Slavik's Fashion 10 anni dopo, intervista a Yurko Dyachyshyn
Raccontare la propria città natale attraverso lo stile dei suoi abitanti
01 Marzo 2024
Yurko Dyachyshyn non crede che l’arte possa cambiare il mondo, che una foto possa fermare una guerra, ma il suo lavoro continua a suscitare forti emozioni a distanza di anni, un «effetto farfalla», racconta, «che può avere un impatto maggiore sull'artista stesso e sull’ambiente che lo circonda, anche se non influenza gli eventi globali». Mentre il mondo della docu-fotografia occidentale riceve aspre critiche dagli osservatori di un’arte “politicamente corretta”, a quarant’anni da Afghan Girl di Steve McCurry e a venti dalla contestazione di Gula, la protagonista dello scatto, Yurko Dyachyshyn si è ritagliato uno spazio a sé fotografando Lviv e i suoi abitanti. Nato e cresciuto in Ucraina, è noto in tutto il mondo per Slavik’s Fashion, un progetto realizzato tra il 2011 e il 2013 con protagonista un uomo senza fissa dimora, incontrato da Dyachyshyn per le strade della sua città natale. Una raccolta dei migliori outfit di del protagonista dallo stile eccentrico, Slavik’s Fashion ha catturato l’attenzione di testate rinomate, così come quella di visionari della moda, da Lotta Volkova a Kanye. Nel 2016, l’allora direttore artistico di Vtmnts, Demna Gvasalia, prese ispirazione dai fit di Slavik per la prima collezione uomo del brand, sancendo così ufficialmente il legame tra il fotografo ucraino, Slavik e il mondo della moda. Anche nel 2022, la collezione SS22 del brand ha preso ampio spunto dai look indossati dall'uomo per le strade di Lviv, anche se Guram Gvasalia non ne ha mai riconosciuto i meriti. «La fotografia e l'arte sono entrate nella mia vita nel 2002 e sono ancora qui», ci racconta Dyachyshyn, oggi impegnato a documentare gli sviluppi di una guerra che affligge l’Ucraina da ormai due anni.
Raccontando di come ha conosciuto Slavik, l’uomo protagonista della raccolta realizzata nel corso di due anni, Dyachyshyn fa presente che il centro città di Lviv è popolato da turisti e da eccentrici. «Lo incrociavo continuamente per strada, ma non sapevo ancora cosa potesse venirne fuori». Slavik’s Fashion segue il progetto His Dreams, al cui centro c’era un altro personaggio senza dimora che girava per le strade ucraine, Andrew. «Era un progetto importante quindi non volevo iniziare qualcosa di nuovo in modo affrettato», precisa il fotografo, ma lo stile esuberante e inaspettato di Slavik lo ha colpito da subito. «Ho notato che si cambiava continuamente, così ho deciso di collezionare i suoi look alla moda». Una vera e propria collezione, il progetto realizzato da Dyachyshyn nel cuore di Lviv documenta gli outfit del protagonista secondo incontri occasionali fino a quando non ha perso le sue tracce. Non si mettevano d’accordo, racconta, il suo stile era semplicemente sempre interessante, perciò non importava se lo vedeva una volta alla settimana o al mese. «Credo che Slavik indossasse i costumi per un motivo: era la sua performance, e il fatto che qualcuno lo notasse lo rendeva felice», aggiunge Dyachyshyn, raccontando di come, ad un certo punto del progetto, i due si cercavano a vicenda per le strade di Lviv. «A volte, andando da qualche parte per lavoro, sentivo alle mie spalle: "Ehi amico, dove sei stato? Sono due giorni che ti cerco"».
Ciò che si vede quando si osserva uno dei ritratti di Slavik non è il punto di vista distaccato di un creativo americano in cerca di un soggetto politico ai bordi orientali dell’Europa, ma la narrazione in prima persona di un artista che vive e respira quell’aria da sempre. Uno degli obiettivi costanti nella fotografia di Dyachyshyn è documentare i mille volti di Lviv e della regione che lo ha cresciuto, una sorgente infinita di spunti, anche - e purtroppo - in periodo di guerra. «L’ambiente in cui vivi lo capisci bene», spiega Dyachyshyn, aggiungendo che produrre un progetto creativo sulla sua terra di origine gli ha permesso di perfezionarlo nel corso degli anni, a seconda dei suoi spostamenti di pensiero. «Sarebbe difficile da attuare quando si è turisti o si è arrivati in un posto per un tempo limitato».
Oggi Dyachyshyn ritrae angoli strappati all’Ucraina: un banco di scuola ricoperto di vetri dopo l’attacco di un missile, i soldati dell'esercito che si sottopongono a degli esercizi di fisioterapia per recuperare le forze, il colore della luna prima che cali la notte su Lyv. Non crede che le sue foto salveranno il mondo, ma è certo che uno dei grandi talenti che conservano gli artisti sia cambiare se stessi e l'ambiente che li circonda da vicino, semplicemente controllando come come viene comunicato un evento. «Tragedia personale o morte, questo è un fenomeno molto forte, un'unità che prevale su tutto». Al momento, ha abbandonato il mondo della "moda” - di cui, ci dice, ha un interesse piuttosto superficiale - in favore della sua nuova collezione War Nouveau, titolo che racchiude lo stile architettonico temporaneo, spesso realizzato con dei semplici sacchi di sabbia, con cui l’Ucraina si sta proteggendo dagli attacchi. «Sono diventati parte del nuovo paesaggio urbano, possono essere osservati nel tempo, vengono distrutti e rattoppati, ma rimangono». Delle collaborazioni con le maison di couture che hanno preso in qualche maniera ispirazione dall’estetica raccontata in Slavik’s Fashion interessa poco a Dyachyshyn, che si dice contento di come il progetto sia stato ricevuto online. «È già una sorta di classico», racconta. «Penso che ci sarà ancora una proposta reale in futuro, che avrà una vera e propria incarnazione moda sotto forma di una collezione o addirittura di un brand.» La guerra in Ucraina ha cambiato la traiettoria artistica di Dyachyshyn, obbligandolo a rimandare i suoi progetti, ma nonostante la situazione sia critica, il fotografo riesce a ritagliare momenti di gratitudine nei confronti del supporto che lui e i suoi colleghi stanno ricevendo dagli altri Paesi. Allo stesso tempo, coglie l’occasione per lanciare un avvertimento ai funzionari politici tanto quanto agli insider della fashion industry. «L’Ucraina ha bisogno di più armi e della determinazione da parte del resto del mondo: se perdiamo, non avrete più tempo di preoccuparvi della fashion week di Milano o di Parigi».