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Quando il Y2K diventa brutale

I brand emergenti che hanno cavalcato l'estetica degli anni '0

Quando il Y2K diventa brutale I brand emergenti che hanno cavalcato l'estetica degli anni '0

Dai butterfly top di Nicola Brognano per Blumarine alle mini skirt DIY di Miuccia Prada per Miu Miu, il revival Y2K della SS21 sembrava un trend gradevole ma destinato a scomparire. Gonne inguinali e vita bassa sembravano un incubo troppo vivido per rientrare nel nostro quotidiano in modo così sfacciato, eppure, ad un anno di distanza possiamo dire che i 2000 sono più vivi che mai. Sarà stato il proibizionismo pandemico a farci desiderare tutto ciò che trasuda sesso e dissolutezza o forse il minimalismo stucchevole degli ultimi anni, fatto sta che lo stile Y2K non solo è il preferito del momento per it girl e celebrity, ma ha raggiunto uno stadio successivo, è diventato brutal. Una pletora di brand emergenti hanno invaso la scena cavalcando l'onda Y2K, ma in chiave moderna, se non futuristica. Subversive basics, DIY, avant apocalypse e una massiccia dose di surrealismo, oltre che, naturalmente i modelli iconici degli anni del Millenium Bug, sono gli ingredienti chiave dell'estetica massimalista di questi brand che noi amiamo definire, per citare un'espressione di Olivia Palermo, "brutal" y2k.

DI DU 

Se Roberto Cavalli e Ottolinger facessero un figlio, sarebbe @diduofficial, il brand fondato nel 2018 tra Anversa e Shangai dall'omonima stilista. Cultura sovversiva e artigianato moderno, tessuti sostenibili e cut-out in un mix di influenze internazionali, capi d'avanguardia che incanalano il potere femminile attraverso cappelli da cowboy, piume e bomber over: alla designer amata da Rosalia, piace definire la sua estetica "a bit extra". Quasi tutti i capi sono ornati di peluche, sono gonfi o lucenti e rigorosamente a vita bassa.

Western Affair 

@westernaffair, il marchio londinese che brilla come un gioiello della corona del lusso sostenibile, nasce da un pellegrinaggio casuale nelle montagne polacco-slovacche, dal duro lavoro della fondatrice Olivia Pudelko e di una posizione ancora più dura nei confronti del fast fashion. Boots dall'allure western, come anticipa il nome, ma anche stivaletti ricoperti di pelo stile Greezly. Pudelko, che lavora tra la Polonia e Londra, ha iniziato a produrre calzature nel 2017, durante l'ultimo anno di università di Westminster. All'epoca, e per circa tre anni dopo, realizzava ogni paio a mano utilizzando materiali riciclati, ora lavora con un piccolo team di produzione per dare vita ai suoi modelli unici e sostenibili. La designer è convinta che tutti noi condividiamo la responsabilità di affrontare il nostro consumismo sfarzoso acquistando capi eccezionali che "rappresentano chi sei" e custodendoli "finché non cadono a pezzi"

Chet Lo

Dietro all'iconico completino fluo con gli spuntoni di Doja Cat e SZA c'è @chet__lo, designer 25enne che vive e lavora a Londra e i cui capi knitwear sono diventati una vera ossessione per il mondo della moda negli ultimi mesi. Il creativo di origini asiatiche-americane era arrivato a Londra per uno scherzo del destino, nel 2015, quando si è iscritto al corso di laurea di knitwear presso la prestigiosa Central Saint Martins. Le sue creazioni sono chiaramente influenzate dalle sue radici asiatiche, con un senso di nostalgia accentuato dalla sua fascinazione per i vecchi fumetti giapponesi e per film cristallizzati nei suoi ricordi d'infanzia tra cui Godzilla e Ultraman. Fra uno stage e l’altro presso big della moda luxury come Maison Margiela e Proenza Schouler, il creativo, nato a New York, si è imposto grazie soprattutto ai particolari dettagli ‘a punta’ delle sue creazioni, abiti che come una seconda pelle ricordano il manto pitonato di qualche animale esotico e che allo stesso tempo esercitano un fascino quasi alieno.

Eirocori

@eirocori è un marchio di abbigliamento nato a Shanghai, in Cina, fondato da Corie Ruochen Fan. Si contraddistingue per un'estetica che unisce il trend dei subversive basics e lo streetwear giapponese delle riviste degli anni '90 con la passione per l'arte di Fan, tramite stampe astratte e colorate. Il guardaroba di Lizzie McGuire ma in chiave distopica, modelli che includono maniche lunghe pratiche ma eleganti, t-shirt grafiche, gonne cargo che sembrano provenire da un futuro in cui la moda è workwear ma anche grunge.

Liza Keane

La designer @lizakeane_ ha esplorato l'idea dell’abito come armatura tramite un approccio quasi scultoreo, in cui i volumi ricalcano il corpo e lo rivelano nonostante il tessuto. Dal Freudian Slip o il miniabito Negative - indossato da FKA agli NME Awards - i capi fungono da "seconda pelle” in grado di liberare chi li indossa delle inibizioni  tramite una sensibilità erotica primordiale, mantenendo allo stesso tempo un senso di elusività e privacy. Stampe effetto nudo e abiti sculturei, ma anche pantaloni che ricalcano le zampe di un centauro e top in colla vinilica, un universo fantastico dalle tinte goth.