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Non siamo pronti al ritorno della polo

Dai Perry Boys alla London Fashion Week, il grande classico delle subculture inglesi

Non siamo pronti al ritorno della polo Dai Perry Boys alla London Fashion Week, il grande classico delle subculture inglesi
Craig Green
ERL
Wales Bonner
Martine Rose
Charles Jeffrey Loverboy
Miu Miu
Miu Miu
Prototypes
Prototypes
Fred Perry x Raf Simons
Manchester United fans 1970s
Hooligans Film
Ultras Film
Manchester United fans 1970s

La polo aderente col colletto sbottonato, religiosamente portata insieme a jeans attillati e cinturoni in cotone con la chiusura in metallo, l’avevamo felicemente archiviata a metà degli anni 2010, quando l'hype culture era riuscita a spostare i riflettori su sneaker e outfit oversize. Per farla tornare in pole position tra gli articoli di moda più gettonati c’è voluto il 2020, con il rientro scalpitante di estetiche vintage come il quiet luxury, il bloke core e l’indie sleaze. La camicia in cotone a maniche corte oggi è protagonista anche al cinema, con progetti come Challengers e Ripley che ne riprendono i codici grazie al look monocromatico di Zendaya sul campo da tennis e a quello old money di Andrew Scott a Venezia, e in passerella, con designer come Jonathan Anderson a Martine Rose che rendono omaggio alle radici britanniche della cultura ultras. Al contrario di quanto possa far pensare la silhouette rigorosa ed elegante della polo, non è il look “senza tempo” ciò che la rende l'articolo in grado di ritornare a cavalcare l’onda dei trend, ma esattamente il contrario. In una polo, tra un colletto rialzato e uno minuziosamente stirato, si nascondono una marea di significati culturali diversi, appartenenti a subculture lontane anni luce. L’oggetto è unico, ma una semplice piega può trasformarne il look. 

La polo nella Terrace Culture 

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Manchester United fans 1970s
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Manchester United fans 1970s
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Hooligans Film
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Ultras Film
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Se c’è una cosa che possiamo dire per certo della moda del XXI secolo è che è totalmente guidata dalla nostalgia. Niente è nuovo, tutto è rielaborato. Se oggi consideriamo la polo un prodotto dello street style prima ancora di uno status symbol per ricchi tennisti, il merito è degli anni ’70 e dell’ascesa della Terrace Culture. Con il successo del calcio inglese, alla fine del decennio i tifosi delle squadre britanniche hanno cominciato a viaggiare in giro per l’Europa per supportare il proprio team. A Milano, a Roma e in altre grandi città, hanno scoperto una passione per brand come Sergio Tacchini, Diadora, Fila e Kappa, e se li sono portati a casa, anche se il brand preferito per le polo rimaneva la patriottica Fred Perry (da cui il nome dei Perry Boys). Con il logo del marchio in bella vista sul cuore, la polo firmata è diventata uno stampo di riconoscimento per tutti gli appassionati di calcio che volevano identificarsi a modo loro tra la folla, senza per forza indossare i colori della squadra per cui tifavano. Tra gli hooligan e gli ultras di tutto il mondo, è scoppiata poi la moda della polo bene abbottonata per sembrare “bravi ragazzi” agli occhi delle forze dell’ordine, ma anche per meglio avvicinarsi ai gruppi rivali al pub come fuori dallo stadio. A parte la somiglianza della polo alla maglia da calcio tradizionale (quella che Eric Cantona amava portare con il colletto rialzato), la silhouette delle maglie indossate dai fan di football riprendeva anche lo stile dei mod, subcultura che ha preso piede in Regno Unito negli anni ’50, anche se, a distanza di vent’anni, i mocassini sono stati sostituiti dalle adidas Samba e i parka verdone dagli impermeabili Burberry (anche quelli portati con il colletto sollevato per mostrare l’House Check). 

La polo nella pop culture 

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Per la teoria moda del trickle up (letteralmente, risalire in su), prima di arrivare in passerella le polo sono dovute passare per la pop culture. La più grande sponsor dell’indumento di fronte all’obiettivo dei paparazzi è stata Amy Winehouse, la star di Back to Black che amava abbinare Fred Perry di qualsiasi colore a jeans aderenti, bretelle, collane d’oro e grosse cinture in vinile. Il suo look da pin up anni ’50 sbavato, caratterizzato da una voluminosa capigliatura nera e una spessa linea di eyeliner, ammiccava quasi ironicamente alle radici essenzialmente preppy della polo. La fedeltà di Winehouse per il marchio inglese l’ha portata a collaborare con Fred Perry nel 2010, con il lancio di una capsule dalle linee espressamente vintage, come il suo timbro. Tra le altre icone pop inglesi che sono state portabandiera del look tra gli anni '90 e i 2000 troviamo Liam Gallagher, David Beckham (direttamente dal campo da calcio), Damon Albarn e Richard Ashcroft, mentre in America le polo hanno trovato spazio nell’hip hop grazie a Kanye, a Pharrell e persino a Pitbull.  

La polo nella moda 

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Wales Bonner
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Miu Miu
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Charles Jeffrey Loverboy
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Craig Green
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Martine Rose
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ERL
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Miu Miu
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Prototypes
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Prototypes
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Fred Perry x Raf Simons

Prima che Prototypes prendesse ispirazione dallo stile degli ultras italiani per la SS25, a riprenderne i codici estetici in passerella sono stati per primi Raf Simons, che nel 2008 ha avviato una partnership con Fred Perry, terminata nel 2023, Miu Miu e Prada, anche se in quel caso il look era legato alla gioventù collegiale. Dopo essere sparita per un breve periodo, dalla metà del 2010 agli inizi dei 2020, nelle ultime stagioni le collezioni di moda pullulano di polo, specialmente a Londra. Da Charles Jeffrey Loverboy, Craig Green, JW Anderson, Martine Rose e Wales Bonner il bloke core viene sradicato dall’austerità della curva dello stadio e trapiantato in un contesto artistico con l’aggiunta di righe, fantasie, colour-block e silhouette sporporzionate. Negli Stati Uniti, in compenso, sono pochi i designer che cercano di avvicinarsi al look, tra cui Eli Russell Linnetz, che per la SS25 le ha proposte aderenti, graficamente stropicciate e indossate una sopra l’altra. Da New York a Londra, passando per Milano e Copenhagen, si intravedono i resti della Terrace Culture farsi strada sulle passerelle. Non ancora affermati con il proprio nome, ma ancora incastrati nel nomignolo che gli è stato dato negli ultimi anni con bloke core, dimostrano ancora una volta la feroce presa che hanno le subculture sulla moda di lusso. Non hanno ancora fatto il loro debutto il colletto rosso rialzato di Cantona o la polo aderente rosa confetto di Amy Winehouse, ma forse è solo questione di tempo.