Come si sanificano i vestiti nei negozi?
I problemi e i rischi che corrono i retailer
19 Maggio 2020
Ora che la riapertura sta gradualmente cominciando, sarà necessario imparare a convivere con il virus implementando nuove norme sanitarie che riducano al minimo il rischio di contagio nei luoghi pubblici. Ciò che le nuove norme prevedono, declinato a seconda dei vari contesti, è in sostanza una continua sanificazione di ambienti e superfici che vanno ad aggiungersi alla regola degli ingressi contigentati e del distanziamento sociale. In particolare per i negozi di abbigliamento si presentano numerose criticità in quanto abiti esposti e camerini possono diventare un pericoloso veicolo per i contagi e le tecniche di sanificazione sono più difficili da applicare che altrove. L’impiego di disinfettanti chimici o a base alcolica è escluso in quanto rovinerebbe gli abiti e richiederebbe tempi lunghissimi per i camerini. Due alternative esistono, ma non sono meno problematiche delle altre: l’ozono e i raggi UV.
Quello dell’ozono è un metodo di sanificazione che conosce già molte applicazioni tanto nel campo della disinfezione di locali che in quello medico ed è già impiegato da ditte specializzate per la sanificazione delle automobili. L’ozono è un gas che agisce bene in saturazione, quindi il suo utilizzo sarebbe ideale in ambienti chiusi come quelli dei negozi. Per i camerini potrebbero essere impiegati sanificatori a ozono a ciclo corto – che potrebbero disinfettare un camerino nel giro di 15 minuti. Lo stesso metodo su scala ridotta o una cabina a ozono potrebbero risolvere la questione degli abiti da provarsi. Esistono inoltre dei macchinari, come depuratori dell’aria e generatori di ozono, che consentono già da ora una costante sanificazione degli ambienti a ciclo continuo. I problemi di questa tecnica risiedono principalmente nelle proprietà dell’ozono stesso (che non è un disinfettante propriamente detto) e nei costi, che per le cabine a ozono ad esempio vanno dai 3000€ in su, oltre che nella potenziale tossicità del gas in alte concentrazioni che andrebbe controllata tramite specifici protocolli di sicurezza. L’acquisto e l’istallazione delle apparecchiature, inoltre, richiederebbero non solo costi ulteriori per i negozi, ma anche un rallentamento dei servizi che, alla lunga, potrebbe incidere sui guadagni.
Altra tecnica di sanificazione utile per i negozi potrebbe essere quella dei raggi UV. La luce ultravioletta del sole è composta da tre tipi di raggi. I primi due, UVA e UVB, sono quelli da cui ci si protegge con i classici schermi solari mentre gli UVC, più forti degli altri, vengono filtrati dall’atmosfera e sono i più forti e letali, capaci di alterare la struttura genetica degli organismi viventi – virus e umani inclusi. Studi scientifici riportati dalla BBC hanno evidenziato come l’azione germicida di questa particolare radiazione uccide il Covid-19 solo al massimo della sua forza, con forti variazioni di energia a seconda della forma e del materiale dell’oggetto da disinfettare. Già in Cina gli ultravioletti sono stati impiegati per la sanificazione dei mezzi pubblici e delle camere d'ospedale ed esistono strumenti per irradiare piccoli oggetti manualmente. Il problema potenziale di questa tecnica, però, è che richiederebbe addetti ai lavori esperti in quanto bastano pochi secondi di esposizione diretta agli UVC per causare gravi danni alla vista, alla pelle e in generale a tutti i tessuti organici. Un malfunzionamento o un uso scorretto potrebbero tradursi in seri rischi sia per i clienti che per il personale dei negozi.
Entrambe le soluzioni sono potenzialmente efficaci, ma richiedono comunque attrezzature e procedimenti costosi per i negozianti, specialmente i più piccoli, che si sono dunque trovati in difficoltà. Per quanto riguarda l’ozono nello specifico, poi, il Ministero della Salute sottolinea come non sia esattamente un disinfettante (più che uccidere i virus li “disattiva” temporaneamente) e deve essere sottoposto a prove di efficacia e di sicurezza contro potenziali effetti collaterali da scorretto uso o concentrazione inappropriata. Entrambe le tecniche poi, sia l’ozono che i raggi UV, richiedono l’uso di personale appositamente formato e adeguatamente protetto – rendendone ancora più complicata e costosa l’implementazione quotidiana. Resta da vedere, dunque, quale metodo si affermerà di più e permetterà ai tanti retailer in crisi in Italia di riaprire la propria attività.