C.P. Company presenta un nuovo magazine di nome "Arcipelago"

Oggi, all’epoca dei social media e delle enormi campagne marketing, tendiamo a dimenticarci di quando il marketing di moda era meno formalizzato e si apriva alla creazione di prodotti culturali o a tattiche che oggi troveremmo insolite. Una di queste era C.P. Company Magazine, lanciato originariamente nel 1985 da Massimo Osti e forse uno degli esempi più celebrati del branded journalism – inteso come quel fenomeno che ha portato, nell’ultimo ventennio del secolo scorso e nei primi anni del 2000, a una fioritura di riviste e pubblicazioni autoprodotte da parte dei brand di moda. La pratica oggi ha trovato una nuova forza: proprio l’iper-digitalizzazione del marketing di moda ha sottolineato nuovamente la rilevanza culturale dell’editoria fisica come metodo di creazione di un valore concreto e tangibile, oltre che collezionabile. È per questo che C.P. Company, ispirandosi al suo magazine anni ’80, ha annunciato una nuova impresa nel publishing: la rivista semestrale Arcipelago. Un nuovo magazine che vuole essere «un viaggio attraverso l'arcipelago di culture, paesaggi, paesaggi urbani, fabbriche, tensioni e storie che ci riportano al fascino della nostra società anche grazie ad oggetti eccezionali».

Oggi come non mai il valore della stampa, della diffusione della cultura, della collaborazione creativa e del multiculturalismo sono importanti come non mai. E il mondo della moda ha compreso già da molto tempo che il proprio ruolo può iniziare con il lusso ma non deve finire lì – la produzione culturale della moda può andare molto oltre, trasformando i brand in istituzioni e serbatoi di cultura. È proprio questo il motivo della fondazione di Arcipelago, che prendendo le mosse dalla storia del brand stesso, ne espanderà le origini e le ramificazioni. Come ha spiegato Lorenzo Osti, presidente del brand e figlio del leggendario Massimo: 

«L'universo C.P. Company è un arcipelago di piccole, affascinanti isole di sperimentazione, di design, di ricerca, ma anche di sottoculture, di punti di tensione della società, di fabbriche, di eredità della Bologna anni '70 e '80 e così via. Queste isole, come le isole di ogni arcipelago, sono in costante dialogo  rapporto di scambio».

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

Le cover di C.P. Company Magazine negli anni '80

In origine, il magazine di Osti era stampato con una tiratura di 50.000 copie e venduto in tre lingue, italiano, inglese e giapponese. Possedeva un formato diverso dalle riviste dell’epoca, lungo e stretto, e per crearlo veniva utilizzata una carta opaca che creava un feel molto diverso dalle patinate riviste con cui divideva gli scaffali delle edicole. Anche gli argomenti erano diversi: in un mondo in cui la moda techwear e il mondo che le stava dietro tendevano a sparire sotto i raffinati editoriali del lusso tradizionale, il magazine originale era qualcosa di radicalmente nuovo. Tanto più che, come lo stesso brand ha spiegato, «l’idea di un materiale di marketing che doveva essere acquistato, invece di essere distribuito liberamente dà all'oggetto stampato, già bello e prestigioso, un ulteriore valore aggiunto». 

Il primo numero di Arcipelago disponibile anche su cpcompany.com e in tutti i flagship store C.P. Company di Milano, Riccione, Amsterdam e Londra.