The Iron Claw, il wrestling e l’America
Perchè il nuovo film con Zac Efron è il documento di un’epoca finora ignorata
01 Febbraio 2024
«Quanti anni avevi quando hai scoperto che…» è uno dei più longevi e trasversali trend social degli ultimi anni. Applicabile a qualsiasi cosa, dalla linguetta della Coca Cola a easter egg nascosti nelle serie tv più famose. «E voi quanti anni avevate quando avete scoperto che il wrestling è fake?». La risposta di ogni persona potrebbe essere molto diversa, a seconda della sua età, della "era wrestling" che ha vissuto ma anche della sua collocazione geografica. In Europa (e in tutto il resto del mondo, Giappone e Messico esclusi) esiste una cultura wrestling d’importazione che si rifà alla televisione e all’impatto di quella Federazione che prima si chiamava WCF, poi WWF e infine WWE. Hulk Hogan, The Rock, John Cena, nomi che prima o poi chiunque ha sentito nominare, non fosse altro che per i loro film o cameo famosi. Negli Stati Uniti però, tutto è sostanzialmente diverso. Il wrestling, o meglio quello che viene chiamato "professional wrestling" è incredibilmente rilevante, soprattutto nelle zone più rurali del paese. Una forma di intrattenimento per chiunque, non solo per i ragazzini che provano a replicare le mosse dei loro eroi (cosa che portò la WWE alla celebre campagna di prevenzione «Don’t try this at home»). Il wrestling è alle fiere, nelle scuole, nelle piazze, nelle palestre: letteralmente ovunque. Qualche mese fa su Netflix è uscito Wrestlers, un bellissimo documentario sulla Ohio Valley Wrestling (una delle tante leghe minori americane e dalla quale sono usciti fuori celebrità come John Cena a Brock Lesnar) da cui emerge chiaramente che tipo di intrattenimento sia il wrestling per gli americani: qualcosa di simile al circo, un mondo popolato di anziani e di intere generazioni che ne sono affascinate nonostante la sua natura di messinscena.
@a24 This is how they test you #TheIronClaw #ZacEfron original sound - A24
La differenza sta tutta qui: quello che noi chiamiamo "finto" è in realtà uno "script", e questo perché il wrestling viene classificato come sport entertainment e non come sport tout-court. Oggi tutto ciò viene dato per assodato, e i booker (le persone che prendono le decisioni dietro le quinte e che scrivono gli script) partecipano a podcast e trasmissioni tv. Ma negli anni '80 non era esattamente così: il wrestling viveva ancora in un limbo di sospensione dell’incredulità, motivo per il quale l’inchiesta del giornalista John Stossel sul realismo o meno del wrestling causò un polverone incredibile che coinvolse David Schultz (quello di Foxcatcher) e un pagamento milionario da parte di Vince McMahon, proprietario della WWE. Il wrestling però esiste da ben prima di questo, ed era già enormemente popolare prima dell’avvento stesso di Vince McMahon e della WWE. Grossa parte di quella popolarità era dovuta alle gesta della Von Erich family, una delle più grandi famiglie della storia del wrestling (altre: la Heart Family, la Rhodes family e così via). Proprio sulla vita della Von Erich family la A24 ha realizzato The Iron Claw quello che promette di passare alla storia come il più grande film di sempre sul wrestling (con buona pace di Wrestler, con Mickey Rourke) proprio perché ispirato a una storia vera. E che storia. La famiglia Von Erich include tre generazioni di lottatori, partendo dal capostipite Fritz agli ancora attivi Marshall e Ross Von Erich, attualmente in AEW e ROH. Ma il centro del film e della narrativa è quella dei figli di Fritz: sei giovani che hanno tutti fatto parte del mondo del wrestling a livelli più o meno alti e che, soprattutto, hanno fatto parte di quella che è passata alla storia come "la maledizione dei Von Erich". Senza troppi spoiler, il film è raccontato dal punto di vista di Kevin (interpretato da Zac Efron) perché l’unico a poter ancora raccontare quella storia.
