L'imprevedibile seduzione del camoscio
Dalle controculture americane alle passerelle parigine
04 Settembre 2024
Il camoscio e la moda vivono una storia d’amore complicata. Sarà che il trend ha preso forma lontano dalle passerelle, tra aviatori e motociclisti anni ’50 e poi vent’anni dopo con la psichedelica ascesa degli hippie, ma fin dal suo primo atterraggio in atelier non ha mai avuto il piglio sufficiente per restare rilevante per più di una stagione. Forse ciò che rende la pelle del camoscio un look antiquato in breve tempo è la scala di marroni per cui lo conosciamo, una colorazione rustica che nel mondo della moda viene impugnata con successo solo da designer capaci. Non a caso, tra gli apripista del trend troviamo Ralph Lauren, Yves Saint Laurent e Miuccia Prada: il primo caposaldo dell’estetica Americana, il secondo amante dello street style e dei colori del Marocco, l’ultima artefice di un’estetica in seguito riconosciuta come ugly chic (tutti mondi ben distanti dal fascino senza tempo della Parigi bene). Se però le ricerche Google globali per “suede” sono in aumento costante dal 2020, con un +70% nell’ultimo anno, un motivo ci sarà, e per la prima volta da qualche mese a questa parte il quiet luxury non c’entra niente. I primi brand a riportare il camoscio sotto i riflettori delle ultime Fashion Week sono stati nuovamente dei ribelli, con Acne Studios che per la SS24 ha portato minigonne in pelle vellutata dall’apparenza rovinata, Loewe che ha presentato pantaloni e trench dalle proporzioni completamente sballate, Marni che ha scelto colorazioni spente come il grigio tortora per gonne lunghe fino ai piedi, e Miu Miu che le ha accorciate ai minimi storici.
Subito dopo la SS24, per la stagione più fredda, altri designer si sono attrezzati di camoscio e hanno portato in passerella distese vellutate color terra di Siena, verde muschio, salvia e ruggine, con Matthieu Blazy da Bottega Veneta che si è divertito più di tutti in un completo di giacca e gonna azzurro cielo. Jonathan Anderson ha continuato a proporre la pelle scamosciata ma all’interno della collezione di JW Anderson in pantofole e bermuda, mentre Jacquemus ha presentato un’iterazione tutta sua del trend, fuori calendario e tinta dei colori più brillanti della riviera francese. Abiti scultorei rosso fuoco, trench a spalle ampie verde pisello, gonne rosa e montoni corti hanno creato un netto contrasto con la pavimentazione tenue di Casa Malaparte. Alla FW24, Miu Miu ha portato il camoscio della SS24 a un livello più avanzato, adornando con perline e diamantini blazer pienamente anni ’70, mentre l’americanissimo Ralph Lauren è stato ripreso da Pharrell per Louis Vuitton, sotto forma di cowboy del Ventunesimo secolo tra workwear, inserti morbidi in camoscio sulle giacche e sulle camicie, ma anche di una collaborazione con Timberland.
Con un approccio più convenzionale al trend, anche la Resort 2025 di Gucci ha ripreso in mano la pelle vellutata, ma su silhouette vintage che ripercorrono gli Swinging Sixties di Londra, come i blazer a doppio petto, i mini abiti, le mantelle squadrate e i tailleur a maniche corte. Alla Paris Fashion Week Men’s invece, per il suo gran finale, Dries Van Noten ha proposto forse l’iterazione più elegante del trend assieme a Zegna: il primo con un completo da lavoro grigio caldo dal colletto oversize, l’ultimo con un ventaglio di cappotti che prendevano il loro colore dai campi di lino che hanno ispirato la collezione. La lista interminabile di esempi di brand di lusso e non che nelle ultime Fashion Week hanno tirato in ballo il camoscio è la prova schiacciante di come questo materiale sia riuscito finalmente a trovare nuova voce nel coro dinamico dei trend. Sneaker a parte (e qui citiamo i grandi classici Puma Suede e le Triple Stitch di Zegna), per adesso sembra davvero che la relazione turbolenta tra moda e camoscio sia giunta a un momento di quiete. Tocca solo stare a vedere se si tratterà di un altro fling o di vero amore.