Kanye West is god
Yeezus tour Brooklyn - Reportage
27 Novembre 2013
“Hi teacher, I’m sorry but I’ll skip my next two class, I’ve the ticket for the Kanye West tour, so..” “Really? Awesome, I love Kanye”.
L’improbabile conversazione è tra me, ancora impacciato con la lingua e indeciso sul raccontare o meno i fatti miei, e il mio insegnante d’inglese, un americano d’origine britannica logorroico e dislessico.
Comincia esattamente cosi la mia avventura verso la tappa Brooklynese dello Yeezus Tour.
Arrivato con largo anticipo al palazzetto (si fa per dire) che risponde al nome di Barcalays Center, in compagnia solo di non-newyorkesi e ansioni (toh, guarda un pò sono un sottoinsieme di entrambe le categorie) mi preparo a restar a bocca aperta un sacco di volte e prometto a me stesso di non far troppo la figura del turista. Il fatto è che ho fame e mangio delle ali di pollo che continuo a maledire ancora adesso. Lo stand si chiamava “Nathan’s” ma per quel che mi riguarda le potevano aver anche cucinate all’inferno per quanto piccanti. Risultato? Le butto e cosi la prima figura da turistotto è già archiviata. Il mio posto non è male, si vede bene, posso starmene seduto in solitudine e sono abbastanza lontano da non imbattermi in un attacco d’ira di Kanye, possibile soprattutto dopo che gli hanno detto che il suo nuovo video è di fondo tanto brutto.
Ah, my fault, ho dimenticato di dirvi che l’opening act sarà ad opera degli “A Tribe Called Quest” tutti insieme per una “Last night stand” (che verrà doppiata al Madison SG) da brividi. E’ sinceramente toccante vedere come tutti gli hipster di Supreme vestiti in realtà conoscano l’hip-hop e cantino i loro più grandi successi. Pronti via e “ATCQ Rappresent Rappresent” il che da una pista al povero Kanye ancor prima di cominciare e scalda il pubblico (non c’è il tutto esaurito) alla grande con Q-Tip si prende fondamentalmente tutta la scena (e te pareva). Dopo un paio di momenti toccanti, su tutti l’improvvisato beatbox con tanto di acapella, una comparsata di 30 secondi di quello che mi è sembrato CL-Smooth, e 45 minuti di saggio hip-hop old skool la tribù ci saluta e le luci si accendono.
Dobbiamo aspettare ancora per vedere Kanye, e mentre giù in stage si fanno un culo così per allestire chissa quale megalomane parto della sua mente, io mi faccio un giro per il Center rischiando di perdermi un numero svariato di volte. Noto che il 75% dei partecipanti sono cosi naturalmenti hip/ster che ti pare di star ad un caffè letterario, non fosse che il sapore di veleno delle alette di pollo ancora mi inquina il naso. La novità è la componente “normale” del pubblico, coppie ultra 40enni, appassionati di hip-hop che non per forza indossano vestiti over-size e/o cappellini. Son felice a quel punto.
Pare che la rock star sia pronta, la montagna bianca che mi aspettavo di trovare la trovo ed voilà, si comincia. Due particolarità: la prima è che adesso la casa dei BrooklynNets è piena, il che vuol dire che qualcuno ha avuto la brillante idea di saltarsi allegramente Q-tip e soci. La seconda è che nell’interludio sento qualcosa di familiare, di sicuro JMSN, probabilmente Shlomo, quasi certamente vaneggio.
La prima scena che ti si para davanti ha dell’assurdo. Ci son sacerdotesse in bianco ed una musica da cerimonia religiosa in sottofondo quando Yeezy comincia a cantare (o forse sarebbe meglio sbraitare) sull’insensato synth spaziale di “On Sight”. Col tempo capisco che quella scena non è poi cosi particolare per gli standard, anzi.
Tutto lo show è una continua autocelebrazione, la musica c’entra obiettivamente poco, immagini forti, che ti restano indubbiamente impresse, spesso esagerate ed infatti la gente ne ride, ma magari lo vuole lui e funziona. Hai l’impressione che nulla di quello che accada, tutte le reazioni del pubblico intendo, non siamo gia stato largamente previsto. Dopo neanche dieci minuti di show e due canzoni, la seconda è “New Slaves”, mi son già convertito : Kanye West è DIO. O forse meglio è Gesu, ti porta da lui e tu ci caschi.
Non ha la pretesa di apparire hip-hop, ma trasforma tutto in qualcosa di nuovo, anche i vecchi successi “Stronger “ e “Hartless” (cantata per altro dal picco della montagna). L’esecuzione di “I Am God” poi è un'altra cosa, non so cosa, ma un’altra cosa.
A questo punto del concerto ho già dimenticato tutti sulla performance degli ATCQ e le facce di tutti i presenti sembrano dire “Ah perché c’erano anche gli ATCQ?” Fortuna che avevo appuntato tutto nella lunga pausa a mia disposizione.
Il mio concerto è in totale solitudine, in mezzo a due coppie dove però per fortuna i rispettivi componenti non si cagano neanche di striscio, consentendomi di conservare un po di dignità.
Tre momenti su tutti. In “All Of The Lights” fuoco e fiamme vengon fuori prima dal palco e dalla cara montagna e poi dal pubblico, incitato da Yeezy a mimare il gesto della piramide massonica. Lo faccio anche io, tanto oramai le mie poche credenze religiose son crollate: Kanye West è DIO. Precisazione d’obbligo arrivati a questo punto: la venerazione è personale, non musicale. Potrebbe anche star cantando la sigla dei Puffi in feat. con Cristina D’Avena per quello che ne so io, troverei un senso anche a quello.
