Rankin at Milano Fashion Film Festival
exclusive interview
23 Settembre 2015
In occasione del Milano Fashion Film Festival, il visionario progetto di Costanza Cavalli Etro che lascia la parola, o meglio lo schermo, ai talenti internazionali nel campo della cinematografia con un focus sulla moda, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Rankin, il fotografo britannico divenuto celebre per i suoi ritratti genuini, e per aver donato al mondo tre realtà editoriali iconiche come Hunger, AnOther e Dazed & Confused.
Nella sua conversazione con la photo editor di Vogue Italia Alessia Glaviano, avvenuta sulle poltroncine del Cinema Anteo di Milano, ha parlato di come l’universo della fotografia si sia evoluto negli ultimi anni, di come l’uso di Photoshop si stia gradualmente ridimensionando, e di quanto, talvolta, una grande idea sia più importante di un grande budget.
Di seguito la nostra intervista:
Assolutamente no. Credevamo (Io e Jefferson Hack) che non sarebbe durato più di qualche anno. Ci importava solo di arrivare al il numero successo. Ora Dazed ha quasi 25 anni e non riesco ancora a credere che continui a funzionare così bene. Ci sono stati così tanti cambiamenti al suo interno negli anni, ma l’etica di quello che abbiamo creato è rimasta la stessa. Sono molto orgoglioso di esserci stato ai suoi inizi e ancora di più di quello che è diventato. Le persone che hanno fatto parte del progetto sono state tutte di grande ispirazione ed hanno continuato la loro carriera facendo cose meravigliose.
2. Hai gradualmente spostato il tuo focus dalla fotografia a qualcosa di più interattivo come video e cortometraggi. Qual è il linguaggio artistico con il quale ti senti più a tuo agio?
Mi sentirò sempre più a mio agio con la fotografia. È il mio primo amore nonché il mezzo con il quale mi sento più sicuro, rilassato.
3. Pensi che i fashion film abbiamo un impatto maggiore rispetto agli editoriali di moda?
Non direi che hanno un impatto maggiore. Rappresentano solo due esperienze visive diverse per il lettore/spettatore.
4. Con il tuo progetto Rankin Live hai reso la fotografia di moda più democratica ritraendo persone “comuni”, in un tempo molto limitato. Percepisci una differenza quando di fronte all’obiettivo hai una persona famosa o una presa dalla strada?
Non direi, cerco di fotografare le persone esattamente allo stesso modo, che siano famose o meno. Mi piacciono le persone in generale e sono molto curioso a prescindere che esse siano famose oppure no.