
Andare in Inghilterra è sempre più complicato
Una delle prime e concrete conseguenze della Brexit
21 Marzo 2025
Stamattina, London Heathrow – uno degli aeroporti più trafficati di tutto il mondo – ha annunciato che a causa di un incendio avvenuto durante la nottata resterà chiuso tutta la giornata. L'incidente ha causato la cancellazione di oltre 1300 voli internazionali e un blackout in tutta la capitale degli UK. Un evento di cronaca che per i viaggiatori potrebbe sembrare una vera catastrofe, ma la catastrofe più grande si nasconde nella recente notizia che a partire da aprile 2025, chiunque risieda nell’Unione Europea e desideri visitare il Regno Unito per un periodo inferiore ai sei mesi dovrà richiedere un’autorizzazione specifica. Il costo iniziale di questa misura è di 10 sterline (circa 12 euro), ma il governo britannico ha già annunciato un futuro aumento della tariffa, che potrebbe arrivare a 16 sterline (circa 20 euro). L’obbligo riguarda anche i passeggeri in transito negli aeroporti del Regno Unito che intendono lasciare momentaneamente l’area internazionale. L’autorizzazione, chiamata ETA (Electronic Travel Authorisation), può essere richiesta attraverso il portale ufficiale del governo britannico o tramite l’app dedicata. Una volta inviata la domanda, sarà necessario attendere fino a tre giorni lavorativi per conoscerne l’esito. Sì, non tutte le richieste vengono automaticamente approvate. Se concessa, l’ETA avrà una validità di due anni, consentendo più ingressi nel Paese.
In sostanza, l’iniziativa complica ulteriormente la circolazione delle persone tra il Regno Unito e l’Unione Europea, con tutte le conseguenze del caso. Resta il fatto che l’introduzione dell’ETA non modifica le procedure per i viaggiatori provenienti da Paesi per cui era già richiesto un visto per entrare nel Regno Unito. La nuova misura riguarda infatti i cittadini di Stati che finora potevano accedere senza particolari autorizzazioni, tra cui quelli dell’Unione Europea. Questo cambiamento è una diretta conseguenza della Brexit. Dal 31 gennaio del 2020, infatti, il Regno Unito non fa più parte dell’Unione Europea, dopo un discusso referendum di quattro anni prima, in cui passò il Leave, con una maggioranza di poco più di tre punti percentuali.
No, la Brexit non ha funzionato
Bregret :( pic.twitter.com/qwaJjTGk31
— 바보상자 (@country_rollrl) June 30, 2024
Oggi, la Brexit è fonte di crescente insoddisfazione tra i cittadini britannici, compresi molti di quelli che inizialmente votarono a favore dell’uscita dall’Unione Europea. Il malcontento è così diffuso che i media britannici hanno coniato il termine "Bregret", un gioco di parole tra Brexit e regret (rimpianto), per descrivere il sentimento di pentimento collettivo presente nel Regno Unito. In molti hanno ormai accettato il fatto che la Brexit sia stata un flop. Uno degli argomenti chiave della campagna pro-Leave era la riduzione dei flussi migratori, percepiti come fuori controllo. Attraverso una retorica populista, i fautori dell’uscita dall’UE accusavano i cittadini di Paesi economicamente meno sviluppati di sfruttare il sistema di welfare britannico. Tuttavia, i numeri hanno poi dimostrato il contrario: se da un lato l’immigrazione dai Paesi europei è effettivamente diminuita, dall’altro si è registrato un forte aumento degli ingressi da altre parti del mondo, inclusa una crescita dell’immigrazione irregolare. Anche sul piano economico, le aspettative di un Regno Unito più prospero e indipendente si sono rivelate infondate. I dati indicano che, tra il 2020 e oggi, la Brexit abbia ridotto il PIL britannico del 2,5%, con un impatto che potrebbe raggiungere il 4% nel lungo periodo, principalmente a causa della contrazione degli scambi commerciali con l’Europa.
Oltre alle conseguenze economiche e migratorie, la Brexit ha avuto effetti significativi anche sul settore della cultura, in particolare sulla musica dal vivo. Prima dell’uscita dall’UE, artisti e band britanniche potevano esibirsi liberamente in tutta Europa senza la necessità di visti o permessi speciali. Oggi, invece, i musicisti devono affrontare una burocrazia complessa e costosa. Questo ha reso molto più difficile per gli artisti emergenti organizzare tour nel Regno Unito, limitando le opportunità di crescita e raffreddando la proposta musicale del Paese. Il nuovo sistema di visti e permessi ha reso più oneroso e incerto il processo di ingresso, disincentivando molti artisti dal programmare concerti oltremanica. Il risultato è una scena musicale meno vivace, dove praticamente solo i festival come il Glastonbury riescono a richiamare artisti internazionali. Ma anche le grandi manifestazioni musicali, un tempo il punto di riferimento per l’industria creativa britannica, stanno risentendo di queste restrizioni. La Brexit ha reso più costoso e complicato l’ingaggio di artisti stranieri, portando a line-up meno variegate e a una progressiva perdita di appeal per il pubblico europeo, che che partecipare è costretto a fare ricorso a misure considerate eccessivamente burocratiche come l’ETA.