Il secondo momento clou coincide con quella che è evidentemente la canzone più attesa della serata, al suono della voce di Nina Simone nell’intro di “Blood on the Leaves” si scatena il putiferio, la montagna comincia a grondare finta lava e lo schermo si tinge di rosso. Ma che scherziamo?
Prima però mi piacerebbe sapere come fa ad apparire anche solo credibile raccontando ciò che racconta nei suoi testi (niente di più che voglia di sc****are, bitchs, ecc ecc) mentre l’aria che aleggia nel palazzetto è quasi clericale, tanto che ad un certo punto tutto comincia ad odorare d’incenso, incenso ragazzi!? Un prete entra in scena e posiziona qualcosa coperto da un velo al centro dello stage. Provi ad immaginare cosa possa esserci, io arrivo alla conclusione che magari ci battezza un bambino a sto giro ed invece no. Sotto al telo c’è una cosa a metà tra una drum machine e un piano, e dopo un pippone di circa 15 minuti sulla vera musica, un siparietto molto simpatico tra lui e la macchina, e l’impeccabile esecuzione di “Runaway” è il tempo del primo inchino (ce ne sarà un altro dopo, c’arriviamo). Kanye si inchina solo davanti alla musica in una dichiarazione d’amore/umiltà che suona quasi irritante e stucchevole agli occhi di chi guarda la scena.
Montagna: è l’elemento principale di tutto lo show, una reinterpretazione anno 2013 del Monte Sinai. Scoppia, s’illumina, s’infiamma ed accoglie anche un mostro sconfitto da Kanye con la forza della parola. Ok, qui mi rendo conto che siamo andati un po’ oltre meglio raffreddare gli animi. Si ma raccontando cosa? Tutto il resto è un climax crescente di paranoie personali di Yeezy e di gesti esagerati. Indossa per tutto il tempo la maschera, ne cambia tre, non lo vedi mai in faccia prima che sul palco si presenti Jesus. Si Jesus, e non dite che non ve lo aspettavate perché io non ho fatto altro per tutta la durata dello show. Kanye lo saluta con “Hi, White Jesus” che raccoglie in due parole l’essenza stessa del disco prima e del tour poi. Racconta ciò che Kanye sembra essere diventato adesso, ovvero una delle persone più creative del pianeta con dei limiti di autostima forse colmati dal tentativo di convincersi d’essere divino, e magari lo è. Mentre alla gente non può far a meno di scappare qualche risatina, Kanye s’inchina una seconda volta. Il che è giusto e contraddittorio in un colpo solo. Mi sento davvero confuso a questo punto, esegue “Stronger” in maniera perfetta ed in un sol colpo i miei dubbi son svaniti: Kanye West è DIO.
Resta una ultima variante in gioco, grazie alla quale forse anche voi altri potete far un po di luce sul significato dello show. Ad intervalli regolari di trenta minuti vengono proiettate sullo schermo 5 parole come se scritte in un dizionario, nel seguente ordine : Fighting, Raising, Falling, Searching, Finding. Non va chiarito un tubo vero? No perché neanche a me, alla fine hai solo la sensazione che lui voglia comunicarti l’importanza della musica, ne potevi far a meno in effeti, ma perderti tutto sto divertimento?
Si chiude con “Bounce 2” come prevedibile, e rendiamo grazie a Dio o Jesus che non si presenti Kim nuda su di una moto (benchè presente al Center, Kim e non la moto), in maniera molto semplice, certamente troppo per la portata dell’evento. Finisce la canzone e ciao, si spengono le luci.
Tutti vorrebbero assaporare ancora un pezzetto di Kanye, ma c’è chi come me è sfigato e per tornare a casa deve farsi circa un ora e mezza divisa tra Subway e Metro North oltre ad essersi fatta pure na certa.
Prima però compro il cd, 15$ ben spesi anche se giustamente per lo standard della serata la signorina mi chiede “Anything else?” ed io mi rendo conto che son troppo cheap per loro, ma maglietta e cappellino proprio non riesco a farmeli piacere (e tra l’altro vanno via a 50$ l’uno, cioè ciao). Presa la Subway faccio tappa a Gran Central dove capisco quando i fotografi trovano il tempo di fare i servizi fotografici nella stazione più affollata forse del globo e mi preparo al viaggio che mi riporterà a casa. Son solo 50 minuti dai, ho con me il mio taccuino e sto decidendo se ascoltare JMSN o gli M+A, finisco ovviamente con Mecna perché ho bisogno di cantare per tenermi sveglio, fisso la copertina del mio nuovo CD e mi chiedo se non mi abbiamo tirato un pacco colossale. Ah no ok funziona, ma è surreale, come tutto del resto. Mi sembra d’esser tornato agli albori del rap, quando un giovane Granmaster Flash apriva i concerti che so, dei The Clash. Era l’inizio dell’alba di una nuova era, della Golden Age dell’hip-hop. Chissà che magari anche io abbia assistito a qualcosa di nuovo, di storico. Mi contorco nelle mie domande quando mi accorgo che la prossima è la mia fermata. E’ l’1:44 AM e sono solo di Mercoledì in giro per Tarrytown, giusto il tempo di fermarmi al 7-eleven a prendere un Tacos, no-spicy, stavolta.