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Erland & The Carnival

Erland & The Carnival

I The Erland & The Carnival sono una band dal sapore e dal sound tipicamente britannico, sono grigi, e la loro formazione è composta da musicisti davvero degni di nota: Erland Cooper (chitarravoce) è un cantante della tradizione folk scozzese, Simon Tong (chitarra), ex Verve ed ex  Blur, e David Nock,  batterista incline alla electro. Una compagine niente male, che musicalmente parlando, ha tutto il diritto di dire la propria.

Il  nome è un omaggio alla canzone ”My name is Carnival” del musicista americano Jackson C.Frank,  presente nell’album omonimo,Erland & The Carnival prodotto dalla Full Time Hobby Records e registrato negli”Studi 13” di proprietà di Damon Albarn (Blur-Gorillaz) , una rivisitazione molto particolare, tutta fatta di accenti in levare e suoni elettronici.

La matrice folk del frontman, ha il suo sfogo in brani come ”Everything came easy” e “Gentle Gwen”,mentre in“The Echoing Green”la band ricama e decontestualizza le parole di William Blake, accostandole a sonorità ultra-moderne,un vero e proprio pezzo sperimentale. La traccia più accessibile all’ascolto invece,è di certo “Trouble In Mind”, decisamente indie-pop,flusso morbido e scivolato senza mai però perdere di densità (non potrà non farvi pensare ai Belle & Sebastian).

L’iconografia satanica rappresentata in copertina trova la  sua massima corrispondenza nel pezzo “Love Is A Killing Thing” nel quale Erland è come un menestrello che racconta di una giostra medievale dal tragico epilogo.Il pezzo migliore dell’album? Probabilmente”The Derby Ram”,dalle influenze garage”so 60’s”: accosta un testo ironico,dissacrante,ma sempre raffinato,a chitarre distorte e sporcato da un massiccio abuso di synth.

 

Un album unico, anche perché non è da tutti riuscire a miscelare sonorità e influenze diametralmente opposte tra loro e non risultare qualcosa di dejà vù. Il genere? Ce ne sono almeno una decina racchiusi in un solo album, e poi non è così importante definirlo, visto che queste melodie si fanno gustare così bene e ne resta semplicemente buona musica,senza una particolare definizione.

Gli accordi riverberati,i cori ripetuti, e l’organetto(sempre presente e molto piacevole)messo in loop fanno pensare molto i Doors, chitarre che diventano noise,psichedelia,folk,acid,garage…tradizionale e new-school_un lavoro che attraversa oltre sessant’anni di storia della musica non risultando mai un”polpettone”…
Enjoy!