@a24 Not helping, David #TheIronClaw original sound - A24
The Warrior - The Iron Claw (questo il titolo italiano) è un film che racconta un'America forse nota ai fan del wrestling, ma assolutamente sconosciuta ai non appassionati della disciplina. Un'America in cui la lotta sul ring ha la stessa popolarità del baseball, dove il ring non è solamente un palcoscenico sportivo su cui si muovono grandi interpreti, ma un modo di vivere la vita. Dove persona e personaggio si mescolano pericolosamente, e dove le conseguenze di quella "recita" hanno impatti sulla vita reale molto più drammatici di quanto si possa pensare. I traumi, gli steroidi, lo stress psicologico di dover essere più simili a un supereroe che a un essere umano, e farlo ogni settimana davanti a migliaia di persone, sono difficilmente comprensibili per chi non ha vissuto quell’entusiasmo collettivo e conosce la disciplina attraverso i film e la tv soltanto. Non è infatti sorprendente che i migliori interpreti del wrestling americano siano negli anni diventati estremamente popolari a Hollywood: Hulk Hogan, John Cena, Dave Bautista e soprattutto Dwayne Johnson. Se Bautista ha saputo far parte di franchise milionari come quelli del Marvel Cinematic Universe ma anche in pellicole più impegnate come il Dune di Villeneuve o Bussano alla porta di M. Night Shyamalan, Dwayne "The Rock" Johnson - oltre che meme di TikTok - è stato per anni l’attore più pagato a Hollywood, una sorta di reincarnazione con un sorriso brillante di Kevin Costner. D’altra parte esistono degli esempi di lottatori che sono passati dall’oro in una disciplina olimpionica (la lotta greco romana) al wrestling professionistico come Kurt Angle, o ancora wrestler che hanno provato senza successo a districarsi in MMA come CM Punk o Brock Lesnar. D’altronde la stessa WWE si è recentemente fusa con la WWE per dar vita alla TKO, una holding che unisce le due leghe di maggior successo nello sport di lotta al mondo. Un circolo mediatico enorme, un giro d’affari miliardario che sfora nello sport, nel caso dell’apparizione di anni fa di Shaquille O’Neal ma anche nella musica come quando Snoop Dogg condusse Wrestlemania e Bad Bunny si cimentò in diversi match veri - fino al mondo dei social media, con Logan Paul recentemente diventato addirittura campione degli Stati Uniti, consegnando alla WWE una visibilità in un segmento di pubblico estremamente appetibile per il suo merchandising. Ma se non è semplice seguire tutto quello che la WWE mette sul piatto (con oltre 15 spettacoli ogni mese, divisi per tre show diversi più un premium live event dagli incassi milionari) cosa pensereste se vi dicessimo che esistono tantissime altre federazioni oltre la WWE?
Il monopolio WWE è un concetto relativamente recente, introdotto dal tycoon Vince McMahon alla fine degli anni '80 e oggi solo in parte combattuto dalla AEW di Tony Khan e di suo padre Shadid, imprenditore di origini pakistane tra gli uomini più ricchi al mondo (lega di cui fa parte Maxwell Jason Friedman, che nel film interpreta il fratello Lance). Negli anni in cui The Iron Claw è ambientato esistevano un numero spropositato di leghe, guidate da promoter locali di cui anche il capostipite dei Von Erich faceva parte e che contribuirono alla creazione del mito del wrestling negli Stati Uniti. Il questo senso, l’esercizio del film di Durkin è anche quello di raccontare una storia intrinsecamente americana, di quell’America di cui i media hanno iniziato a parlare solo dopo l’elezione di Donald Trump, che ha cominciato a interessare il mondo nella misura in cui potesse spiegargli qualcosa che difficilmente riuscivano a comprendere. Anche l’ascesa della famiglia Von Erich ha tanto da raccontare sul funzionamento dell’America del tempo. A partire dal nome stesso, Von Erich: il vero nome della famiglia era infatti Adkisson, e Von Erich altro non era che un character name costruito con e su Fritz per raccontarlo come una sorta di gerarca nazista. Il personaggio funzionava così bene che quel Fritz diventò uno degli "heel" (cattivi, che si contrappongono ai "face", i buoni) d’America, girando per tutte le leghe