I western di Clint Eastwood sono una masterclass di stile
Grazie anche all’occhio di Sergio Leone e Carlo Simi
31 Maggio 2024
Clint Eastwood è una leggenda del cinema. Se dal punto di vista esclusivamente tecnico è meglio come regista che come attore, non si può negare che il suo fascino sullo schermo nei panni di “uomo dagli occhi di ghiaccio” è qualcosa che trascende le ere e le generazioni. Questo fascino è emerso particolarmente nei western in cui Eastwood ha recitato, diventando un’icona del genere, a partire dalla leggendaria Trilogia del Dollaro di Sergio Leone. In effetti, tra i dodici western in cui Eastwood è apparso, i capolavori di Sergio Leone sono proprio i primi tre, seguiti poi quasi a ruota da pellicole come Impiccalo più in alto, il vagamente scadente La ballata della città senza nome e Lo straniero senza nome, questo più particolare e diretto dallo stesso Eastwood. Altri western seguirono concludendosi con il capolavoro, anche questo diretto da Eastwood, Gli Spietati, che chiuse poeticamente il cerchio per l’attore/autore che non aveva solo vissuto il genere western ma se ne era anche del tutto appropriato artisticamente in una maniera in cui la maggiore icona del genere fino ad allora, John Wayne, aveva fatto solo in parte. Ora, si potrebbe quasi dire che il personaggio di “straniero senza nome” è nato nella Trilogia del Dollaro di Leone ma ha finito per estendersi ufficiosamente in tutta la filmografia di Eastwood che infatti, attraverso molti dei dodici western in cui ha recitato (l’eccezione più notevole è sicuramente Bronco Billy), indossava un cappello basso e dalla tesa larga e piatta atipico per quei film e che lo stesso Sergio Leone aveva scelto perché più «da damerino», che tecnicamente è un plantation hat, come racconta Carlo Verdone nel docu-film dedicato al regista romano. In breve, più di ogni altro, Eastwood ha incarnato lo stile del cowboy rendendolo notevole attraverso tocchi del tutto personali: ed è per questo che i suoi film sono una masterclass di stile western.
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I tre elementi che rendono i look da cowboy di Eastwood qualcosa di unico vennero originariamente scelti da Sergio Leone: il poncho, il cappello, il sigaro. «Non lo voleva con le tese tipiche da cowboy ma lo voleva piuttosto così, un po’ particolare. Proprio l’anti-western per eccezione». Leone era così deciso che quando Eastwood si disse contrario a fumare un sigaro sullo schermo, dato che non fumava, Leone rispose secco: «’A Clint, ma che lasciamo a casa il protagonista?», racconta Verdone nel film. «Neanche Clint Eastwood si sarebbe immaginato che da quel bizzarro travestimento e dai dubbi di questo grande regista sarebbe nato un personaggio a dir poco mitico». Il poncho era stato disegnato dal costumista Carlo Simi, che aveva addirittura disegnato in anticipo il look e la silhoutte che Eastwood avrebbe mantenuto per i restanti film, e in realtà aveva una funzione nella trama dato che a un certo punto il protagonista di Per un pugno di dollari lo usa per nascondere uno scudo, creando un colpo di scena che anima il finale del film. Simi, tra parentesi, è stato il costumista di riferimento per numerosi western tra cui anche il Django originale con Franco Nero e può essere considerato uno dei principali autori (se non l’unico autore) di quel look così realistico e “rovinato” che divenne poi la norma dei western sostituendo la più o meno linda divisa del cowboy tradizionale che oggi associamo alla prima era di western americani con John Wayne. Un altro capo iconico disegnato da Simi è il rendigote color beige/oliva che appare all’inizio de Il Buono, il Brutto e il Cattivo, lungo come un mantello e solitamente associato a personaggi “cattivi” per simboleggiare l’ambiguità morale del personaggio.
Rispetto al look classico del cowboy anni ’50, gli elementi erano praticamente gli stessi: le due cinture sovrapposte, una per i pantaloni e l’altra per la fondina della pistola; la camicia in denim o chambray; il foulard al collo che era grande e gonfio per Wayne ma piccolo e stretto per Eastwood; il gilet di pelle, i jeans, gli stivali. La differenza stava nella silhouette, che per Eastwood era assai più allampanata, e soprattutto nell’usura degli abiti. Oggi, guardando i western di Wayne la cosa che salta all’occhio sono i colori e il perfetto stato degli abiti che paiono praticamente nuovi, coloratissimi mentre l’estetica degli spaghetti-western imponeva uno stile in cui tutto era rovinato, lacero, ricoperto di polvere e sudore e in cui i colori erano tendenzialmente sbiaditi, vicini ai toni della terra. Non è un caso che il poncho di Per un pugno di dollari non venne praticamente mai lavato o rammendato e nel corso dei tre film porta i fori di proiettile presenti nei film precedenti. Eastwood comunque regalò al pubblico anche mise più eleganti: rimane celebre il completo di tweed indossato in Joe Kidd presto dismesso in favore di una stupenda giacca a tre quarti in lana di tosa con colletti di pelle, fazzoletto di seta nera, camicia di flanella e pantaloni color arancio bruciato dal vago taglio svasato che erano assai popolari negli anni ’70. Come fa notare Nick Guzan nella sua analisi dei costumi di Eastwood: «Uno degli anacronismi più comuni dei costumi western è l'apparente ubiquità dei pantaloni con passanti per la cintura in stile moderno. Sebbene i passanti per la cintura dei pantaloni non fossero sconosciuti negli anni Sessanta dell'Ottocento, erano ancora lontani dall'essere comuni e ci sarebbe voluto un altro mezzo secolo prima che venissero integrati nei pantaloni degli uomini negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale».
Clint Eastwood on set of JOE KIDD
— . (@Dear_Lonely1) August 13, 2022
(John Sturges, 1972) Terry O'Neill pic.twitter.com/Bd4YaWSXEb
Se lo stile western di Eastwood nei suoi film anni ’60 e ‘70 salta così all’occhio, comunque, è per la sua relativa spontaneità: metà degli aneddoti sui costumi degli spaghetti-western riguardano attori, costumisti e registi che trovano o comprano qualcosa in un negozio vintage due ore prima delle riprese, che rispolverano qualche vecchio costume recuperato per caso da un magazzino o che addirittura si portano i propri abiti da casa. Nel caso di Eastwood, non solo l’attore indossò gli stessi abiti attraverso diversi film, come ad esempio gli stivali de La Trilogia del Dollaro che erano gli stessi della serie tv Rawhide, oppure il poncho; ma spesso portò sul set abiti che lui stesso aveva comprato come nel caso dei jeans inquadrati ne Il Buono, il Brutto e Il Cattivo che l’attore aveva acquistato in un negozio di Los Angeles. La leggenda vuole, in effetti, che tutti i jeans di quei film fossero dei Levi’s 501 comprati in negozio. Proprio la loro autenticità riusciva a restituire un senso di realismo tale che, in effetti, anacronismi e inesattezze passavano in secondo piano. Ancora oggi, comunque, Clint Eastwood rimane il cowboy meglio vestito di sempre.