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5 motivazioni da dare ai tuoi genitori se vuoi entrare nel mondo della moda

Come convincere la tua famiglia che la moda è la tua strada

5 motivazioni da dare ai tuoi genitori se vuoi entrare nel mondo della moda  Come convincere la tua famiglia che la moda è la tua strada

Il lavoro dei sogni. Tutti ne abbiamo uno, in base alle nostre attitudini e ai nostri interessi.  Secondo uno studio condotto da PWC nel 2018, per sei giovani su dieci quel lavoro è nella  moda. Ma se, in accordo con l’«osservatorio sulle prospettive e aspettative at work»,  Millenials e Generazione Z sono determinati a trasformare la propria passione nel proprio  lavoro, convincere genitori e familiari a  credere in una carriera creativa non è così semplice. Come dimostra un sondaggio condotto da 1Granary, il 68% di oltre duemila intervistati ha raccontato di aver avuto non poche difficoltà a far accettare e rispettare il proprio lavoro ai propri cari - e questo per due motivi. Il primo è che, nella concezione  comune, qualsiasi lavoro creativo è ancora associato all'instabilità finanziaria. Il secondo riguarda invece il background culturale dei genitori in quanto esponenti della  Gen X, come scrive Laura Bachmann in un articolo intitolato Do your parents hate your  creative career too?.  Secondo Valerie Steele, autrice di Anti-Fashion: The 1970s, la moda ha perso credibilità agli occhi di chi è cresciuto negli anni ’70, al tempo della controversa (e contraddittoria) gara tra couture e ready-to-wear. È per questo che la maggior parte dei  genitori non concepisce l’idea che un lavoro creativo possa garantire rispetto e certezze  economiche nella vita. Tuttavia, prima di rinunciare in partenza alla prospettiva di studiare  in una scuola di moda o di candidarsi per una posizione creativa, vale la pena tentare di dare loro le nostre motivazioni. Ecco dunque cinque concetti chiave da esporre ai propri genitori per convincerli che la moda è la  strada giusta. 

1. I dati parlano chiaro  

La moda è un settore in costante crescita che svolge un ruolo centrale nell’economia  italiana, per non parlare del suo valore a livello internazionale. Secondo uno studio  condotto dal Sistema Moda dell’Area Studi Mediobanca, che unisce i dati finanziari di 70  multinazionali e 134 grandi aziende italiane, nel 2021 il fatturato italiano dell’industria è aumentato del 28%. Secondo il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI), Carlo Capasa, il fatturato del settore nel 2022 dovrebbe superare i 92 miliardi di  euro – un dato che supera del 10,5% il 2020 e del 2,2% il periodo pre-pandemia. Per il 2023, PWC e Fondazione Edison hanno previsto un valore complessivo di fatturato per 81,3  miliardi di euro. 

2. La moda è un settore dinamico e flessibile

  

Se c’è una cosa che abbiamo imparato dal periodo di lock-down è l’importanza di trovare un equilibrio «work-life». Le aziende di moda, in questo senso, offrono ai lavoratori una sempre maggiore flessibilità. Aumentano giorno dopo giorno i compiti assegnati ai professionisti freelance che, insieme a una percentuale di dipendenti in continua evoluzione, lavorano da remoto. Tale metodo favorisce la conduzione di uno stile di vita sano, in cui il lavoro non è tutto e ogni lavoratore è libero di coltivare interessi e passioni. Inoltre, praticamente nessuno è più costretto a vivere in un determinato luogo – e a pagare il prezzo  che comporta una città come Milano, dalla lontananza da casa a un affitto troppo caro. 

3. Non si smette mai di imparare

«After all, we do it for the culture», scrive Virgil Abloh a Gabriella Karefa-Johnson. Abloh, con il suo approccio poliedrico, ha dimostrato al mondo intero che uno stylist,  designer o un qualsiasi altro addetto al settore, adotta un processo creativo che si  nutre di innumerevoli risorse e contaminazioni. Come dimostra un documentario realizzato dalla testata 1Granary e la Parsons School di New York, i vestiti  costituiscono appena il 20% del lavoro di uno studente o di un esperto di moda. Il  resto è composto da arte, storie, culture, esperienze, ispirazioni, viaggi e altre  ossessioni che convergono nel bagaglio culturale di chi sceglie questo percorso e  contribuiscono a renderlo un esperto di tante – tantissime, cose.  

4. Il networking è tutto 

Creare una rete di contatti non è certo semplice, ma è anche stimolante e coinvolgente. Creare PR è un’operazione che insegna a coltivare le relazioni con le altre persone e che permette di lavorare senza trascurare la propria componente umana o l’importanza  dell’interazione nella vita quotidiana. In accordo con una sorta di democratizzazione del  settore, in cui fino a pochi anni fa era estremamente difficile entrare senza conoscenze storiche, il networking ora è anche digitale. Il numero di persone che cominciano a lavorare  grazie a un direct su Instagram o un annuncio di lavoro online è in aumento costante: se  non è incoraggiante pensare che un semplice «Segui» ormai apre tutte le porte.  

5. È una vocazione – la tua 

Nella moda (e non solo) non gira tutto intorno a un assioma come «Scegli il lavoro che ami  e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la vita», visto che si lavora eccome, molte  volte anche più di quanto si dovrebbe. Ma è per questo che chi ha il privilegio di poter  scegliere il proprio dream job meriterebbe l’occasione di inseguire i propri sogni, optando  per il lavoro in cui è più bravo. A volte ce lo dimentichiamo, ma i nostri genitori e i nostri cari  vogliono il nostro bene più ogni altra cosa al mondo: basterebbe solo aprire loro il nostro  cuore e dirgli che sentiamo di essere nati per quel lavoro e che non importa quanto rischioso  possa rivelarsi il percorso; siamo pronti a correre il rischio.