Cosa c'è nel futuro di Supreme?
Benvenuti nell'epoca post-streetwear
29 Settembre 2022
Era il 1994 quando un ragazzo inglese di nome James Jebbia spese 12.000 dollari per aprire il suo primo negozio. Posizionato in Lafayette Street a Lower Manhattan, lo store era incastonato in un'umile e spoglia facciata nera con delle grandi finestre a vetro su entrambi i lati. Una semplice porta bianca fungeva da ingresso allo spazio e, proprio al centro, il logo di un box rosso portava la scritta "Supreme" in corsivo. Mentre il logo ispirato a Barbara Kruger sarebbe rimasto esattamente lo stesso nei 28 anni successivi, nessuno sapeva che tutto il resto sarebbe stato completamente diverso. Non c'è dubbio che Supreme sia stato, e sia tuttora, uno dei brand più rinomati al mondo, ma da qualche tempo gli hypebeast e gli amanti dello streetwear non ne subiscono più il fascino, dimostrazione il fatto che se in passato ogni singolo drop si esauriva all'istante, oggi gli articoli rimangono disponibili online per settimane o addirittura mesi. Quando due anni fa VF Corporation ha acquisito il 100% di Supreme tutti abbiamo capito che il brand di culto di una volta sarebbe cambiato per sempre.
Con un totale di 13 brand, VF Corp vanta nel proprio portfolio nomi come The North Face e Vans, due aziende che nel corso degli anni hanno collaborato innumerevoli volte con Supreme. Non sorprende dunque che il brand sia finito per diventare parte dello stesso gruppo e anche per questo, nei prossimi anni, è probabile che vedremo sempre più collezioni per tenere il passo con la domanda. Nonostante il rischio sia quello di far diminuire l'hype intorno a Supreme, questa non è necessariamente una cattiva notizia, poiché TNF e Vans, ad esempio, sono ancora estremamente popolari nonostante siano state acquisite rispettivamente nel 2000 e nel 2004. Gli investitori si sono spaventati vedendo scendere le azioni di VF del 6,9% a 32,66 dollari mercoledì scorso, ma dopo aver ceduto Lee e Wrangler jeans nel 2019 e acquisito Supreme con un accordo da 2,1 miliardi di dollari nel 2020, il gruppo è ancora in fase di assestamento. «Siamo impegnati a plasmare continuamente questa azienda, siamo profondamente impegnati nella crescita» - ha dichiarato il CEO Steven E. Rendle a WWD.
Se l'idea può suonare folle per i fan del brand, rendere la moda più accessibile è quasi sempre una buona cosa. Prendiamo ad esempio la collaborazione con adidas di Kanye West. Nel 2015, Ye aveva rilasciato un'audace dichiarazione al programma radiofonico di Ryan Seacrest: «Alla fine tutti quelli che vogliono avere le Yeezy avranno le Yeezy». Detto fatto. Oggi le sue sneaker non sono più così limitate come un tempo, i fan non devono svenarsi per un paio di 350 V2 e di certo non devono fare ore di coda sotto la pioggia battente solo per acquistarle. Nel caso di Supreme, vale la pena ricordare che nonostante il brand abbia sei negozi in Asia, si trovano tutti in Giappone e per i fan asiatici al di fuori del paese è quasi impossibile acquistare i loro capi preferiti se non al resell. Con il supporto di VF Corp, il brand aprirà sempre più negozi in paesi come Cina, India, Malesia e Filippine, con un nuovo store in Seul già in arrivo. Ma se il rischio potrebbe essere quello di ritrovarsi ad acquistare Supreme in posti come ASOS e Urban Outfitters, finché Jebbia avrà il pieno controllo creativo del brand potremo stare sicuri sulla sua esclusività.
