Perchè la tv italiana fa ancora humor razzista nel 2021?
L’ultimo episodio di Striscia la Notizia ha sottolineato il gap culturale tra la tv e il mondo
14 Aprile 2021
Ieri Striscia La Notizia è finita nel mirino di Diet Prada dopo che Gerry Scotti e Michelle Hunziker hanno deciso di fare l’imitazione di una versione molto stereotipata di un cinese in Italia, con tanto di finti accenti e occhi a mandorla. Un episodio che è stato solo l’ultimo di una lunga serie di gaffe avvenute in diretta televisiva in Italia, fra cui anche l’episodio increscioso di Valeria Fabrizi in A Ruota Libera e un video d’archivio abbastanza offensivo pubblicato sempre da Striscia La Notizia qualche tempo fa che includeva l’uso di blackface e una serie di epiteti razziali. Il vero problema però riguarda l’assoluta nonchalanche con cui questi episodi accadono e vengono in seguito trattati dalla personaggi pubblici. Possibile che nessuno da Striscia La Notizia abbia pensato che non era il caso di farlo?
A peggiorare la situazione ci ha pensato Michelle Hunziker che oggi ha pubblicato due brevi Instagram stories di scuse senza però mostrare atteggiamenti propositivi nei confronti del problema, ma semplicemente sperando in un generico forgive-and-forget che il pubblico italiano è ben felice di impartire un po’ a chiunque. Le reazioni e il fatto che programmi mainstream continuano a inciampare in episodi di razzismo non tollerabili in altri paesi mostra la polarizzazione culturale tra le nuove generazioni che chiedono un’attenzione quanto meno decente al problema e una maggioranza di pubblico per cui il multiculturalismo della società semplicemente non esiste.
La televisione italiana è fatta per i boomer – una generazione che è venuta a patti con il crescente multiculturalismo della società italiana anni ’80 e ’90 a suon di battute e scherzi di cattivo gusto, plasmata in particolare dalla liberalizzazioni delle reti e dal berlusconismo. A distanza di 30 anni la società è cambiata, a dispetto della rappresentazione che ne fanno i media, il multiculturalismo è una realtà assodata. Per questo negli ultimi anni la televisione pubblica è diventata il principale campo di scontro culturale fra una generazione che pensa ancora nei termini dell’umorismo anni ’80 e una generazione più giovane, già abituata all’integrazione culturale, per cui uno stereotipo razziale qualsiasi (un irrealistico accento africano o asiatico, ad esempio) non sono divertenti né innocui.
Gli episodi come quello di Striscia sono frutto di uno humor ancora legato a degli stereotipi razziali che la comicità italiana si porta dietro praticamente da sempre e che ha visto il suo exploit negli anni ’80 specialmente nelle commedie demenziali di Lino Banfi (Sabato, Domenica e Venerdì sarebbe un ottimo esempio) e in vari cinepanettoni tra cui Vacanze di Natale ’83 e Merry Christmas. Questo humor è molto diffuso anche in televisione, da Marco Marzocca che imitava un filippino a Zelig fino ad a quella bomba inesplosa di controversie che è Ciao Darwin. Il problema di questo lato della comedy italiana non è tanto un razzismo aperto e attivamente malevolo, ma l’attaccamento a uno humor antiquato che, visto oggi, è anche un po’ imbarazzante.
Se la società italiana è così nonchalant e francamente strafottente sulla issue del razzismo è anche perché i suoi comici hanno validato certi stereotipi impunemente per decenni. In breve, è arrivato il momento di crescere anche per la comicità italiana. In una maniera che non implica la riscrittura o la cancellazione del passato, che andrebbe comunque riletto criticamente, ma che almeno faccia rendere conto ai produttori, agli autori, ai comici stessi e infine al pubblico a casa che certi stereotipi non solo sono offensivi e inadeguati per una comicità sana, ma non hanno nemmeno mai fatto così ridere.