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Il fascino distopico dell'Avant Apocalypse

Layering, cut-out e Y2K

Il fascino distopico dell'Avant Apocalypse Layering, cut-out e Y2K
Rick Owens FW22
Balenciaga SS22
Rick Owens FW22
Khaite NY FW22
Balenciaga SS22
Ottolinger FW22
Diesel FW 22
Ottolinger FW22

Ricordate quando i Millennials scoprirono l’esistenza di Rick Owens grazie a Tumblr? Ecco, dieci anni dopo è successa la stessa cosa alla Gen Z con TikTok. Rick Owens, Martin Margiela, Yohij Yamamoto sono diventati virali sulla piattaforma cinese con 662,6K visualizzazioni sotto l’hashtag 'Avant Apocalypse', il termine coniato dalla trendforcaster Mandy Lee Avant per definire un’estetica "massimalista dai toni neutri in un mix di pezzi decostruiti e asimmetrie, orli vivi e indumenti indossati rigorosamente nel modo 'sbagliato' ". Il "core della distopia", per usare un neologismo del The Guardian, trae ispirazione dalle fantasie cinematografiche di Dune, The Batman, Matrix Resurrections ma anche da classici come Blade Runner 2049, Mad Max, Star Wars, scenari post apocalittici per festeggiare il terzo anniversario di vita pandemica.

@oldloserinbrooklyn Trend deep dive: avant apocalypse and neutral maximalism. #trendcycle #fashioncycle #rickowens #fashiontrends2022 #fashiontrends Sex and the City (Main Theme) - TV Sounds Unlimited

Gli item che sono arrivati ​​a definire la tendenza sono i trench in pelle in stile Matrix, per cui le ricerche sono aumentate del 117% secondo Jewellerybox.co.uk., e i pantaloni cargo, per i quali i click sono saliti del 45% nel corso di un anno. Il passo successivo del revival del grunge e del goth, nonché la naturale evoluzione del Subversive Basics, il micro trend nato su TikTok e divenuto ben presto un fenomeno da 64 milioni di visualizzazioni, che dal web alle strade ha messo in crisi la categoria dei capi basici per come li conosciamo. Una sensualità fatta di ritagli audaci, squarci, torsioni, stratificazioni, lembi di tessuto tenuti insieme da cinghie e spille da balia che prosperano in un limbo culturale in cui il cut-out dei brand emergenti, i corpi discinti del ritorno Y2K e l'abbigliamento kitsch fai-da-te, si incontrano ponendo le basi ad una nuova estetica che sa allo stesso tempo di avanguardia e passato, ma anche di ribellione. I segni di usura non sono più un difetto da nascondere, ma un elemento decorativo che si fa portavoce di uno statement ideologico, sostenendo un'estetica disfatta, apparentemente confusa, ma che è il risultato di “errori” decisamente volontari. Un look che incoraggia l'abbandono dei modi tradizionali di indossare i capi e con cui le possibilità e le modalità in cui mettere un singolo item si moltiplicano: come testimoniano i tutorial di Julia Fox un jeans può diventare un top o un paio di calze un abito, bastano un paio di forbici e un piccolo sforzo creativo.

Un gioco di layering dunque, in cui il corpo è protagonista e che ha preso piede grazie a stilisti emergenti come Oriens, Ai Mei Li, DIDU e Auné, ma anche grazie alla pratica del thrifting (anche questa tiktok-driven) che ha riportato in auge pezzi d’archivio firmati Mugler, Rick Owens, Martin Margiela, Yohij Yamamoto. Atmosfere distopiche hanno caratterizzato anche le ultime passerelle della FW 22, dal minimalismo dark di Khaite NY sulle note di "Where Did You Sleep Last Night?" di Kurt Cobain alla sexiness ‘retrofuturistica’ di Glenn Martens all’insegna del denim per Diesel, passando per i tape in VHS di Harmony Korine per Balenciaga, ma anche per i cut-out di Ottolinger e Nensi Dojaka.

Balenciaga SS22
Rick Owens FW22
Khaite NY FW22
Ottolinger FW22
Diesel FW 22
Ottolinger FW22
Balenciaga SS22
Rick Owens FW22

Francesca Granata della Parsons School of Design ha definito il trend in un’intervista per The Guardian come la sublimazione del desiderio latente di difenderci dal mondo esterno con una sorta di armatura: "Negli ultimi due anni abbiamo pensato costantemente a proteggerci dagli agenti patogeni esterni, quindi non è difficile vedere come i vestiti possono funzionare, almeno simbolicamente, come un'estensione di questo scudo che abbiamo creato intorno a noi". Non sorprende che nel terzo anno di una pandemia globale - anni caratterizzati dall'ingiustizia razziale, dal collasso economico, da conflitti geopolitici e da una nuova dilagante precarietà - la risposta della moda sia pessimismo e sovversione e che gli abiti diventino il simbolo di un sistema che collassa su stesso, tagliato, scucito, bucato, in decadimento.