Non si può ignorare il fatto che il panorama dello streetwear è cambiato drasticamente negli ultimi cinque anni. Il brand ha probabilmente raggiunto il suo picco in termini di hype nel 2017, con il lancio della collaborazione ultra-limitata con Louis Vuitton e pezzi esclusivi come la T-shirt di Nas. La gente era assolutamente ossessionata dal brand, al punto che se si voleva anche solo sperare di mettere le mani su alcuni di questi pezzi, era impossibile farlo senza ricorrere a bot o sborsare cifre esorbitanti. Nel Regno Unito, infatti, la Nas Tee è andata esaurita in soli 18 secondi, e la maggior parte dei capi è finita su piattaforme di rivendita come StockX e Grailed pochi minuti dopo, lasciando una schiera di fan furiosi e scontenti. Momenti come questo hanno inaugurato quello che ora viene definito come "post-streetwear". Interrogato sul futuro dell'idea di streetwear, Virgil Abloh aveva semplicemente risposto: «Direi che morirà sicuramente, sapete? Il suo tempo sarà finito. Nella mia mente, quante altre t-shirt possiamo avere, quante altre hoodie, quante sneaker?». Una dichiarazione che all'epoca - era il 2020 - aveva generato una sorta di isteria di massa nella community, palesemente in disaccordo con il founder di Off-White™. Già in quel momento l'idea di streetwear era cambiata, dando vita a una moltitudine di generi. Il Dadcore, ad esempio, ha dato il via a quell'immaginario fatto di chunky shoes e flanella, un'estetica che andava di pari passo con il normcore.
Nel 2019 il Clogcore è entrato rapidamente nei nostri armadi a causa della pandemia, e quando finalmente ci è stato permesso di uscire di casa il Gorpcore ha preso d'assalto il settore. Improvvisamente, tutti quelli che fino a 5 anni prima indossavano Supreme, acquistavano solo Arc'teryx, Patagonia e Salomon. Nulla di tutto ciò era in linea con lo stile del brand newyorkese e, quando gli appassionati di streetwear hanno iniziato a riappropriarsi dell'estetica skate nel 2020 con l'ascesa di Nike SB, era ormai troppo tardi. Per rendere l'idea, nell'autunno/inverno 2020 il brand aveva presentato un'altra collezione che somigliava troppo a quella di tre anni prima. Gli hypebeast di tutto il mondo si erano stufati e, a peggiorare le cose, Supreme aveva collaborato con l'azienda di orologi di lusso Jacob & Co. per una collezione che partiva da 14.000 dollari, una cifra decisamente fuori portata per il 99,9% della clientela. Era diventato faticosamente chiaro che l'azienda guidata da James Jebbia non stava ascoltando i bisogni dei costumer e che le cose dovevano cambiare in fretta, molto in fretta.
All'inizio dell'anno, Supreme ha nominato Tremaine Emory nuovo direttore creativo. Founder di Denim Tears, il brand che vanta tra i suoi fan nomi come Ye e ASAP Nast, ha lavorato anche con Marc Jacobs per nove anni, prima di diventare Director-at-Large per Stüssy. Negli ultimi dieci anni, il creativo nato ad Atlanta e cresciuto nel Queens ha collezionato una serie di collaborazioni, tra cui Champion, Levi's, New Balance e, naturalmente, Off-White™. Trattandosi di alcuni dei nomi più popolari dell'epoca post-streetwear, è facilmente comprensibile il motivo per cui Supreme lo abbia voluto alla guida del brand. Ad agosto, Tremaine ha annunciato su Instagram il ritorno di PYREX VISION, uno dei primi progetti di Virgil Abloh diventato famoso - tra i tanti motivi - anche perché Abloh non aveva fatto altro che acquistare degli item di Ralph Lauren per 40$ per poi serigrafarci sopra alcuni disegni e vendendoli successivamente per più di 600$. Se Emory è riuscito a entusiasmare gli hypebeast con questo progetto dal sapore nostalgico, pensate a cosa sarà in grado di ottenere con uno dei marchi più iconici del settore.
Da quando Angelo Baque ha lasciato il ruolo di direttore del brand nel 2017, Supreme si è affidato molto a grafiche e loghi audaci e sfacciati per vendere i suoi item. Con la guida di Emory, invece, inizieremo a vedere collezioni più decisa e definita. «Il mondo non ha bisogno di altri vestiti. Quindi, credo che i vestiti debbano avere un qualche tipo di significato, una ragione», ha detto a Complex in un'intervista del 2022. «Non finirò mai le storie. C'è un pozzo infinito di cose di cui parlare. E questo vale per qualsiasi cultura. Da qualsiasi cultura tu provenga, se decidi di fare film, o abbigliamento, o scrivere un libro, o qualsiasi altra cosa, ce n'è una quantità infinita». L'era post-streetwear sta arrivando e in questa dinastia Tremaine Emory regnerà sovrano.