Xiu Xiu - Dear God I Hate Myself
16 Marzo 2010
Xiu Xiu
"DEAR GOD, I HATE MYSELF"
(KILL ROCK STARS, 2010)
Myspace - Website
Prossimamente in Italia:
12 giugno 2010 TORINO – Spazio 211
17 giugno 2010 ROMA – Init
Fondamentalmente c'è che tutto quel che resta del nichilismo, dell'odio, del mero esistenzialismo, del consumismo, dei pregiudizi e dei tabù viene tutto raccontato senza mezzi termini dall'agonizzante voce di un problematico cantautore californiano.
Parlare di questo artista non è mai stata cosa semplice, e mi limiterò ad introdurlo.
Jamie Stewart non è un profeta. E' semplicemente il portavoce di un disagio tanto contorto quanto comune della (de)generazione che ci appartiene.
Jamie Stewart è uno degli ultimi geniali artisti che è stata in grado di regalarci la Musica negli ultimi dieci anni.
Figura poliedrica, contorta e inarrestabile, in pochi anni ha lasciato il segno indelebile del suo potente carisma dietro l'ombra di una manciata di sperimentazioni e progetti, lasciandosi alle spalle piccoli capolavori come “Faboulous Muscles” (2004).
Il 23 febbraio scorso, come un fulmine a ciel sereno, l'annuncio sul sito ufficiale degli XiuXiu:
"the new xiu xiu record
'dear God, i hate myself'
is released full on outside on earth.
it is making its way through the
stupid wilderness to find you,
wonderful you"
Forse uno dei titoli più emo e tristi che abbia mai letto, “Dear God, I Hate Myself” è il settimo albumo in studio degli XiuXiu, o meglio di Jamie Stewart, che è pronto ad affrontare una delle svolte più significative e silenziose della sua carriera.
Un disco che a un primo ascolto sembra deludere le aspettative dell'apocalittico titolo, ma che poi svela la sua impietosa crudezza attraverso i testi, veri e propri intrecci poetici nascosti dietro trame apparentemente serene e spensierate (Chocolate makes you Happy).
Un album che spiazza per la sua incredibile musicalità, elemento che era stato spesso lasciato ai morsi della polvere nei precedenti lavori, che prediligevano un forte senso autodistruttivo e noise,e per la facilità con cui sembra scivolare via sulla pelle.
Il lavoro degli XiuXiu sembra per la prima volta adottare una vera e propria forma-canzone, che spesso assume le sembianze dei una preghiera, poi di una poesia, poi di una supplica, attraverso i ritmi catatonici che disegnano passaggi tanto naturali quanto intelligenti, dalla disperata “Gray Death” che apre l'album alla schizofrenica “House of Sparrow”, non c'è scusa che tenga: basta poco per avere impresse nella mente le melodie di “Dear God I Hate Myself”. Cosa insolita, soprattutto per le vecchie conoscenze dei trip mentali di Stewart.
Diventa quasi un perverso gioco quello di trarre piacere dalla chitarra acustica della title-track durante la grande orgia di brividi caustici provocati dall'elettronica; sembra non esserci via d'uscita (e “Secret Motel.” sembra confermare le nostre supposizioni), fino alla quiete che domina magicamente la seconda parte dell'album.
L'isterica “This Too Shall Pass Away” prova a rassicurarci, forse ci riesce, eppur non riesco a sognare come una volta.
È la capacità di un disco di provocare una frattura all'interno dell'equilibrio che regola le sonorità pop e il noise estremo e disperato a calamitare l'attenzione e l'ammirazione.
Jamie decide di aprire il suo cuore più morbido e “umano”, senza perdere la coerenza che ha sempre mantenuto durante questi anni.
Una mente tanto contorta quanto brillante ha saputo mettere in musica uno dei più grandi disagi del XXI secolo: l'individuo contro sé stesso e contro la collettività.
Con gli XiuXiu i mezzi toni non esistono, non possono esistere. È la convivenza tra gli estremi a regalare l'armonia dei suoni e delle liriche.
E se non riuscite a reggere un disco del genere, semplicemente non avete ancora accettato voi stessi.
Non raccomando la visione del nuovo video “Dear God I Hate Myself” ai deboli di stomaco.