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Villa Panza: il Guggenheim di Varese

Un gioiello del FAI che racchiude al suo interno una delle collezione di arte contemporanea più complete e interessanti al mondo

Villa Panza: il Guggenheim di Varese Un gioiello del FAI che racchiude al suo interno una delle collezione di arte contemporanea più complete e interessanti al mondo

Se, come sosteneva Jean Baudrillard “Si colleziona sempre il proprio io”, le migliaia di opere acquistate nel corso della vita da Giuseppe Panza di Biumo e la sua totale dedizione agli artisti americani come simboli di una creatività nuova, raccontano di un uomo colto, raffinato, un talent scout intenzionato a portare bellezza nel mondo. Nato nel 1923, da una famiglia dell’alta borghesia milanese, è solo un ragazzo quando guarda incantato le illustrazioni sull’Enciclopedia Treccani cercando di indovinarne l’autore, ma il suo debutto nel mondo del collezionismo lo fa solo nel 1956, dopo un viaggio negli Stati Uniti, con un quadro astratto di Atanasio Soldati scelto insieme alla moglie, Rosa Giovanna Magnifico, sua partner in crime e consigliera. A quel primo pezzo si aggiungono, uno dopo l’altro, i lavori del catalano Antoni Tàpies, del francese Jean Fautrier, le sperimentazioni con l’acciaio di Franz Kline, Rothko, Rauschenberg, Peter Shelton, Roni Horn, Ettore Spalletti, Max Cole, David Simpson, esponenti di minimal, conceptual e land art,…In un batter d’occhio arriva all’esorbitante cifra di 2.500 opere. Gran parte di esse, quelle incentrate sull'arte americana, sono racchiuse all'interno di quella che fu la sua casa, Villa Panza.

Abbarbicata sul colle di Biumo, quartiere della parte alta di Varese, Villa Orrigoni Menfoglio Litta Panza è uno dei gioielli più preziosi del Fondo Ambientale Italiano. Edificato intorno alla metà del XVIII secolo su una preesistente "casa da nobile" per volere del marchese Paolo Antonio Menafoglio, questo edificio caratterizzato dalla corte d'onore  orientata verso il parco anziché verso la facciata d'ingresso, al contrario di quanto accadeva nel tipico schema a "U" della dimora barocca, arriva nelle mani della famiglia Panza, dopo altri proprietari, nel 1935. Un importante ristrutturazione affidata all'architetto Piero Portaluppi, la trasforma nel gioiello architettonico incastonato in un enorme giardino all’italiana esteso per oltre 33.000 metri quadrati che conosciamo oggi.

Se la sua anima è antica, al suo interno batte un cuore moderno. Il cuore di Giuseppe Panza e la sua ricerca su bellezza, luce e spazio.

“Una collezione non è un semplice assembramento di opere; essa propone esperienze da vivere e condividere. Collezionare per me non significa solo possedere, è un modo d’essere, un’attitudine filosofica che riguarda la mia ricerca di pienezza che desidererei condividere”.

Si legge nei suoi scritti e anche:

“Un museo dovrebbe essere una sorta di tempio laico, un luogo di meditazione dove ci si può riconciliare con se stessi e vivere un’esperienza di pienezza”.

Con questa idea in mente il mecenate milanese ha trasformato la sua casa nel regno dell’arte. Ogni stanza racconta un autore, un’opera, un colore, una storia. Tra divani, poltrone, ci sono angoli dedicati all'arte africana e primitiva; dipinti animati di Robert Wilson, come una pantera omaggio al teatro e ispirata al dramma Die Hamletmaschine;  tele monocromatiche di Phil Sims e, insieme ad esse, in un perfetto dialogo che rispecchia l’intuito e la sensibilità di uno dei più grandi collezionisti italiani ci sono l’arte di Wim Wenders,  David Simpson Alfonso Fratteggiani Bianchi, Ruth Ann Fredenthal, Max Cole, Maria Nordman, Martin Puryear, Ford Beckman, Ross Rudell, Alfonso Frateggiani, Ettore Spalletti, Lawrence Carroll e moltissimi altri. Soprattutto c’è, nell’ala dei rustici, un tempio consacrato all’elemento luminoso, all’amore per la luce e per il suo potere di creare suggestioni spaziali. Immancabile compare frammento della visione di Dan Flavin, precursore dell'arte minimalista, amatissimo ed onnipresente nella collezione di Panza: un lungo corridoio illuminato da luci al neon che fa da accesso ad una serie di stanze su entrambi i lati. Essenzialità e monocromatismo. Gli stessi che, entrati in un altro spazio, troviamo nelle pareti completamente bianche su cui, come squarci verso l’esterno, si aprono le finestre site-specific, create appositamente per la villa da James Turrell e Robert Irwin. Mentre, disseminate nel parco, come piante preziosissime fioriscono i pezzi di Land art di Stuart Ian Frost, Bob Verschueren e Peter Randall-Page. Racchiusa nei confini di questa villa lombarda, gioiello del FAI, non è solo custodita una collezione unica al mondo che va dagli anni Cinquanta fino agli Ottanta, ma la testimonianza di come la ricerca della propria idea di bellezza (in questo caso quella di Panzi) possa guidare l’intera vita di un essere umano.

Una curiosità: oltre ad opere d’arte permanenti, la villa ospita continuamente mostre temporanee. L’ultima è The End of History,  dedicata allo scultore californiano Barry X Ball che, prevista in origine fino al 9 dicembre, è stata prolungata fino al 10 febbraio 2019.