Tutto il meglio della Copenaghen Fashion Week Autumn/Winter 2023
La settimana della moda danese si conferma ancora una volta come un "place to be" del fashion system
06 Febbraio 2023
Nel turbinio delle Fashion Week che passa da Milano a Parigi, finendo per Londra salvo poi ricominciare, Copenaghen sembra essere diventato ormai l’atollo di pace in cui la fashion industry si va a rifugiare alla ricerca di un attimo di normalità. Da anni ormai la settimana della moda nella città danese è diventata una valida alternativa alle cugine più blasonate, capace tanto di chiamare a raccolta la folta schiera di addetti ai lavori locali quanto di stampa dal resto del mondo. Dopo la scorsa edizione andata in scena ad agosto, Copenaghen è tornata ad accogliere ancora una volta la tre giorni di show e presentazioni, facendo a meno però del suo mood estivo e adattandosi al tutt’altro che accogliente meteo invernale, fatto di sporadici raggi di sole e tempeste improvvise e insistenti. Non certo una novità per la città, che mai come in questa edizione sembra aver incanalato questa duplicità all’interno degli show, divisi tra lo spirito colorato e giocoso ormai marchio di fabbrica della CPHFW e un altro, più oscuro e sotterraneo che sembra andare a braccetto con una città che nel primo pomeriggio già vive nel buio più totale.
Ad aprire le danze in questa edizione ci ha pensato Aeron, il brand ungherese fondato da Eszter Áron alla sua seconda uscita danese dopo l’esordio di pochi mesi fa e ancora una volta riconfermatosi come una delle realtà più interessanti tra quelle della Copenaghen Fashion Week. Questa volta, la riflessione sullo shapewear vista in precedenza è stata portata oltre le mura casalinghe, allargando in concept del brand in una visione “out of home” che non tradisce però lo spirito e la visione della sua founder. Parlando di certezze, anche Holzweiler non è stato da meno, mettendo in scena uno show in cui la pragmaticità dei look visti in passerella è stata la protagonista assoluta a riconferma delle ambizioni di uno dei nomi di massima caratura della settimana della moda danese. Stesso discorso, ma in chiave ben più pop, si può fare per Ganni, diventato ormai il piatto forte della Fashion Week, capace di mettere in scena uno show sempre fedele allo spirito del brand: un club in cui la ricerca del design è secondaria e in cui gli abiti non sono altro che il “dress code” della perfetta Ganni Girl. Nello show, andato in scena all’ARKEN Museum, ha fatto il suo esordio la collaborazione con BY VENEDA CARTER, il brand della stylist danese vista anche in passerella in occasione dello show di Sakks Potts all’interno del parco a tema di Tivoli davanti a più di mille persone.
OpéraSPORT, Lovechild 1979 e The Garment hanno portato avanti la riflessione sul womenswear in salsa nordeuropea, fatta di un minimalismo elevato alla massima potenza che ha trovato la sua forma migliore nella visione di Roe e Eskildsen. Tra le conferme impossibile non citare anche (di)vision, maestri di viralità con uno show onnipresente sui feed social di tutto il mondo moda con una collezione che ha rimarcato ancora una volta l’animo punk e ribelle del brand. STAMM è invece il brand vincitore del Zalando Sustainability Award, il premio assegnato dal retailer online partner di lunga data della CPHFW che ha scelto il brand di Elisabet Stamm per l'uso di materiali più sostenibili, come la piuma d'oca riciclata dei suoi giubbotti e il Khadi indiano, un tessuto tradizionale realizzato con cotone organico filato a mano. Tobias Birk Nielsen ci ha invece portato nel suo universo concettuale attraverso il gorpcore di ISO.POETISM in cui ha trovato spazio anche una collaborazione con Kappa. Rimanendo in tema gradite sorprese, una menzione d’onore va fatta a P.L.N., atteso ritorno dopo lo show dello scorso agosto e che ha confermato quanto già fatto vedere dal direttore creativo Peter Lundvald Nielsen, capace di utilizzare i suoi trascorsi da Vetements e Balenciaga per creare una collezione dall’animo apocalittico, battezza dalla tempesta che si abbatteva sulla città proprio durante lo show. Menzione d'onore anche per HELMSTEDT, semifinalista del LVMH Prize che ha riproposto il suo immaginario psichedelico fatto di colori e viaggi allucinogeni.
Ultimo, ma sicuramente non per ordine di importanza, è stato lo show di WOOD WOOD, chiamato a un rilancio tanto ambizioso quanto promettente attraverso la visione di Dominic Huckbody e Cecilie Engberg, rispettivamente ex di Burberry e Balenciaga che con Heaven Out Here hanno messo il primo tassello di quello che ha tutta le carte in regola per diventare uno dei mosaici più interessanti della moda danese. WOOD WOOD, così come altri nomi citati, fa effettivamente parte di quei grandi nomi capaci di dare lustro e attenzione alla Copenaghen Fashion Week, offrendo così la possibilità a quei brand minori di trovare il loro palcoscenico in una realtà in cui le pressioni di Parigi e Milano sembrano decisamente allentate e in cui i designer sembrano essere a proprio agio nel creare le fondamenta per portare la moda danese fuori dai confini nazionali. Stagione dopo stagione.