’ispirazione sportiva afferenti al mondo streetwear hanno una comune radice nel focus che Chavarria pone sul prodotto finale – vestiti che lui stesso indossa nel suo guardaroba personale che, per l’appunto, esiste senza soluzione di continuità con la sua proposta di moda. Chavarria attribuisce le sue radici californiane e la cultura di strada all’ispirazione per l’interazione tra elementi formali e informali nel suo lavoro, chiamando in causa «una sensibilità molto americana, anzi molto californiana» che «deriva dalla cultura di strada, dove acquisti questi capi sportivi come i tuoi pezzi di lusso principali. Potresti investire in una maglia da football che diventa il tuo capo di moda numero uno, e quello è ciò che indossi con i pantaloni eleganti o una giacca. È molto naturale che queste cose si uniscano». E in questo gioco di ampiezze, streetwear e sartoria che copre e scopre il corpo gioca un importante ruolo «l'idea della sensualità attraverso l'espressione del mio abbigliamento mi piace un po' di più della sessualità. Perché la sessualità è molto facile. Quindi penso che quando il corpo è coperto un po' di più, è un po' più invitante, ed è per questo che alcuni look come quello di Paloma, per esempio. Il suo abito è molto aderente, ma arriva fino al collo ed è a maniche lunghe, ma è molto aderente e imbottito sui fianchi. In questo modo accentua la sensualità, pur rimanendo coperto». Anche la sua collaborazione con adidas includeva «uomini bellissimi, supereroi, con corpi meravigliosi, shorts fantastici e scarpe incredibili—proprio come guerrieri». Per Chavarria «anche con tutta l'oppressione che vediamo attualmente nel mondo, c'è un movimento molto eccitante di espressione sessuale che è più nuovo e più lungimirante di quanto si sia mai visto prima». È, come dicevamo, una visione ampia ma dai confini piuttosto netti: si può dire immediatamente quando un certo look è firmato da Chavarria che, per l’appunto, considera l’integrità della visione è «ciò che distingue un buon designer. Perché credo che quando i marchi o le aziende hanno bisogno di studiare le tendenze per costruire il loro business o per far sì che il loro business vada in un certo modo, questo priva immediatamente il brand di passione e identità. Quindi penso che se si guarda ad alcuni dei marchi più forti, come Rick Owens o Ralph Lauren, sono brand che perseverano secondo il proprio ritmo. Fanno le loro cose. Ogni tanto dettano le tendenze. A volte la tendenza li salta, ma rimangono intatti nella loro integrità. E questo è più forte di qualunque trend».
Penso che alcuni marchi non avranno paura di rischiare e saranno altrettanto influenzati dalla giusta posizione nella storia e dal rispetto per l'umanità che è necessario in questo momento. Penso che alcuni marchi non avranno paura di rischiare e saranno altrettanto influenzati dalla giusta posizione nella storia e dal rispetto per l'umanità che è necessario in questo momento.
Lo show di Chavarria a Parigi non ha segnato solo il decennale del brand ma è anche caduto in un momento politico molto teso per la società statunitense che, nelle prime settimane della nuova presidenza Trump, si prepara ad affrontare nuove politiche economiche protezioniste, una nuova cultura istituzionale e un futuro sempre più ricco di incognite. «Tutta la moda americana sarà influenzata enormemente dalla nuova struttura politica» ci ha detto il designer, «sia che si tratti di un cambiamento drastico nella produzione, di un cambiamento nella provenienza dei tessuti o dei concepts che i marchi adottano. I marchi più grandi potrebbero annacquare i loro messaggi per paura di perdere clienti, ma i marchi più piccoli o più forti agiranno con coraggio e non avranno paura delle nuove restrizioni che il governo sta cercando di imporre». Su un piano di policy, poi, il designer ha anche detto di avere fede nella coerenza della moda indie americana che tiene al messaggio più ampio che manda nel mondo insieme ai propri prodotti: «Credo che alcuni dei marchi più piccoli o più forti non avranno paura di rischiare e saranno tanto influenzati dall'avere la giusta posizione nella storia che dal rispetto per l'umanità che è necessario in questo momento». Un momento complesso che però non deterrerà Chavarria dalla sua visione: «Il sogno è cambiato, ma il sogno rimane. Cambia, ma resta altrettanto grande. Si sposta man mano che imparo di più, vedo di più del mondo e capisco le complessità di avere un’attività. Ma in definitiva, è sempre la stessa visione di base—avere un marchio che venda prodotti che rappresentano una storia molto più ampia. E la storia è quella dell’amore.»
Through out the story full looks WILLY CHAVARRIA

CREDITS:
Photographer Eva Losada
Photographer Ass. Marcos Parra
MUAH  Roger Cho
Interview Lorenzo Salamone