Antonio Romano
Politecnico di Milano
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Design della moda, I anno
20 anni
Palermo
Com’è cambiata la tua quotidianità? Che cosa fai per impegnare la tua giornata?
Paradossalmente, la mia quotidianità è cambiata, certo, ma non poi così tanto. Ci sono gli stravolgimenti che hanno coinvolto tutti: il non poter vedere amici, colleghi e parenti, l'eliminazione del contatto fisico, il divieto di uscire di casa se non per necessità; ma, a causa dell’impegno richiesto dal mio corso di laurea, già nella scorsa sessione sono rimasto chiuso in casa (uscendo solo per andare a lezione) praticamente per mesi. Dunque, continuo anche ora a trascorrere le mie giornate seguendo le lezioni, svolgendo progetti e consegne, ma anche leggendo, dipingendo e dormendo (tanto!).
Il tuo lavoro si nutre di creatività. In questa quarantena qual è la soluzione per continuare ad essere creativi? Quali sono i tuoi spunti?
Sono stato sempre interessato all'arte e alla cultura in generale; così, oltre a cercare di leggere il più possibile su ciò che concerne i miei interessi di fondo, ho iniziato a dipingere. Sto quindi cercando di prendere 100 piccioni con un paio di fave: dipingendo, soddisfo una passione personale, ma allo stesso tempo acquisisco tecnica, manualità e metto in azione la mia creatività - e questi sono strumenti necessari a ogni designer. È scontato dire che poi le buone letture fanno sempre la loro (grossa) parte.
Qual è la tua paura più grande in questo momento?
La mia più grande paura, in questo periodo, è quella di non tornare a quella “normalità” che abbiamo sempre vissuto. Un nemico invisibile e incontrollabile come un virus credo possa indurre in noi un'ulteriore e immotivata paura e sospetto nei confronti del diverso e dello sconosciuto, anche quando l’emergenza reale sarà finita. Per fare un esempio: le regole del distanziamento sociale e della prevenzione ci hanno imposto di diffidare di tutti, anche dei nostri familiari e amici, inducendoci a una visione degli altri come infetti “a prescindere", come se la normalità fosse, adesso, il sospetto e l’allontanamento e non la socialità e la vicinanza. Spero proprio che questa non diventi la “nuova normalità”, anche se credo, come spiego nella prossima risposta, che tutto sommato questa prospettiva non sia la più probabile.
Stai già immaginando un futuro post-Coronavirus?
Leggendo news e articoli in giro per i social e sul web ho intuito come si stia diffondendo l’idea che la pandemia e gli eventi degli ultimi mesi ci abbiano impartito una lezione che ci farà essere tutti diversi, ci farà migliorare: nessuno potrà vedere con gli stessi occhi il rapporto con l’ambiente, la logica del profitto, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Insomma ho notato come si stia diffondendo una comune idea di “futuro luminoso”. Uno come Leopardi avrebbe sorriso di questa ennesima versione delle “magnifiche sorti e progressive”. Purtroppo la mia visione delle cose mi porta a non credere a questa rosea profezia. Credo invece che l'uomo, con incredibile forza d'inerzia, tenda sempre a ricadere, quasi obbedendo a una specie di “legge di gravità sociale”, nell’alveo già scavato delle proprie abitudini. Cambiare radicalmente è faticoso, implica sofferenze e stravolgimenti, e la pandemia non ha provocato tali livelli di distruzione caotica, anzi penso che possa ricordare all'uomo che non siamo invincibili e che la forza degli eventi ha sempre la meglio, causando la diffusione di una cultura del super-consumo e del super-sfruttamento di “tutto e subito”, fin quando sarà possibile farlo e prima che gli eventi decidano di porre una fine a tutto ciò: esattamente come è successo in questi mesi a causa del Coronavirus. Passata l’emergenza, ritornati alla normale dinamica dei rapporti sociali ed economici, in breve tempo una foto dal satellite tornerà a farci vedere una enorme nube sulla Cina, e nessuno si sorprenderà più nel vedere tassi e volpi che sgattaiolano per le vie delle città.