Il fascino imprenditoriale dell’estetica da barca a vela
Conto in banca a parte, c’è un Gianni Agnelli in ognuno di noi
14 Agosto 2024
Sarebbe praticamente impossibile trascorrere agosto in una qualunque parte dell’emisfero occidentale senza vedere, ai piedi di qualcuno, una certa scarpa in cuoio semi-aperta i cui lacci corrono intorno all’orlo della tomaia. La scarpa in questione è detta in termini tecnici boat shoe e fa parte di un immaginario più largo che ha al suo centro la barca a vela e i leggendari personaggi del passato che l’hanno popolarizzata come status symbol definitivo della vacanza di lusso. Fusione di attività fisica e glamour estremo, la barca a vela è molto più che un semplice mezzo di trasporto per le vacanze sul mare – è essa stessa lo scenario e il presupposto di un tipo di turismo a componente naturalistica che dagli anni ’60 in avanti ha trovato una popolarità che dura ancora oggi. Se volessimo dare credito alle molte moodboard pages di Instagram incentrate sull’estetica vintage e specialmente nautica, potremmo forse dire che, nel 1960, fu Alain Delon con il film Delitto in pieno sole a incarnare quel misto di informalità, sofisticazione alto-borghese e sexyness totale che stava dietro a un uomo in camicia o a torso nudo con le mani strette sul timone della sua barca su uno sfondo di mare blu profondo.
Altra e ancora più rilevante incarnazione di quel mito fu, vent’anni dopo, Gianni Agnelli che stabilì per sempre il binomio tra gentleman e sportsman e che, dismessa l’uniforme da capo d’azienda, si faceva spesso ritrarre abbronzato e sorridente, oltre che a torso nudo, al timone della sua barca. In quelle occasioni la formalità non veniva gettata del tutto fuori bordo e si trovavano compromessi tra il vestiario istituzionale e quello atletico sotto forma di polo e camicie azzurre, pantaloni bianchi, catenine d’oro ma anche dolcevita e occhiali da sole. Dopo tutto, su una barca a vela che supera i quindici metri, anche la classica t-shirt bianca diventa uno statement. Dietro a questo capofila si nasconde un’intera selva di personaggi più o meno noti del jet-set di trent’anni fa: tutta la fauna di gaudenti che circolava per i locali di Saint-Tropez come l’Escale o il Papagayo, che affollava la piazzetta di Capri, che attraccava nelle calette della Costa Smeralda e di Ibiza prima dei party programmati e dei locali dagli esosi menu. Oggi i loro outfit ci sembrano stranamente formali, attribuibili allo stanco archetipo del “classic gentleman” ma la verità è che allora le t-shirt e i cargo shorts non erano così comuni, indossare una camicia in barca riguardava meno la ricercatezza personale che la necessità – si indossava ciò che offriva il proprio armadio. E chiunque abbia trascorso qualche giorno in barca sa che a bordo non ci si possono permettere troppe formalità: dopo tutto la vita in barca è bella perché è semplice, una vita che si trascorre scalzi o sdraiati al sole.
Il fascino dell’estetica da barca a vela (che rimane comunque separata dalla sua controparte più direttamente tecnico-sportiva incarnata così alla perfezione dalla Luna Rossa di Prada o da brand come Helly Hansen) può essere fatto risalire a uno switch nell’aspirazionalità del menswear che, dalla pigrizia aristocratica del primo ‘900, secondo la quale il ricco possidente di turno non doveva sollevare un dito se si trovava in crociera sulla sua barca, è andata spostandosi verso il mito dell’uomo d’azione: capace di guidare con autorità un consiglio di amministrazione oggi e di salpare verso il mare aperto domani – magari in compagnia di ospiti avvenenti e altri membri del jet-set internazionale che prendono il sole a prua. Nel caso di Gianni Agnelli gli ospiti in barca non potevano essere più illustri, dopo tutto non capita a tutti di portare la famiglia Kennedy in crociera. Ma a prescindere dal cursus honorum dei passeggeri, il protagonista rimane comunque il comandante della nave la cui personalità e autorità si esprime anche attraverso l’informalità o semi-formalità del costume. E se da un punto di vista più generale l’uniforme da barca è assai poco formale e flirta con lo sportswear, lo status da essa rappresentato si estende molto oltre gli scafi e le vele – come dimostra appunto la popolarità della classica boat shoe che, per altro, è diventata così associata allo stereotipo del “ricco in barca” che possiede un’intera categoria di meme a essa dedicati.
@sophie.har what types of shoes tell you about a guy....like for part 2 #greenscreen #fyp #college #shoeschallenge #understandingmen original sound - Sophie
In effetti, nell’interpretare questo tipo di estetica, sarebbe forse meglio evitare la classica divisa da circolo velico composta da camicia infilata negli short con cintura, maglione sulle spalle e boat shoe e tornare alle uniformi informali di Alain Delon e Gianni Agnelli che s’imperniavano sulla comodità e, soprattutto, stabilivano un cliché invece di seguirlo e basta. Dopo tutto le mete del turismo commerciale estivo di oggi (Ibiza, Capri, la Versilia, la Costa Smeralda e via dicendo) erano in passato le classiche tappe delle crociere in barca che il jet set europeo seguiva a ogni estate. Proprio da questa considerazione emerge la natura della coolness espressa dall’estetica da barca, che riguarda meno le manifestazioni estetiche esteriori associate al mondo della vela (righe cabana, tonalità del blu e dell’azzurro, Rolex al polso, camicie da businessman) e riguarda più da vicino il vibe rilassato di chi ha di meglio da fare che preoccuparsi del proprio abito. Proprio in un immaginario ricco e longevo come quello dello yachting è bene infatti disarmare i cliché e gli stereotipi con una sana dose di semplicità: pensiamo a Giorgio Armani avvolto di morbidi abiti blu navy nella sua Pantelleria, a Willy Rizzo in short di jeans e sneaker a Saint-Tropez negli anni ’70, a Jean-Paul Belmondo che passeggia in spiaggia con i suoi chinos azzurri in Pierrot Le Fou, al leggendario Gigi Rizzi che girava a piedi nudi e con un foulard di seta al collo per mezzo mediterraneo al fianco di Brigitte Bardot. La lista potrebbe proseguire. La chiave di tutto rimane sempre e comunque l’assenza di sforzo: l’imprenditore in barca si riconosce proprio perché non è vestito da imprenditore.