Come si vestono i politici italiani?
Il partitometro secondo la moda
13 Settembre 2022
Ma come ti vesti?! non è solo una frase che sentirete urlare da personaggi televisivi (o reali) di fronte all’ennesimo errore di stile più o meno rilevante. Il discorso potrebbe essere tranquillamente esteso alla classe di dirigenti e politici che, il prossimo 25 settembre, si troverà a essere eletta con il sistema Rosastellum. Perché mai il sistema universale più visivo e rivelatore di tutti - sì, proprio quello della moda - dovrebbe risparmiare chi ha fatto della forma e dell’oratoria il suo cavallo di battaglia? Anche perché, senza cadere in forme eccessive di stereotipi, proprio l’abbigliamento potrebbe rivelare quanto un politico possa essere fedele ai suoi valori e alle sue proposte. Senza voler entrare nel merito delle cause di nessun partito in particolare, abbiamo pensato di analizzare in breve la vestemica di alcuni dei politici più in vista sulla scena italiana. L’assunto di base è che l’abbigliamento, insieme a tutti i fenomeni comunicativi come prossemica e pragmatica, può comunicare tanto quanto un discorso in diretta nazionale.
Bisognerebbe partire, forse, con uno dei personaggi più discussi del momento: Giorgia Meloni. Candidata a Premier e leader del partito Fratelli d’Italia, veste sempre in maniera elegante ma non eccessivamente formale: alterna morbide bluse a camicie fascianti abbinate a blazer e indossa quasi sempre pantaloni. Per quanto riguarda i colori, non segue uno schema fisso e passa da tinte scure come il nero a tonalità decisamente più soft come il rosa e il celeste. Insomma, potremmo dire che il suo stile rifiuta qualsiasi forma di esagerazione o di glamour, qualsiasi cosa che si allontani da quel terreno insidioso in bilico fra il decoro e il buongusto. Immaginario in parte non condiviso dalla vicina (ma non vicinissima) Daniela Santanché, appartenente al partito Fratelli d’Italia. Qui il glamour abbonda e passa per una forma di femminilità seducente e disinibita, massimalismo e una predilezione per brand di lusso. Contesto forse agevolato dal fondatore e leader del partito Forza Italia, Silvio Berlusconi che, invece, preferisce un’uniforme fatta di completi eleganti scuri e formali con cravatta annessa. Restando a destra, stupisce (o forse no) il fatto che il leader della Lega, Matteo Salvini, sia in grado di adattare perfettamente la sua mise al contesto di riferimento: sa dosare una formalità ben costruita, mai soffocante, e passare liberamente a outfit più informali fino all’appropriazione di simboli fortemente evocativi come crocifissi e collane.
Allontanandosi invece dai partiti settati a destra, la situazione sembra cambiare. Se le donne come Emma Bonino - il partito di riferimento è +Europa - preferiscono estetiche lontane dai binari del glamour più canonico e propongono una formalismo mai eccessivo, personalizzato e di solito intellettualizzato: alle solite forme del formalwear, sono ben accolti anche sperimentalismi proiettati su knitwear e cardigan. Sul lato menswear, il discorso è sicuramente ridimensionato: prendendo come esempio Enrico Letta del Partito Democratico, l’adesione al completo formale rimane invariata, ma la presenza di cravatte e blazer può non essere così vincolante. Se dunque, ancora una volta, l’abbigliamento femminile risulta più esplicito e polarizzato, la politica maschile si rivela più legata a forme più tradizionali dove solo la disposizione dei dettagli può rimandare ad altro. Una storica giornalista di moda del Corriere della Sera, Adriana Mulassano, qualche tempo fa dichiarava in un’intervista «Non è il tubino nero che sta bene a tutte, è il cervello. Indossatelo!». Noi sposiamo la sua causa e speriamo che sia davvero il cervello a essere il vero protagonista durante queste elezioni politiche.