Fanfarlo - Reservoir
30 Dicembre 2009
Kick in the doors and burn the books. Try to forget.
Autoproduzione, 2009
Sito web
Myspace
Io ho commesso un grave errore con questi giovanissimi musicisti.
Mi sono comportata come una perfetta e odiosa indiesnob ascoltando di sfuggita Reservoir, come se stessi facendo un piacere all'ennesima band albionica dalle noiosissime sfumature folk.
Per non parlare dei terribili ricordi sentimentali a cui associo la voce di Simon Balthazar.
Ho sbagliato tutto insomma, e ho dovuto pagare, come ho fatto anche nella mia vita privata. Ma questa è un'altra storia.
Reservoir è l'uscita definitiva, nonché debutto, di una band che aveva avuto il modo di farsi conoscere dal raffinato pubblico del web durante questi ultimi due anni tramite la pubblicazione di alcuni singoli e di uno split. Rigorosamente autoprodotti.
Il desiderio di rimanere coerenti e indipendenti, svincolati da qualsiasi contratto discografico è stato saldamente mantenuto anche dopo la pubblicazione di Reservoir, nel febbraio del 2009 e prodotto da Peter Katis (già con The National e Interpol).
Ma quando c'è una luce che brilla più delle altre è impossibile rimanere nella penombra, tanto che l'album di debutto dei Fanfarlo ha avuto il successo che meritava grazie al passaparola che è giunto fino alle orecchie della stampa britannica e della discografia internazionale.
Molti, troppi elogi, che a primo acchitto han fatto dubitare dell'effettiva qualità di questo lavoro, ma che in seguito è stato più che confermato. Reservoir è oggi pubblicato da Canvasback, mentre la stampa fa a gara per corteggiare e per etichettare per prima questo gruppo come next big thing.
Ma a noi delle inutili etichette di questi rumorose quanto qualitativamente povere riviste britanniche ci frega ben poco. Perchè qui, in questo preciso momento, ci servono soprattutto emozioni vere.
I Fanfarlo ci riescono perfettamente. Riescono ad evocare con una facilità sconcertante sensazioni lasciate ai morsi della polvere.
La grande marcia ha inizio. Questo non lo si può definire semplice folk. E soprattutto non può ricordarci gli Arcade Fire, eresia che ho letto da qualche parte.
C'è un'aurea spettrale che aleggia durante tutto l'album che rievoca scenari bucolici persi nei meandri del tempo. “I'm a Pilot” è un degno intro per rappresentare l'essenza dei Fanfarlo che continua con “Ghost” e “Luna”, in un'esplosione di suoni corali che si intrecciano a violini e trombe, alternando momenti malinconici a giri di accordi festosi e goliardici.
Certe cose vanno e vengono. E alla fine rimane solo una manciata di emozioni tra le mani. Vorremmo abbandonarle. Ma anche se ce le lasciassimo alle spalle, tornerebbero come una pugnalata alle spalle. E sono queste piccole emozioni che ci rendono persone migliori.
Quel che rimane di Reservoir è l'atmosfera enigmatica che ti catapulta in un mondo senza tempo lasciando in pochi istanti un cumulo di sensazioni strane.
O semplicemente sarà la forte componente pop svedese (dovuta forse all'origine scandinava del frontman) che rimane in testa senza mai intaccare l'impronta folk americana originale a donare tutta questa personalità al debutto dei Fanfarlo.
La bambina mascherata (nonché sorellina di Jónsi Birgisson dei Sigur Ròs) della copertina abbassa lo sguardo, regalando in parte il senso di tutto questo.
Quindi vi chiedo scusa, cari e dolci Fanfarlo, con il ritardo con cui sono riuscita ad apprezzare questo lavoro, ma non era colpa mia, era colpa del mio cuoricino spezzato.
Non lo farò mai più, giuro.
Tutto questo suona come è un giornata di pioggia in estate. Avete presente l'odore della pioggia?
Tanto malinconico quanto necessario.