Hello Brooklyn #11 - Rock Made That
I caschi creati da Roark Alexander si posizionano a metà strada tra i Daft Punk e la realtà virtuale
08 Maggio 2017
Signori e signore, piazzate le vostre scommesse.
Sistema di ventilazione centralizzato, musica Bluetooth, intrattenimento e una alta dose di street vibes sono solo alcune delle cose che offre l'elmetto prodotto da Rock Made That. A metà strada tra i Daft Punk e la realtà virtuale, si trovano i caschi di Rouark Alexander e, solo nel caso in cui fosse necessario ricordare, Rock Made That.
All'inizio di questa intervista ha insistito per non rivelare il suo volto. Così, seduto nel retro del suo cortile, Rock ci spiega la sua invenzione mentre la indossa con estrema nonchalanche, abbinata ad un paio di Moonboots bianco latte.
"Fa parte del mistero", ci spiega.
#1 A livello professionale, come ti definisci? Posso immaginare che spiegare la tua carriera sia un’interessante spunto di conversazione…
Ho sentito molto il termine “visionario”. Ma non mi piace, non voglio darmi delle arie.
#2 Quanto tempo è richiesto per produrre un elmetto? Qual’è il processo?
All’inizio, impiegavo 30/40 ore per produrre un solo elmetto mentre ora me la cavo in circa 20. Più ne produco e più divento bravo. Si inizia con un materiale leggero e ne progetto la forma. Si tratta di un pezzo unico, non ci sono molte componenti. Il materiale esterno è vinile e può essere personalizzato in qualsiasi colore. Mi occupo personalmente del lavoro elettrico e del collegamento dei cavi, così come del sistema di aerazione. L’unità stessa è una tavola di schiuma leggera e poi ci sono i LED, ovviamente.
#3 Come vedi attraverso il casco?
È una domanda che mi viene fatta spesso. "Come vedi?" oppure "Come ci senti?"; voi non potete vedere il mio volto ma io vi vedo chiaramente, è uno specchio a senso unico.
#4 Qual'è la tua posizione nei confronti dell’anonimato?
Se potessi vivere a modo mio, la mia faccia non si vedrebbe mai.
#5 Com’è l’esperienza all’interno del casco?
Beh, alle persone chiedo sempre prima se siano claustrofobiche. La sensazione è quella di essere in uno spazio protetto… ma con un altoparlante Bluetooth e una fotocamera che si collegano al tuo telefono.
#6 Nella biografia del tuo sito parli della varietà di reazioni che ha il pubblico nei confronti del tuo prodotto. Perché pensi che la gente reagisca in maniera così forte?
In quanto esseri umani siamo abituati, a primo impatto, a guardare sempre in faccia il nostro interlocutore quindi, non vedendo un volto dove un volto dovrebbe essere, può essere destabilizzante per qualcuno. Mi è capitato di incontrare persone che vedendomi sono scappate in preda al panico mentre altri che sono scoppiati in una risata isterica.
#7 Chi indossa i tuoi caschi? E qual’è il loro obiettivo nell’indossarli?
Pochissime persone ne possiedono uno, giusto una manciata. Ha moltissimi usi! Può essere un fantastico costume di Halloween ma principalmente poso per servizi fotografici… ho sentito dire che sarebbe pazzesco indossarlo ad un rave. Ha potenzialità infinite ed io per ora ho solo grattato la superficie.
#8 Che posto pensi che occupi il tuo prodotto sul mercato?
Mi piacerebbe inserirlo nel fashion market e collaborare con una linea di abbigliamento. Lo vedrei bene anche indossato da un DJ.
#9 Che cosa ti prospetta il futuro?
Queste sono solo le versioni iniziai. Ho intenzione di continuare a sviluppare il progetto e renderli migliori.
#10 In che modo vivere e lavorare a Brooklyn ha contribuito allo sviluppo della tua creatività?
Brooklyn è il posto perfetto in cui vivere se si desidera fare cose di questo tipo. Se vivessi in mezzo al nulla, non avrei l'esposizione che ci cerco e non verrei visto nel modo in cui desidero. L’essere circondati da altre persone creative aiuta molto, ti aiuta a restare ispirato.
Image Credit courtesy of @rockmadethat/Amel Ibrisimovic