La donna dietro al Sónar Festival
Abbiamo intervistato Georgia Taglietti, head of communication del Sónar e fondatrice di shesaid.so
14 Novembre 2018
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Georgia Taglietti, head of communication del Sónar Festival di Barcellona riguardo al festival di musica elettronica più d’avanguardia d’Europa, la cui prossima edizione si terrà dal 18 al 20 Luglio 2019. Dal 2017 Georgia è anche managing director di shesaid.so, un network internazionale fondato a Londra nel 2014, dedicato a professioniste nell'industria musicale, che incoraggia al confronto, alla collaborazione, abbattendo gli stereotipi di genere e ambendo a creare nuovi modelli d'ispirazione femminili per le nuove generazioni.
Come sei finita a Barcellona e come hai iniziato a lavorare per il Sónar?
Brescia per me era una gabbia culturale, quindi dopo la maturità ho deciso di trasferirmi a Barcellona. All'università mi sono laureata in Pubblicità e Relazioni Pubbliche, mi sono inizialmente unita al Sónar nel 1995 come volontaria, poi hanno notato fossi molto confident con il computer, mi hanno chiesto di aiutare ad impaginare il catalogo del festival, pensa che usavo il Mac dal ‘92. Parlavo diverse lingue e ne sapevo un sacco di musica, mi hanno assegnato il ruolo di addetta stampa e parallelamente mi occupavo anche dei contratti per gli artisti; all’epoca eravamo in quattro, ora siamo in venti. Sono ormai 25 anni che ci lavoro.
Qual è stata la reazione dei tuoi genitori quando hai iniziato a lavorare al Sónar?
Mio padre inizialmente ha esclamato “Ma cos’è sta roba della techno?!” non capiva come la musica potesse diventare un lavoro full-time, non coglieva il sistema economico di un festival di elettronica, io ridendo mentivo e dicevo “ma il nostro business model e’ chiarissimo!”
Il modello del Sónar è stato trattare fin dall’inizio il DJ come un artista vero e proprio. Prima c’era il concetto del DJ a cui ti sentivi libero di dire “dai mettimi quella canzone che mi piace!”, in realtà il DJ professionista ha il suo suono che firma con il suo nome, non è che mette ciò che vuoi tu, suona PER TE, ma ciò che suona è il suo suono, ed è esattamente quello che facciamo noi a Sonar, mettiamo ciò che piace a noi non solo perché sia un big name.
Il nostro business model in realtà non viene dal Sud Europa, viene dall’Inghilterra, come il Romanzo, tutto viene dall’Inghilterra (ride, ndr), lì viene trattato come un settore economico serio: porta occupazione, ha un impatto sul turismo. All’epoca la musica si spiegava solo con quanti dischi si vendevano. Allora parallelamente abbiamo fatto anche quello, siamo diventati anche una label, per avere la struttura che tutti si aspettavano che avessimo.
Ora, al contrario, essere promoter è diventato il massimo del business model, è cambiato con l’avvento dello streaming, il problema ora è gestire le pressioni delle labels, che se prima la facevano da padrone, ora tu come festival sei diventato il punto di riferimento principale per la promozione dell’artista.
Sono 25 anni che ci lavori, hai mai desiderato un progetto indipendente tuo personale?
Da qualche anno a questa parte avevo un desiderio inespresso di insegnare, così ho chiesto delle ore per spaziare e andare a tenere corsi di Comunicazione Digitale e Marketing all’università di Barcellona.
Quattro anni fa sono entrata in contatto con Andreea Madgalina, che mi ha chiesto una mano a rafforzare la sua creatura, shesaid.so, e ho deciso di aderire e espandere la sua piattaforma. Nato nel 2014, shesaid.so è un network internazionale formato da donne che lavorano a tutti i livelli e in tutti i campi dell’industria: dalle etichette, al pr, al management, agli uffici stampa, alla produzione di concerti fino ad arrivare alle stesse artiste, e molto altro ancora.
Gli headquarters della rete sono a Londra e Los Angeles, ma le reti locali comprendono anche New York, Parigi, Berlino, Mumbai, Barcellona, Milano e altre importanti città in tutto il mondo, per un totale di 13 gruppi locali e più di 10000 membri.
I valori che promuoviamo sono molto chiari, non hanno una strategia pubblica. Non mandiamo comunicati stampa. La gente sa chi siamo, non abbiamo contaminazioni. Ci si deve iscrivere al sito che è una piattaforma social. Aver aderito a shesaid.so mi ha fatto prendere una nuova consapevolezza di me stessa - ora non mi trattano più ‘la ragazza del Sonar’, è vero che considero il Sonar come un figlio, ma grazie a shesaid.so ho soddisfatto il mio desiderio di dedicarmi ad un progetto parallelo, dove posso anche imparare a mia volta cose nuove che mi interessano.
Cosa vuole rappresentare shesaid.so? Che necessità vi ha spinto a fondare il collettivo?
Grazie a shesaid.so entro in contatto a mia volta con donne che si occupano di altri campi della musica. Per esempio ultimamente mi confronto moltissimo con membri della piattaforma che si occupano di diritti d’autore, perché ritengo che il futuro della musica sia nel publishing - voglio capirne il più possibile.
Quando realizzi che lavorare come donna nella musica è come lavorare in qualsiasi altro settore, è bello confrontarsi poi con altre donne sulle difficoltà che si incontrano nell’industria creativa, ma senza lamentarsi, in modo costruttivo. Organizziamo conferenze, workshop, meeting che incoraggiano al networking.
#shegrows, che nasce da shesaid.so, è il programma di tutorship per giovanissime che vorrebbero maturare competenze mestiere nella musica, per un anno le abbiniamo a professioniste con un programma di tutoring che le affianca nella crescita puntando a maturare esperienza nell’ambito musicale.
Nomi caldi di ragazze talentuose che ti vengono in mente?
Robyn è nella scena elettropop da più di 10 anni, ha fatto tantissimo finora, il suo nuovo album spacca, sicuro sarà un successo. Un’altra mia musa è Mary Anne Hobbs di BBC Radio 6, che ha portato la dubstep su BBC 1 nel 2006 e nel 2007 ha organizzato il primo stage dedicato alla Dubstep del Sonar con Skream, Kode9, portando il sound dei club underground davanti a oltre 8500 persone.
Mi viene in mente anche Catnapp che ho visto esibirsi qualche settimana fa all’ADE di Amsterdam, sembra una piccola Yolandi firmata Monkeytown Records, una vera forza della natura. Nella trap me ne vengono in mente tante, tutte giovanissime: Bad Gyal, Rosa Pistola... Io sono cresciuta con la Techno, ascoltando Laurent Garnier arrivando dal jazz progressivo di John Coltrane, non ci sono state tantissime artiste donne nella storia della techno finora, ma confido che nel futuro ce ne siano sempre di più, le nuove generazioni promettono benissimo.