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Perché la Silicon Valley è così attratta da questa sostanza allucinogena

Si chiama ibogaina e aiuterebbe a sconfiggere le dipendenze

Perché la Silicon Valley è così attratta da questa sostanza allucinogena Si chiama ibogaina e aiuterebbe a sconfiggere le dipendenze

Di recente il Financial Times ha rivelato che l’imprenditore statunitense Sergey Brin, uno dei fondatori di Google e tra gli uomini più ricchi del mondo, ha investito 15 milioni di dollari nella ricerca medico-scientifica su una specifica sostanza allucinogena. Chiamata ibogaina, viene ricavata dalle radici di un pianta che cresce nelle foreste pluviali dell’Africa occidentale, e gli studi in merito puntano a chiarire se si può usare in sicurezza per trattare alcuni tipi di dipendenze e traumi neuropsichiatrici. Gli stati mentali che induce l’ibogaina sono molto intensi – per questo non è adatta all’uso ricreativo: come si legge sul New York Times, le persone che l’hanno assunta descrivono l’esperienza come «un sogno a occhi aperti», che in qualche modo porta a rivivere esperienze di vita tendenzialmente dolorose, in modo però più distaccato e lucido.

@beond.us Facing fears can help us reevaluate our relationship with fear itself. @Mike Chabot experience at ibogaine treatment center. #ibogaine #ibogaineheals #ibogainetreatment #ibogainecancun #beondibogaine #mikechabot #facingfears original sound - Beond Ibogaine Treatment

La sostanza storicamente veniva utilizzata dalle tribù dell’Africa occidentale durante rituali sciamanici, ma all’inizio del Novecento alcuni medici cominciarono a sperimentarla per trattare le dipendenze da altre sostanze. Negli Stati Uniti cominciò a diffondersi negli anni Sessanta – fu poi messa fuori legge nel 1967 e oggi a livello federale è equiparata all’LSD o all’eroina. In altri Paesi – come il Canada, la Francia o l’Olanda – viene invece ancora utilizzata tra le altre cose per aiutare le persone a uscire da una dipendenza. Gran parte dei dati esistenti sulla sua reale efficacia proviene da piccole ricerche, ma in Paesi come il Brasile, dove viene sfruttata da decenni su chi fa uso di crack, si registra un tasso di successo nel 60% dei casi. Anche se per l’appunto non è ancora chiaro come riesca a migliorare le funzioni cognitive (ma le ricerche in merito cercheranno di capirlo), l’ibogaina sembra così efficace nel trattare le dipendenze perché permetterebbe, a chi la assume, di accedere a prospettive mentali sulla natura e i fattori alla base del proprio comportamento – riducendo al contempo i sintomi di ansia e depressione.

Il fascino della Silicon Valley per gli allucinogeni

Sergey Brin ha scelto di supportare economicamente una specifica azienda di biotecnologia, Soneira, che sta avviando studi clinici sull’ibogaina: l’obiettivo è comprendere se può essere utilizzata in piena sicurezza sui pazienti, e se si può arrivare a una versione sintetica della sostanza, in modo da non dover dipendere della sua estrazione in Africa – che risulta essere molto complicata sotto diversi punti di vista. Ma questo è solo uno dei più recenti investimenti da parte di un imprenditore statunitense verso il settore medico-scientifico delle sostanze allucinogene. Da tempo, infatti, la Silicon Valley ha una certa attrazione per gli psichedelici, proveniente in parte dalla fascinazione per la “controcultura giovanile” degli anni Sessanta. Persino Elon Musk non ha mai nascosto di aver fatto uso abituale o di aver provato occasionalmente alcune sostanze stupefacenti: aveva ad esempio dichiarato di servirsi di micro-dosi di ketamina sotto prescrizione medica per tenere a bada la depressione. La Silicon Valley è così interessata alle sostanze allucinogene anche perché, negli ultimi decenni, negli Stati Uniti sono cresciuti di molto i casi di dipendenze e di malattie legate alla salute mentale – cosa che ha avuto un forte impatto sul tessuto culturale del Paese, e ha generato molta preoccupazione nell’opinione pubblica. Ad esempio, il 20 per cento delle persone che si suicidano sono veterani di guerra, che spesso soffrono di disturbi post-traumatici da stress.

Non stupisce, quindi, che alcuni imprenditori molto facoltosi investano nella ricerca di soluzioni a problematiche che a oggi sembrano difficilissime da affrontare. E negli ultimi tempi nei Paesi anglosassoni lo studio delle sostanze psichedeliche sembra proprio aver dato qualche speranza in questo senso. In Australia, ad esempio, dallo scorso anno gli psichiatri possono prescrivere la psilocibina, una sostanza presente nei funghi allucinogeni, nel contesto di alcune terapie mediche. ​​L’uso dei funghi psichedelici a scopo terapeutico è anche ammesso, dal novembre 2022, in Colorado. Il fatto che però nella maggior parte dei Paesi degli Stati Uniti molte sostanze psicoattive siano ancora considerate illegali scoraggia gli investimenti da parte delle grandi aziende farmaceutiche – così quasi tutti gli studi clinici sul loro possibile uso vengono sponsorizzati da singoli imprenditori.