Marc Jacobs è stato bullizzato da un gruppo di attivisti anti-fur
Il gruppo ha rivendicato l'attacco e annunciato il prossimo bersaglio
06 Giugno 2024
«Cari bulli, sento il vostro odio, la vostra rabbia e il vostro dolore. Rispetto i vostri diritti del 1° emendamento, come quelli di tutti. Quello che non posso fare è stare a guardare gli ingiusti e ostili attacchi verbali, mentali e fisici alle persone innocenti con cui lavoro da MARC JACOBS». Con queste parole, il designer americano inizia una lunga lettera aperta, pubblicata sotto a uno dei suoi ultimi post Instagram. Il testo cita la definizione di Wikipedia del termine “bullizzare”, ma il gruppo a cui si rivolge non sono i suoi follower, bensì gli attivisti anti-pelliccia che hanno terrorizzato i suoi dipendenti negli ultimi giorni. «Purtroppo, nella mia attuale situazione con un'organizzazione radicale (che rimarrà senza nome) che sostiene di avere a cuore la vita degli animali mentre mette a repentaglio il benessere di individui e comunità innocenti, non ho altra scelta che cedere a un bullo», continua Jacobs, chiarendo nello stesso testo che il brand ha smesso di lavorare con la pelliccia nel 2018, ma che nel 2022 è stata utilizzata per una collaborazione. Nell'ultimo caso, afferma il designer, tramite l'upcycled: «MARC JACOBS non lavora, utilizza o vende pellicce, né lo farà in futuro».
Il post di Marc Jacobs non cita direttamente il gruppo di attivisti responsabile di quanto accaduto al designer e al suo team - forse per non pubblicizzarlo - ma un recente articolo del New York Times fa chiarezza. Negli ultimi mesi, riporta la testata americana, l’organizzazione CAFT (Coalition to Abolish the Fur Trade) ha effettivamente protestato con cartelloni, strumenti rumorosi e sangue finto fuori dalle case di decine di impiegati del brand. Le accuse di Marc Jacobs sono state rivendicate dal gruppo con un post su Instagram: «Dopo una campagna incessante in tutti gli Stati Uniti, Marc Jacobs, lo stilista più influente d'America, sventola bandiera bianca. Questa vittoria non è stata ottenuta facilmente: ci sono voluti quasi dieci arresti, vetrine rotte, proteste fuori dalle case dei dipendenti di Marc Jacobs e centinaia di ore di ricerca. Che questo sia un monito per il prossimo che prenderà in considerazione l'idea di non rinunciare alla pelliccia», legge la descrizione. Il direttore esecutivo della CAFT si è detto entusiasta del risultato, e ha confermato al New York Times che le proteste fuori dalle abitazioni private dei dipendenti Marc Jacobs andavano avanti da giugno 2023, poco tempo dopo la sfilata in partnership con Fendi. Lo show includeva cappelli di pelliccia di volpe gialla fluo e bianca, ma si trattava di materiale riciclato e gli articoli non sono mai stati messi in vendita, facevano solo parte dello styling.
fendi resort 2023 in collaboration with marc jacobs pic.twitter.com/ChIYkWFa1R
— (@saintdoII) October 16, 2023
Il direttore dell’organizzazione contro l’uso della pelliccia non ha apprezzato l’uso della parola “violento”, che Jacobs ha utilizzato per descrivere gli attacchi ai dipendenti, ma i racconti dei soggetti targetizzati non sembrano smentire le accuse del designer. Il direttore PR di Marc Jacobs, Michael Ariano, ha raccontato di essere stato seguito per strada da un gruppo di manifestanti, che hanno anche attaccato i vicini, mentre Laura Neilson, che vive nelle vicinanze di un senior director del brand, ha detto di aver passato Memorial Day (il Giorno della Memoria per gli Stati Uniti, il 27 maggio) a pulire sangue finto dalle pareti di casa sua. Negli ultimi anni, le proteste contro l’uso della pelliccia nella moda sono diventate più rumorose e più sfrontate, con un numero sempre crescente di proteste che prendono piede proprio durante gli show in Fashion Week. Lo scorso settembre, un gruppo di attivisti PETA è riuscito a intrufolarsi sulle passerelle di Burberry, Coach, Gucci e Hermés, partecipando così agli show di ciascuno di questi brand utilizzando travestimenti da modella o da invitato. Con il ritorno del trend della pelliccia, si prevede che le strategie di attacco delle organizzazioni per i diritti degli animali diventino più affiatate. Per adesso, il direttore della CAFT ha confermato che il prossimo brand che prenderanno di mira sarà Max Mara.