Il 2021 sarà l’anno degli essentials
Abiti semplici per tempi complicati
14 Settembre 2020
Il 2020 è l’anno in cui lo streetwear ha dovuto fare una passo indietro. Dopo un’era fatta di massimalismo e grafiche chiassose, gli essentials stanno facendo il loro grande ritorno. Trainati dal fenomeno Uniqlo, che ha stabilito un nuovo standard per i capi essentials di qualità e a prezzi democratici, numerosi brand, sia di lusso che di high street, hanno iniziato a produrre i propri capi essential. Prima fra tutti è sicuramente l’imminente collaborazione Yeezy x Gap, che sarà probabilmente un trampolino di lancio per una diversa concezione del capo basic, grazie all’appeal di un nome di rilievo per una linea di essentials democratici. Ma di recente anche Highsnobiety ha presentato la propria Staples Collection, che quasi condivide il nome con la collezione Blank Staples di H&M. adidas Originals ha invece presentato da poco la sua collezione Premium Essentials, mentre è già da qualche anno che un designer come Jerry Lorenzo ha introdotto una linea ESSENTIALS nella proposta di Fear of God che, con la release della Seventh Collection, ha anche iniziato a esplorare un concetto di sartorialità rilassata e minimale che, degli essentials, recupera la semplicità di colori e design ma mantenendo la qualità del prodotto di lusso.
Questo ritorno del basic rappresenta la reazione naturale dell’industria al sovraffollamento di prodotti e di grafiche visto negli anni recenti e, per i brand di fast fashion e high street, rappresenta un’occasione per reinventarsi, partendo da una proposta più centrata e sostenibile e rinunciando a riprodurre i design più celebri visti sulle passerelle. Esiste un nuovo mercato di consumatori giovani, legati ai codici estetici dello streetwear (è infatti da notare come tutte le collezioni sopra citate contengano, fra gli item principali, una hoodie declinata in varie colorway neutre), che preferiscono investire sulla qualità, la versatilità e la longevità dei capi che sull’ostentazione del proprio status sociale simboleggiata invece dalla logomania. Un processo già in atto da qualche anno, in realtà, ma che il lockdown ha accelerato a dismisura. Francesca Muston, vice-presidente per il Fashion Content dell’azienda di trend forecasting WSGN ha spiegato a Harper’s Bazaar:
«L’aumento di interesse in capi casual o sportivi ha coinvolto le categorie loungewear e activewear ma nel lungo termine ci si orienterà su abiti multi-funzione o sul two-mile wear [tutti quegli abiti informali che si indossano quando si esce nelle vicinanze di casa, appunto entro un raggio di due miglia, ndr]. Sono vestiti confortevoli che si dimostrano funzionali per allenarsi, stare a casa o girare per negozi».
Anche in Cina, secondo quanto riportato da Jing Daily, il normcore è in ascesa, sotto forma di un trend che, fra i membri della Gen Z, ha acquisito il nome di “Frigidità” (in cinese性冷淡) e, sulla piattaforma Douyin, l’hashtag #SexualFrigidityStyle possiede a oggi più di 18 milioni di views. Gli abiti “frigidi” sono neutri, semplici e comodi, possiedono colori facili da coordinare e rappresentano, specialmente per i lavoratori più giovani, un tipo di vestiario maturo, decoroso ed elegante – oltre che economicamente accessibile anche per quelle fasce di consumatori che non si rivolgono esclusivamente al mondo del lusso. Un dato indicativo considerato come i consumatori cinesi rappresentino il 35% delle vendite mondiali del lusso – una percentuale che nel mondo post-Covid è destinata anche ad aumentare.
Commentando l’ascesa dell’activewear avvenuta di riflesso all’allargamento globale del lockdown, la giornalista Kellie Ell ha fatto notare su WWD:
«La richiesta di abiti sartoriali e workwear è diventata un ricordo del pre-pandemia. Oggi, il nuovo look è comfortable-chic. Il mercato globale dell’activewear, secondo le stime, arriverà a valere circa 547 miliardi di dollari entro il 2024 secondo Allied Market Research».
L’apparizione di questo nuovo trend ha dunque creato un effetto a catena che ha spinto le categorie di activewear e sportswear (che sono, almeno in parte, essentials) a diventare un potenziale e interessante investimento anche per i brand di lusso – che hanno scoperto, come nel caso di Versace e Fendi, di poter trarre profitti dalle proprie linee di activewear e che, se il trend dovesse prendere piede anche nel luxury market, creeranno di certo linee di essentials proprio come, negli anni ’90, creavano diffusion lines per rivolgersi a nuove fasce di consumatori. Sulla stessa linea, anche la nuova collezione Comme des Garçons PLAY, con la sua campagna scattata da Jean Jacques N’djoli, è un esempio perfetto di sub-label di lusso composta da basic brandizzati e di alta qualità.
Se il 2021 sarà l’anno degli essentials, il nuovo trend sarà, nel bene e nel male, uno dei principali riflessi che un evento storico come la pandemia di Covid-19 avrà avuto sul mercato della moda – mercato che si è dimostrato sempre più volatile, basato com’è su un target di consumatori assai più mercuriali e “sleali” che in passato e pronto ad alterarsi, spesso in maniera rapida e radicale, in risposta ai principali fenomeni che influenzano il costume e la società.