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Gli effetti speciali della moda di Hussein Chalayan

Il designer turco-cipriota che non ha mai smesso di stupire

Gli effetti speciali della moda di Hussein Chalayan Il designer turco-cipriota che non ha mai smesso di stupire
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Hussein Chalayan
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Durante gli anni Novanta se da una parte trionfano designer dediti al minimalismo e all’essenzialità come Jil Sander e Helmut Lang, dall’altra comincia a imporsi un’estetica che porterà al trionfo del glamour nella sua accezione più massimalista e votata alla ricchezza che vedrà il suo apice nei Duemila con creativi quali John Galliano e Dolce & Gabbana. Tra questi due estremi si trovano, però, anche alcuni nomi fuori dal coro che stravolgono le regole grazie a un approccio sperimentale e dirompente che si caratterizza soprattutto per il ricorso a sorprendenti effetti speciali. Una delle menti che fin dagli inizi della sua carriera si è contraddistinta proprio per questo tipo di creatività è, senza dubbio, quella di Hussein Chalayan. Il designer turco-cipriota parte, infatti, con grande forza già quando, nel 1993, si diploma alla Central Saint Martins con la collezione “The Tangent Flows” fatta di capi precedentemente seppelliti, dopo essere stati cosparsi con una polvere di ferro in modo da arrugginire per mesi prima di essere presentati in una sfilata. 

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Hussein Chalayan SS98
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Hussein Chalayan FW00

La sua propensione verso gli effetti speciali nella moda è quindi evidente da subito e con gli anni continuerà a crescere alzando l’asticella show dopo show e creando così una vera e propria attesa, per non parlare dell’effetto sorpresa, nei fortunati spettatori. Grazie a Chalayan (ma anche ad Alexander McQueen) le passerelle tornano a essere palchi per degli spettacoli in piena regola, riproponendo dinamiche che già una decina di anni prima erano state messe in scena, ovviamente con proposte completamente differenti, da maestri dello “show-biz” come Thierry Mugler e Jean-Paul Gaultier. La caratteristica principale del lavoro del designer è sempre stata, però, quella di trattare temi di grande rilevanza, sia come analisi della contemporaneità che come denuncia di drammatiche esperienze. Questo in virtù di una sensibilità spiccata, perfettamente tradotta dalla sua brillante creatività che gli ha consentito di farlo in modo assolutamente unico. Il costante avanzare della tecnologia nella vita quotidiana con l’entrata nel XXI secolo per un creativo del suo calibro, ha significato una profonda riflessione sul rapporto uomo-macchina e su tematiche a esso correlate. Un celebre esempio è il suo Remote Control Dress del 2000, un abito che, ancora oggi, sembra provenire dal futuro, controllato appunto da un telecomando che consente di muoverne alcune componenti. Questo per descrivere una donna ibridata con una macchina che rappresenta il simbolo del movimento, del transito e della capacità di raggiungere nuovi luoghi. 

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La cultura e la tradizione, così come gli eventi storici, sono altri temi che, sebbene a primo impatto possono sembrare distanti per un designer concentrato sul futuro e sulla tecnologia, non lo sono affatto quando si prende in esame la sua biografia. Negli anni Settanta, infatti, Cipro – dove il designer viveva con la sua famiglia – fu invasa dalla Turchia e questo portò a una serie di terribili conflitti che spinsero i Chalayan, così come tantissimi altri, a lasciare l’isola. La tecnologia, quindi, come mezzo per transitare e collegare, ma anche come strumento che rende possibile il viaggio e concretizza la velocità, non può che essere una tematica ricorrente nel lavoro del designer, soprattutto se usata per reagire alla drammaticità della storia. Ecco spiegate creazioni come l’abito ottenuto da una busta da lettere dischiusa o il tentativo di creare dei ponti culturali con collezioni altamente impattanti come “Between” SS98, celebre per i chador che si accorciano sempre di più fino a scoprire totalmente le modelle. Testimonianze, appunto, di questa costante esplorazione tematica. 

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Hussein Chalayan FW95
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Hussein Chalayan SS98

La sperimentazione di Chalayan raggiunge sicuramente il suo apice negli anni Duemila. Ne è un chiaro esempio la collezione “After Words” AW 2000-01 che si caratterizza per un momento passato alla storia. Proprio per richiamare i tragici eventi della questione cipriota e la necessità di scappare via portando con sé ciò che rappresenta importanti ricordi, pezzi di arredamento come tavoli e piccole poltrone diventano, letteralmente, gli abiti che le modelle vestono sulla passerella, grazie a quei famosi “effetti speciali”. Le automazioni di capi che si trasformano davanti agli occhi degli spettatori, ritirandosi completamente o arricchendosi di parti prima nascoste, diventano una costante nelle sfilate di Chalayan che continua, quindi, a studiare temi tecnologici e l’integrazione di questi nella vita dell’uomo. Lo sperimentalismo, però, si addolcisce avvicinandosi a tempi più contemporanei in favore di capi più vicini a un’idea di vestibilità, senza mancare di stupire con qualche colpo di scena come gli abiti solubili che rivelano, una volta dissolti, gli strati sottostanti. Stratificazione che rappresenta – perfettamente – quel viaggio temporale che collega passato e futuro che ha sempre appassionato il creativo. 

Da qualche anno Hussein Chalayan ha messo in pausa il proprio brand, con l’ultima collezione presentata nel 2019, quando è diventato professore alla HTW Berlin, Università di Scienze Applicate di Berlino, nel dipartimento moda con un focus sulla sostenibilità. Quello che rimane attualmente, oltre alla sua inestimabile eredità stilistica e creativa, è un profilo Instagram che, come una mostra digitale, espone costantemente parte di questo lavoro. Tutto ciò a riprova che, anche quando si segnano determinanti tappe nella storia della moda, il successo commerciale è una presenza (spesso incombente) che determina il futuro senza farsi troppi scrupoli.