Con la morte di Luke Perry diciamo addio anni '90
Riflessioni post-adolescenziali su Dylan McKay
05 Marzo 2019
Sembra ieri anche se in realtà sono passati vent’anni. Basta un attimo per tornare lì, nel bel mezzo degli anni '90. Basta un 4 marzo qualunque, la notizia della morte di Kith Flinth di The Prodigy e di Luke Perry e subito si torna adolescenti, con l'elastico di Calvin Klein che spunta dai jeans, la tee di Kurt Cobain e i compiti di greco da finire. Capita a tutti prima o poi. Improvvisamente, capisci che sei diventato adulto, anche se fai fatica a venire a patti con il presente, perché tu ti senti ancora quella ragazzino che passava il pomeriggio a guardare Beverly Hills 90210 e sperava che Dylan mollasse Kelly per Brenda.
Difficile spiegare a chi è cresciuto nell'era di Netflix, con centinaia di serie tv a disposizione, quanto fosse importante nella quotidianità di qualsiasi adolescente questo programma. Dire che Dylan McKay, il personaggio che ha reso popolare Luke Perry, scomparso ieri dopo un ictus, fosse il James Dean della generazione X è esagerato, anche se gli ingredienti per il perfetto rebel without a cause c'erano tutti: capelli perfetti, fronte alta, sguardo imbronciato, una famiglia incasinata, spider argentata, una villa sulla spiaggia in cui viveva da solo trascorrendo le sue giornate a fare surf o a leggere Byron e persino un padre implicato con la mafia. Dopo BH 90210 la carriera dell'attore è continuata tra alti e bassi, apparizioni in un Vacanze di Natale '95 con Massimo Boldi o nella versione cinematografica di Buffy the Vampire Slayer (film che ha aperto la strada all'iconica serie tv con Michelle Gellar), tornando solo negli ultimi anni alla notorietà fra i più giovani con Riverdale. Dylan ha forse avuto la meglio su Luke, tenendo l'uomo intrappolato nel personaggio, in un continuo loop nineties fatto di pomeriggi al Peach Pit a chiacchierare con Brandon e Kelly.