Layering Emotions: Pepo Moreno
«Prendo in prestito la sfacciataggine del mondo della moda, della carta patinata, per creare sovrapposizioni in cui proiettare la mia emotività»
02 Novembre 2023
Raphael Chatelain
Con accrossages di disegni naïf, un po’ da cameretta, annotazioni e memos, Pepo Moreno costruisce mood board di mondi possibili, assemblando memoria e ideale. Dopo un passato di successo nella fashion industry, l’artista catalano rivendica la sua esigenza di espressione creativa, acuita dalla stagnazione dell’emergenza Covid, vissuta nella cattività di un appartamento parigino, diventato per lui atelier e rifugio. «Durante la pandemia ero annoiato a morte, ho iniziato a dipingere senza sosta. La pratica è diventata, giorno dopo giorno, parte integrante della mia routine». Da una domesticità imposta Moreno è riemerso in un randomico moto d’improvvisazione, realizzando centinaia di composizioni, dove emoticons e melting figures diventano veri testimoni di quelle fragilità, che senza alcun dubbio accomunano ognuno di noi. Mi confessa: «A un certo punto mi sono accorto di aver tappezzato la mia stanza di dipinti...non avevo più spazio! L’arte mi ha aiutato a esprimere apertamente le mie ansie in un momento di stallo». Nel 2021 il pittore ha riproposto l’intimità della sua camera da letto nelle sale di Galerie Charraudeau, trasponendo il suo così personale story-telling in uno spazio pubblico, un laboratorio di introspezione e catarsi. Pepo Moreno ha cercato di filtrare quei momenti di difficoltà attraverso la lente dello humour, realizzando qualcosa di significativo per sé, davanti il quale potersi fermare e riflettere.
«Sono ispirato da così tante cose, da un libro per bambini a vecchi servizi di Play Girl... qualsiasi cosa entri in risonanza con la mia persona». Ironia e provocazione sono al centro di questo suo universo di personaggi innocui e fisicati doodles alla Betty Boop in perenne dialogo con ritagli di idoli del porno gay anni '70. Questo corteo di demoni piacioni, fiori in lacrime e adoni in bianco e nero ci conduce a un spaccato LGBTQ+ alternativo, meno eroticizzato o estetizzante, forse più influenzato dalla cultura Tumblr. Moreno rievoca a colori i primissimi dubbi e le questioni pre-adolescenziali, gli insulti e i nomignoli, che oggi, poco più che trentenne, riduce a inoffensivi segni bidimensionali. «È un continuo lavorare su se stessi. Da bambino non capivo fino in fondo cosa quelle parole significassero. Ci si sente insultati per qualcosa che riguarda il proprio orientamento. A otto anni ti trovi a riflettere su temi non ancora in tavola ... oggi credo che questi messaggi mi aiutino ancora a questionare su di me, sono auto-provocazioni». Basta aprire la sua pagina Instagram per farci scappare un sorriso e magari anche una risata, davanti ai messaggi grafici contemporanei, lasciati quasi come post-it a ricordarci qualcosa, come Aliens, it’s time to take over. Thanks. o BLOWJOBS ARE REAL JOBS, di cui la t-shirt, mi dispiace per voi, è già sold out. Un umorismo che diventa un efficace quanto sano strumento di propaganda di identità, non a caso una sua grafica è stata utilizzata da Jacquemus per un progetto a favore di Urgence Homophobie association.
«Mi affascina come la moda riesca sempre ad essere una dimensione sincera attraverso cui esprimersi ... prendo in prestito la sfacciataggine di quel mondo, della carta patinata, per creare sovrapposizioni in cui proiettare la mia emotività». A tre anni dal suo radicale cambio di prospettiva, le opere di Pepo Moreno ci permettono di capire che molto spesso abbandonare le certezze può aprire a nuovi vasti orizzonti e se tutto sembra invece precipitare «Do not worry! Everything’s gonna be alright, darling!».