Four Tet - THERE IS LOVE IN YOU
23 Marzo 2010
Four Tet
THERE IS LOVE IN YOU
(Domino, 2010)
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Myspace
C'è amore in Noi.
Ci sono esperienze che ci formano.
E poi esistono sensazioni che rimangono tatuate in noi che vanno oltre la mera esperienza.
Qualcosa che trascende ogni evento quotidiano, che è sempre lì con noi, che ci accompagna in ogni attimo. Non possiamo vederlo, ma lo avvertiamo, dentro, fuori, intorno.
Se si potesse definire tutto l'amore del mondo e quella sensazione indescrivibile di calore, in questo momento oserei dire "There's Love in You".
Kieran Hebden, in arte Four Tet, torna ufficialmente alla ribalta a distanza di cinque anni nei quali l'inglesissimo dj si è limitato a pubblicare un EP e a un'incredibile quanto coraggiosa collaborazione con Burial con „Moth/Wolf Club“.
In quel periodo il giovane Kieran ci ha fatto ricredere nel potere di tutto ciò che può essere definito glitch.
Finalmente, nel 2010, arriva „There's Love In You“.
Kieran ha intrapreso un percorso che si potrebbe tranquillamente valutare perfetto nella sua precaria struttura, rigido nella sua fede elettronica e coraggioso nella sue repentine virate di genere.
L'ultimo disco di Four Tet diventa un vero e proprio sentiero dualistico, che non fa prevalere né l'una (il sentimento) né l'altra parte (la ragione), a favore della sensibilità dell'ascoltatore.
Basta il primo ascolto di „Angel Echoes“ per farsi catapultare in una dimensione tanto onirica quanto artificiale. Un'ipnotica voce (angelica o metallica?) accompagna dolcemente intrecci sonori che inciampano su loro stessi, producendo un effetto piacevolmente straniato.
Tutto oscilla tra il sacro e il profano, tra la visione bucolica e ariosa della vita e quella di plastica e meccanica del mondo contemporaneo.
I suoni densi di “Sing” saturano l'atmosfera fino al collasso per poi esplodere in un interminabile flusso disordinato.
Il tutto è percepito da angolazioni diverse. Che distraggono (“Love Cry”), fanno disperare (“This Unfolds”), fanno ritrovare la speranza (“She Just Likes To Fight”), o forse l'illusione, di aver ritrovato l'orientamento.
Un disco che si somministra direttamente per endovena, facendo scorrere lentamente un flusso elettronico, jazz, glitch, post-rock che in pochi ascolti comincia a creare dipendenza. Una miscela perfetta e potente.
Pupille dilatate, mondi che non ci appartengono, invisibili, eppur vicini.
Inizia il viaggio lisergico all'insegna dell'infinito che dorme dentro di noi.
Deserti di ghiaccio. Desolati spazi senza orizzonte. Sabbia calda che accarezza i piedi nudi. La brezza che spazza via tutto ciò che ci è rimasto di tangibile.
L'acqua trasparente. Increspature che si allargano all'infinito distruggono e ricompongono l'immagine riflessa.
Non chiamatela semplicemente elettronica.
È un piccolo miracolo.