La reazione di Philipp Plein alle accuse di omofobia
Secondo i legali del brand, sarebbero il tentativo di insabbiare una truffa da 100.000$
15 Febbraio 2021
Philipp Plein appartiene a quella categoria di personalità pubbliche (reali o fittizie) che il pubblico ama odiare – un po’ come Jeoffrey di Game of Thrones, Byron Moreno o Matteo Renzi. A onor del vero, però, bisogna dire che Plein non fa molto per farsi amare. Che si tratti di sfacciatissime copie dei design di brand ben più meritevoli del suo, omaggi di orribile gusto a Kobe Bryant, campagne pubblicitarie a metà fra un poster di Michael Bay e le grafiche di GTA: San Andreas o semplici usi impropri del logo Ferrari (per cui il designer ha dovuto pagare salatamente), Plein non si tiene lontano dai guai. Una recente causa legale intentatagli per discriminazione, lo ha accusato di discriminazione verso i suoi dipendenti in base all’orientamento sessuale che avrebbe portato al licenziamento di un regional manager, Amro Alsoleibi, dopo una serie di episodi di violazioni della privacy e mobbing aziendale legate alla sua condizione di positività all’HIV. La vicenda ha aperto però una causa legale che avrebbe dimostrato, in base a una serie di documenti, come la vicenda di Alsoleibi fosse una copertura per nascondere una truffa da 100.000$ ai danni del brand.
Per riassumere la vicenda, come la riporta WWD, Alsoleibi era un manager con una lunga carriera nella moda che ha lavorato anche per Chloé, Etro, Fendi e Valentino. Secondo le sue accuse, dopo essersi lamentato per una serie di commenti omofobi, gli venne negata la possibilità di recarsi a visitare il fratello sul letto di morte in Siria (un diritto che la legislazione newyorchese invece gli garantiva) e gli venne revocata all’improvviso anche l’assicurazione medica, costringendolo a rivelare di essere positivo all’HIV, una condizione di salute che richiede intense e costose cure mediche ma che è coperta anche dal diritto di privacy. A quel punto il brand gli avrebbe ridato la copertura assicurativa ma avrebbe iniziato a «monitorare in modo intrusivo» il suo stato di salute, utilizzandolo come scusa per impedirgli di viaggiare e ostacolandolo nello svolgimento del suo lavoro – un percorso poi culminato con la revoca dello sconto dipendenti, l’estromissione dai lavori per l’apertura di due dei negozi del brand e infine con il licenziamento nel 2019. La causa legale dice:
Alsoleibi è stato licenziato come diretto risultato del suo orientamento sessuale e della sua positività all’HIV. Il licenziamento è stato anche una rappresaglia nei suoi confronti per le sue ripetute lamentele circa le pratiche di assunzione illegali dell’accusato [Plein, ndr] e l’ambiente di lavoro ostile.
A queste accuse Aloleibi aggiungeva quelle di omofobia sistemica. Secondo il report di WWD, il testo della causa racconta: «Plein [che non sapeva dell’orientamento di Alsoleibi, ndr] iniziò molto presto a far trasparire il suo disprezzo per gli uomini omosessuali, affermando: “Odio lavorare coi gay”». Il designer, sempre stando alle fonti citate, avrebbe anche dato ordini espliciti di non assumere membri del personale solo perché omosessuali, detto ad Alsoleibi di «non agitare i fianchi come un gay» mentre avrebbe detto al commesso di un negozio di non comportarsi in modo da rendere palese la sua omosessualità perché i suoi clienti «sono etero al 100%». Un altro episodio avrebbe visto Plein dire a un sales associate: «Se ti comporti troppo da gay non sei il benvenuto». Allo stesso tempo, secondo una press release del legali di Plein, la vicenda sarebbe assai più complessa. Alsoleibi avrebbe infatti:
«Messo in piedi una truffa pagando 100.000$ per conto del Philipp Plein Group a una compagnia fantasma intestata al suo sub-affittuario e coinquilino. Tutto questo in cambio di servizi di cui il gruppo non aveva bisogno, non era al corrente, non voleva e non hai mai ricevuto. È stato provato che questa azienda-fantasma era registrata all’indirizzo dell’impiegato in questione che aveva autorizzato i pagamenti e non aveva altri clienti che il gruppo Philipp Plein».
L'azienda-fantasma in questione, ASAP Staffing Services LLC, è anche menzionata in uno stralcio della lettera di licenziamento a Alsoleibi che i legali di Plein hanno diffuso in seguito alla causa legale, accusandolo di voler usare la causa LBGTQ+ per insabbiare le sue azioni. Nel frattempo, il designer tedesco ha prontamente risposto alle accuse su Instagram, con un post che potete leggere in alto. Alsoleibi ha citato in giudizio Plein per danni, stipendi arretrati, stress emotivo, licenziamento ingiusto, mobbing e discriminazione, oltre che per violazione di alcune leggi di New York che riguardano il rispetto dei diritti umani e i disabili.