"Io capitano" è il film da seguire ai Golden Globe
La pellicola racconta in modo inedito il dramma dei migranti
15 Dicembre 2023
Recentemente sono state annunciate le nomination ai Golden Globe, i premi per cinema e tv che in termini di importanza, nella gerarchia di Hollywood, vengono considerati secondi solo agli Oscar. Sono infatti un riconoscimento molto influente nel fare la fortuna di film e attori. L’ottantunesima edizione dell’evento si terrà il prossimo 7 gennaio, come di consueto a Beverly Hills, e sarà la prima serata organizzata dalla fondazione no profit Golden Globe; fino allo scorso anno, infatti, i premi erano assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association, che era finita al centro di una serie di scandali che ne avevano compromesso la reputazione. Tra i candidati come miglior film straniero c’è Io capitano di Matteo Garrone – l’unica presenza italiana nelle oltre 20 categorie previste. Il regista nella sua carriera tra le altre cose ha vinto il premio speciale della giuria a Cannes nel 2008 con Gomorra, e nel 2012 con Reality. Il suo ultimo film è ambientato quasi interamente in Africa e segue la storia di Seydou e di suo cugino Moustapha, due ragazzi senegalesi, che lasciano Dakar per cercare di raggiungere l’Italia. «Ho raccontato la migrazione dei giovani che dall'Africa vengono verso l'Europa. È un viaggio epico in cui si rischia la vita per cercare un futuro migliore, per realizzare un sogno», ha detto Garrone. Nella pellicola si ritrovano poi alcune caratteristiche tipiche dei road movie e dei romanzi di formazione.
Com’è stato concepito "Io capitano"
Io capitano nasce da un lungo processo di documentazione, durato più di due anni, in cui sono state raccolte le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona l'esperienza del viaggio dall'Africa all'Europa, giudicato dal regista «un’odissea contemporanea». «Abbiamo deciso di mettere la macchina da presa dal loro punto di vista, in una sorta di controcampo rispetto alle immagini che siamo abituati a vedere dalla nostra angolazione occidentale, nel tentativo di dar voce – finalmente – a chi di solito non ce l'ha». Per poter raccontare "da dentro" la traversata, «piena di svolte e di pericoli», secondo Garrone era infatti necessario «immergersi nel mondo di tutti i ragazzi e le ragazze che hanno vissuto questo orrore». La storia si ispira ad avvenimenti realmente accaduti a quattro persone che hanno intrapreso il viaggio, seppur in diversi momenti storici. «Dietro a ogni fotogramma del film c'è una storia vera», ha detto il regista, che ha diretto il film in wolof, la lingua madre del 40 per cento dei senegalesi, pur non parlandola: «Sentivo una lingua per me incomprensibile, ma mi sembrava di capire quando gli attori stavano dentro e quando stavano fuori dal personaggio». Il protagonista principale della pellicola, Seydou Sarr, ha poi ricevuto il riconoscimento come miglior attore emergente, il Premio Marcello Mastroianni, al Festival del cinema di Venezia. «Per trovare i protagonisti di lo Capitano abbiamo effettuato un lungo lavoro di casting, sia in Europa che in Africa», ha spiegato Garrone. «Alla fine ci siamo resi conto che la scelta più giusta ed efficace era quella di prendere due giovanissimi attori senegalesi, mai usciti dal loro Paese, ma che – come la maggior parte dei loro coetanei – subissero il fascino dell'Occidente e avessero il desiderio di andare alla scoperta del mondo». La sceneggiatura, inoltre, non è stata fornita agli attori: recitavano senza conoscere di preciso l’andamento della storia, che scoprivano man mano durante le riprese. Una scelta, questa, che per certi versi riconferma l’attitudine con cui lavora il regista, e che l’ha reso un autore così riconoscibile: «Faccio del mio meglio per raccontare storie che siano vive. Sono d'accordo con quello che diceva Fellini, non ci sono film belli e brutti, ci sono solo film vivi o morti. Cerco di fare film vivi».
Il percorso di "Io capitano" fuori dalle sale
«Ero pieno di dubbi, temevo la retorica, oppure che il mio sguardo potesse essere inadeguato a raccontare questa storia, che potesse sembrare il tentativo di speculare sulla sofferenza degli altri, poi a un certo punto ho sentito che il film era maturo», ha riferito Garrone a Internazionale. Io capitano ha riscosso un considerevole successo di critica e pubblico, superando i 3 milioni di euro al box office, ed è stato distribuito in molti Paesi. Variety ha scritto che risulta «difficile non lasciarsi coinvolgere dalla grande portata emotiva del film», che ha vinto il Leone d’argento per la miglior regia al Festival del cinema di Venezia: «Ho cercato di realizzare una regia che fosse estremamente semplice, scarna, evitando qualsiasi forma di compiacimento stilistico o di virtuosismo fine a se stesso. La sfida era quella di far sì che il nostro lavoro restasse invisibile, come se insomma la storia si raccontasse da sola», ha dichiarato Garrone. Il 55enne romano è anche il candidato italiano per gli Oscar – è la terza volta che viene scelto per rappresentare l’Italia agli Academy Awards. Decine di Paesi presentano un proprio prodotto cinematografico uscito durante l’anno, con l’obiettivo di concorrere al premio nella categoria "miglior film straniero". Entro fine dicembre l’associazione che assegna gli Oscar selezionerà una prima lista di 15 titoli rispetto a tutte le candidature ricevute, per poi ricavare le cinquina per la nomination finale. Io capitano è stato proposto dall’Italia perché incarna «con grande potenza e maestria cinematografica il desiderio universale di ricerca della libertà e della felicità». Ma la corsa all’Oscar entra nel vivo già con i Golden Globe, che di solito forniscono indicazioni abbastanza plausibili su chi può aspirare al premio dell'Academy. Ad esempio Sorrentino, che come Garrone è molto apprezzato all’estero, ha vinto l’Oscar nel 2014 con La Grande Bellezza (l’ultimo dell’Italia nella categoria “miglior film straniero”), che precedentemente era stato premiato proprio ai Golden Globe. Lo stesso è accaduto a Nomadland di Chloé Zhao nel 2021, a Green Book di Peter Farrelly nel 2019 e l’anno prima a Tre Manifesti a Ebbing e Missouri di Martin McDonagh.