BOY London Italia - Fenomenologia Del Legal Fake Made In Barletta
State comprando un falso d’autore e non ve ne siete accorti
24 Gennaio 2017
Fondato nel 1976 da Stephane Raynor la storia del marchio BOY London è un vero modello di resistenze e adattamento. Adorato dalla scena underground e indossato negli ultimi trent’anni da ogni sottocultura degna di questo nome - dai fashionisti ai new romantics - il brand creato al 153 di Kings Road ha superato la prova del tempo restando ad oggi uno dei brand più amati.
La sua storia si fonda da sempre su una comunione estetica tra moda e musica. Sin dalla sua inaugurazione, mentre Billy Idol serviva in cassa, Philip Salon preparava il tè nel retrobottega e Sid Vicious accoglieva gli ospiti in tacchi a spillo, le strade davanti al 153 di Kings Road vibrano energiche animate dalla ricca clientela di amateaur e fashion maniacs, alla ricerca del gusto fresco e stravagante su cui BOY London ha fondato il suo successo. Dopo una breve pausa nel 1978 dedicata alla creazione della prima cultura underground con i Blitz Kids (i primi veri club kids), nel 1980 Raynor torna a puntare la sua attenzione sul progetto BOY, contrassegnando una nuova alba sia per il fashion system che per il panorama musicale londinese definendo lo spirito del neonato punk e della scena New Romantics con le sue esclusive collezioni.
L'elemento creativo si concretizza da questo momento non solo in vernissage e concerti underground ma dallo spasmodico desiderio di impostare nuovi stili e lanciare tendenze innovative, consentendo a BOY London di diventare in breve il più iconico e chiacchierato brand del pianeta. Sono questi gli anni delle sfilate selvagge e degli eventi mondani, debutti di collezioni immancabili nel calendario di ogni clubber e stilista, modella e musicista che hanno portato alla consacrazione del CLUB BOY a Parigi.
L’importanza iconica del brand continua incessante anche nei decenni successivi quando tra gli ‘80 e i ‘90 BOY London diventa l’uniforme di ordinanza del movimento acid. Al culmine del suo successo, a capolino del nuovo millennio, BOY London incontra le esigenze internazionali dei suoi ammiratori lanciando on-line store e sbarcando in pochi retailer strettamente selezionati. Il marchio BOY si consacra come un must-have nonostante un periodo fuori dalle scene intorno agli anni ‘90 finito nel 2007 con l’apertura da parte di Raynor di SICK un nuovo negozio nell’East London ed il rilancio del marchio sulla scena grazie anche all’aiuto dei due nuovi direttori creativi Gareth Emmet e Rhys Dawney di Long.
Sotto la direzione di Emmet e Dawney, BOY London riproduce fedelmente i segni di stile dei prodotti, dove le classiche stampe del brand - come l’irrinunciabile aquila portata come simbolo di contro cultura nel periodo punk della griffe - si ritrovano riprodotte in serie warholiane, proprio come le prime stampre risalenti agli anni 80, su leggings e minigonne. BOY London ormai entrato a far parte della scena mainstream riesce a farla sua in maniera unica, senza sdoganare lo spirito elitario e avanguardistico che da sempre lo contraddistingue.
Arrivando ad oggi parlando di Boy London un triste riflettore va puntato sul Bel Paese dove impunemente viene fabbricato e venduto un “legal fake”, una bruta copia dello stile e del design della BOY London con sufficienti piccole differenze da non frodare la legge ma che, sfruttando il capitale reputazionale e l’influenza culturale del marchio originale Boy London Italia si è ritagliato una ampia fetta di mercato che, di diritto, non gli spetterebbe.
Sfruttando gli elementi più classici e amati di BOY London, BOY London Italia non solo inganna nel nome - facilmente scambiabile per un rivenditore italiano dell’originale - ma si fa beffa dei meno appassionati che , non in grado di cogliere le piccole differenze, sono convinti di acquistare il marchio originale.
L’appeal del brand sui giovani e il suo valore intrinseco sono ormai innegabili e nel tempo hanno partecipato attivamente alla creazione di un capitale reputazionale e identificativi dei suoi acquirenti non indifferenti.
Ma, se è ben chiaro cosa prova chi sceglie di indossare l’originale, chi indossa il legal fake che tipo di danno può portare alla reputazione del brand?
La vicenda ha inizio nel 2013 quando un’azienda italiana ha deciso di iniziare una produzione in massa di item chiaramente ispirati ( brutalmente copiati) all’omonimo brand inglese. Snaturando l’identità punk ed elitaria del marchio originale, questo gioco all’italiana ha dalla sua una facciata legale perfettamente in regola. Il marchio “BOY LONDON Italia” è infatti registrato e reca quindi la scritta “originale” su tutti i capi regalati e venduti aumentando la credenza da parte di chi l’acquista di stare comprando la linea originale da un semplice rivenditore sul territorio.
In virtù di un operato a norma la BOY LONDON Italia sponsorizza eventi e regala merchandise a coloro che reputano in linea con l’identità del brand (Le Donatella, Chiara Biasi, Chiara Nasti senza contare la media partnership con Amici di Maria DeFilippi). All’inizio del 2013 la produzione e la vendita online era gestita da un sito e solo nel 2016 l’azienda di Barletta decide di acquistare un dominio identico a quello inglese lanciando il sito assente sul territorio italiano.
“Il segreto è tutto qui: i nostri creativi sono mossi dalla passione per il proprio lavoro, dalla professionalità e da una vivace curiosità che li porta a sperimentare, disegnare, assemblare in funzione del target di riferimento che cambia ad ogni brand. Questo impegno riassume la mission: affascinare il mercato globale con capi innovativi per taglio, colori e materiali. Collezione dopo collezione“ - tratto dalla HOME del sito web proprietario del marchio “BOY London Italia”.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: come è potuto accadere?
Per rispondere a questa domanda ci rifacciamo a quanto già detto da Alessandro Altomare, store manager di Maison Group, riguardo al fenomeno del legal fake Supreme Italia in questa serie di interviste condotte da noi.
“Il primo passo per capire un fenomeno del genere è capire la posizione di Supreme in Italia. Molto probabilmente, il nostro mercato a livello internazionale non interessava più di tanto al "superbrand" e questo ha lasciato delle lacune in termini legali che hanno permesso a dei semplici produttori di registrare la loro attività con il nome del marchio. È un effetto boomerang che la rete ha creato” - Alessandro Altomare.
Così come Supreme Italia anche BOY London Italia è un fenomeno locale totalmente italiano (nonostante sembra sia una tendenza dilagante in Sud America); il legal fake BOY London Italia è difatti disponibile esclusivamente sul nostro territorio sia tramite lo shop on-line che tramite rivenditori spesso completamente all’oscuro di star vendendo merce non originale.
Ringraziamo i ragazzi della pagina BOY LONDON STORY per aver redatto una utile guida al riconoscimento di questo falso d’autore, che potete trovare qui.
Guardate anche i video per sapere come tutto è iniziato!