Il lusso rasoterra: il grande ritorno delle scarpe con i gommini
Perché l’icona Y2K sarà il footwear della prossima stagione
20 Dicembre 2022
Quando pensiamo alla moda dei primi anni 2000 sono tante le cose che tornano in mente: gli sciagurati red carpet look dei giovani attori Disney, i pinocchietto, i fedora e i gilet, qualunque cosa indossasse John Cena, i jeans a vita bassa. Esiste però un’altra icona di quegli anni di cui non ci ricordiamo abbastanza, forse perché il loro heritage è vivo ancora adesso, forse perché la loro inconsueta eleganza li rendeva così “adulti” all’epoca: i mocassini con i gommini. Anche se erano in circolazione da almeno vent’anni, i mocassini con i gommini o driving shoes erano diventati la cosa da avere nei primi 2000, una rinfrescante rottura dal formalismo del mocassino corporate e delle altre scarpe da cerimonia che evocavano un mondo troppo poco giocoso e moderno per la Gen X e gli allora adolescenti Millennial. Il loro produttore principale nel mondo del lusso era allora e rimane oggi Tod’s che ha chiamato i propri modelli Gommino proprio per sottolinearle l’iconicità inecquivocabile. In effetti il brand dei Della Valle non ha mai smesso di produrne negli anni (addirittura istituendo un servizio custom-made per personalizzarli), il 2023 potrebbe stare per segnare il loro ritorno come icona culturale.
Se durante l’ultima Milan Fashion Week, a settembre, Walter Chiapponi ha riletto il Gommino di Tod’s sotto forma di ballerina di raso o di pelle, di stivale scamosciato e di mule, rendendoli tra le altre cose uno dei prodotti di punta della collaborazione a tre con Moncler e Palm Angels; modelli di mocassini ultrapiatti sono stati ricorrenti nel corso dell’ultima stagione, specialmente da Fendi ed Emporio Armani, ma anche sulle passerelle di brand indipendenti come Auralee, Officine Generale e De Fursac. Tranne che nel caso di Emporio Armani, va detto, nessuno di questi mocassini “raso terra” ha gli stessi gommini per cui il modello di Tod’s rimane celebre – ne viene però ripresa la costruzione, l’assenza apparente di suola, la struttura tipica del mocassino tradizionale qui notevolmente alleggerita. In tutti i casi l’estetica rimane la medesima: scarpe ultramorbide, quasi formali ma abbastanza comode e leggere per essere indossate senza pensarci troppo su. La presenza dei gommini, come dei tacchetti, ricorda il mondo tattico del gorpcore, la loro tomaia richiama quel vibe da “ricco in vacanza” in pieno stile The White Lotus o da celebrità off-duty, il loro insieme rimane al contempo così convenzionale e originale insieme che cattura lo sguardo senza lasciare perplesso chi guarda. Ma come mai il mocassino con i gommini è diventato un’icona?
In principio fu Diego Della Valle. Gli capitò un giorno, mentre si trovava ancora a New York (dove aveva lavorato fino al 1975) di trovare in una bottega dell’East End di Brooklyn un paio di mocassini che, al posto della suola, avevano dei gommini. Erano le driving shoes, tipologia di scarpa inventata in Francia negli anni ’30 che incontrò scarso successo, il cui brevetto fu acquistato dal calzaturificio Mostile di Vigevano prima e poi, nel 1972, dai Miserocchi di Domodossola che li portarono a nuova fama dopo essere diventati clienti di Gianni Agnelli il quale, secondo i ricordi di Giulio Miserocchi, non solo scriveva gli ordini di suo pugno via lettera, ma accludeva anche i pellami che desiderava fossero impiegati insieme alle proprie forme di legno personali (l’Avvocato doveva usare scarpe ortopediche dopo essere stato coinvolto in un incidente anni prima). Agnelli indossò le scarpe anche in una famosa intervista con Enzo Biagi mentre in diverse altre occasioni indossò un simile modello di stivale scamosciato dalla suola piatta - in un istante la driving shoe entrò nel vocabolario dello yuppie italiano che aspirava all’eleganza del mocassino senza rinunciare alla comodità di una sneaker e ci rimase per i successivi vent’anni, senza mai veramente cambiare. Fu Della Valle e il prestigio di Tod’s a trasformare la driving shoe nel Gommino, prendendo un modello di scarpa sportiva e iscrivendolo nella più ampia narrazione di un brand che l’ha reso un’icona. Il motivo del successo è presto detto: mentre si entrava negli anni ’80, le occasioni sociali in cui si richiedeva uno stile “casual chic” aumentarono, portando alla progressiva retrocessione del completo formale e all’ascesa dello spezzato, del blazer indossato coi chinos o i jeans (anche qui Gianni Agnelli fece scuola) e in generale a un guardaroba tradizionale ma più agile e sportivo. Un cambiamento che rifletteva l’ascesa della Gen X, la nuova schiera di giovani rampanti degli anni ’80 con il loro desiderio di status e di innovazione ma la loro appartenenza a un mondo ancora tradizionale.
Ma perché allora le scarpe con i gommini dovrebbero stare per tornare? Al di là delle loro apparizioni nelle sfilate, e al di là del loro status ormai quarantennale di icona di un brand come Tod’s, quest’anno due fattori culturali si stanno allineando in modo tale da fare presumere il prossimo boom delle scarpe con gommino. Il primo di tutti è il ritorno dei consumatori verso prodotti “sicuri”, capaci di resistere al ciclo dei trend ed espressivi di un lavoro artigianale che si allontana dalla noia e dalla qualità scadente del prodotto industrializzato. Il secondo è la ricerca di un footwear alternativo alla sneaker, ormai iper-saturata dopo il boom dello streetwear, e dunque da sostituire con modelli più “elevati” o adulti ma che ne mantegano la comodità – un tipo di esigenza che ha portato al successo finora inarrestato dei mules e delle backless shoe in generale, reintroducendo versioni aggiornate del footwear formale, che ha riportato in auge le scarpe da giardinaggio o i modelli di scarpa bassa come le friulane e le ballerine, ma anche le basse e sottili adidas Samba. Il vibe “slipper di lusso” è il nuovo vibe, con le scarpe che da monumentali e solide come pietra tornano leggere e flessibili – ma non per questo meno lussuose.
Nel momento in cui si trova la moda oggi, in cui i codici del passato vengono ripensati e riappropriati per rompere le convenzioni in cui la ripetizione, negli anni, li ha chiusi; nel mondo post-streetwear in cui alla slip-on di Vans si sostituisce il mocassino, alla hoodie il maglione di mohair e anche i pantaloni sartoriali si fanno sempre più larghi, non è difficile immaginare il momento in cui la driving shoe con la suola di gommini esca dalla sua prigione business casual, assumendo una nuova forma, vicina alla tradizione ma non per questo attaccata ad essa. Qualcosa di simile è già successo nella citata collaborazione tra Tod’s, Moncler e Palm Angels e forse, con la moda il condizionale è sempre d’obbligo, proprio questa collaborazione potrebbe essere il trampolino di lancio di un fashion comeback che riecheggia nella tradizione calzaturiera e artigianale italiana.