Perché c'è bisogno di una legge sul copyright nel Metaverso
Nike ha denunciato StockX alla Corte Federale di New York
07 Febbraio 2022
Giovedì scorso Nike ha denunciato StockX alla Corte Federale di New York per fermare la vendita di NFT legati alle scarpe con l’iconico Swoosh "basati sui prodotti del marchio senza autorizzazione". I Non Fungible Token, disponibili in edizioni limitata (250 unità), costano oggi fino a 534 euro, il 10% in più rispetto all'ultima asta. Un prodotto il cui valore fluttua in continuazione e che sicuramente risentirà delle accuse di Nike anche nel caso il prodotto non venga ritirato dalla vendita, ma che, nonostante tutto, mantiene un elemento di stabilità a tutela degli acquirenti: l'NFT può essere rivenduto ad altri utenti o liberamente riscattarlo in cambio di un paio di scarpe reali. Nike, dopo aver recentemente investito in prima persona nel mondo degli oggetti digitali del Metaverso, depositando a novembre l'application per utilizzare Just Do It e il logo per la vendita di sneaker digitali e abbigliamento e acquisendo a dicembre RTFKT STUDIO, start- up specializzata nel campo dei digital asset, sta usando ora la scusa del copyright per tenere lontana la concorrenza in attesa del primo drop virtuale firmato dal brand.
Una disputa simile aveva già coinvolto tra Mason Rothschild, che la scorsa estate aveva rilasciato un drop di Metabirkin sulla piattaforma OpeanSea, ed Hérmes. Un NFT di nome Baby Birkin era appena stato venduto per 23.500 dollari (superando il prezzo della Baby Birkin fisica), quando la maison francese in uno statement ufficiale aveva dichiarato che «Hermès non ha autorizzato né avallato la commercializzazione o creazione della nostra Birkin Bag da parte di Mason Rothschild nel metaverso. […] Questi NFT violano la proprietà intellettuale e i trademark di Hermès e sono un esempio di prodotto contraffatto nel metaverso», provvedendo alla rimozione dei Token di Rothschild dalla piattaforma.
Si capisce dunque come mai Kostyantyn Lobov, partner di Harbottle & Lewis, noto studio legale londinese, abbia paragonato in un'intervista al Financial Times il mercato NFT al «selvaggio West». Non solo perché la definizione legale del copyright in rapporto al mondo dei token, fondamentale per questo tipo di asset, non è ancora stata regolamentata, aprendo la strada ad un loop infinito di querele tra brand e artisti, ma anche perché quando si compra un falso tramite blockchain non si possono avere i propri soldi indietro o appellarsi ad autorità legali: le transazioni sono a senso unico. Secondo il Financial Times, ad esempio, la crypto art e il mercato nero di crypto-falsari che sfruttano le zone d’ombra della tecnologia blockchain (in quanto non riconosciuto dalle banche, la valuta Ethereum non è rifondabile e soprattutto i wallet digitali non sono legati a un’identità legale precisa) crescono simultaneamente. In mancanza di una regolamentazione legale a riguardo, questi NFT sono a tutti gli effetti dei legit fake - un po' come le t-shirt di Supreme Spain che per anni sono rimaste in commercio sfruttando la non-registrabilità del marchio originale Supreme in Europa portando a una battaglia legale durata anni. Ewa Abrams, legale di Kering, ha affermato che il problema delle contraffazioni sta iniziando a diventare un problema digitale e metaverse-related con piattaforme come Roblox che, pur non essendo obbligate per legge a filtrare i propri contenuti, hanno affermato di essere «impegnati nella protezione della proprietà intellettuale».