regionali americane prima di fondare la sua di promotion-league in Texas. Ed è lì che i suoi figli diventano un portento. Come scrive David Shoemaker su The Ringer: «le persone adorano definire i wrestler di successo "rock star", ed è una esagerazione nonostante sia una metafora. Ma quei ragazzi, loro, erano vere rockstar. Anche se questo sottostima un po’ la realtà per il fatto che il Texas non aveva rockstar, al tempo, ma solo il football. E per qualche anno negli anni 80, i Von Erich erano più grandi dei Dallas Cowboys. Certo, erano protetti, ma il loro rifugio era un paradiso per gli scontri fisici. Quella piccola enclave a Dallas, in Texas, avrebbe potuto essere l'unico mondo che conoscevano, ma avevano quel mondo in pugno O, per dirla in altro modo, governavano il sud-ovest con The Iron Claw» (artiglio di ferro che, per inciso, era il nome della mossa finale di papà Fritz, poi utilizzata da tutti i membri della famiglia, che consisteva nello stringere con la mano aperta la faccia degli avversari). The Iron Claw è una storia di formazione, quella di una famiglia, degli Stati Uniti, ma anche e forse soprattutto della fragilità umana dei wrestler, di atleti e attori per i quali diventa difficile dividere il loro ruolo sul ring e la vita vera. Un equilibrio difficile da trovare, e che nel tempo ha distrutto la vita non solo della famiglia Von Erich.
@five5grand Eddie Guerrero passed away 18 years ago. He left us with lasting memories that no one can replace. This promo has to arguably be one the best promos WWE has ever seen. The real life passion here is exploding and this promo couldnt have gone any different way. #Then Shield of Faith - Spiritual Warfare Music Epic
A metà degli anni 2000, in quello che è stato indubbiamente il momento di massima visibilità internazionale del wrestling, nel bel mezzo della cosiddetta "Ruthless Aggression Era", la WWE fu sconvolta dalle due più tragiche e "rumorose" morti della sua storia (solo pochi anni dopo che il wrestler Owen Hart era morto in stage per un incidente di imbracature). Nel 2005 Eddie Guerrero, al tempo tra i più popolari e amati wrestler al mondo fu trovato morto al Marriott City di Minneapolis per un infarto causato da circostanze che non sono mai state chiarite: la prima notizia sulla sua morte fu proprio di una overdose, poi smentita. Solo due anni più tardi la WWE fu scossa dalla più assurda storia di sempre: l’ex campione del mondo e lottatore in attività Chris Benoit, uno dei wrestler più tecnicamente preparati della storia il cui soprannome era "tagliagole canadese" si suicidò dopo aver ucciso sua moglie e sua figlia. La WWE rimosse Benoit da tutte le sue digital properties, vietando a chiunque di menzionare anche solo il nome del lottatore in TV. La storia non finì chiaramente lì, perché molto presto, come anche nel caso di Guerrero, si cominciò a parlare (e fu lo stesso padre di Benoit a farlo) degli effetti degli anabolizzanti e delle cadute provocate dal wrestling sui tessuti cerebrali del figlio, che in fase di autopsia vennero ritrovati lacerati come nel caso dei malati di alzheimer. Da quel momento in poi il mondo del wrestling ha dovuto fare i conti con il tentativo di rendersi più "family friendly", il che ha portato alla fine di tante stipulazioni di match particolari, alla presenza sempre minore del sangue in TV, al divieto di colpire con oggetti contundenti gli altri lottatori alla testa. Insomma, un repulisti di tutto quello che piaceva agli hardcore fan del wrestling, e che continua ad essere parte integrante della cultura nelle leghe minori, per vendere un prodotto che è sempre di più una industria milionaria. Del mondo di Iron Claw nel wrestling mainstream moderno è rimasto molto poco, ed è difficile dire se questo sia un bene o un male, perché è difficile comprendere qualcosa di così lontano dal nostro modo di ragionare sullo sport entertainment. Ognuno avrà la sua opinione, e osservare settimana dopo settimana, anno dopo anno, studiare le sue storie, i suoi personaggi e il modo in cui il pubblico americano reagisce a quegli stessi, è solo un modo come un altro per studiare gli Stati Uniti.