Il Y2K Made in Italy di Miss Sixty
Da Lele Mora a Bella Hadid, passando per la Cina
03 Agosto 2022
Era il 14 settembre 2011 quando lo spot pubblicitario italiano più rappresentativo dei tempi faceva il suo ingresso nel mainstream: Belen Rodriguez in una stanza disadorna alla Basic Instinct, in total look Miss Sixty e jeans push up, si spoglia a favor di camera e si guadagna la censura. In effetti, se c’è un brand che ha saputo riassumere la variegata scena degli anni ‘00, dall’allure heroin-chic di Asia Argento all’estetica “velina” di Belen, è proprio Miss Sixty. Grazie al denim, slavato e rigorosamente a vita bassa, il brand fondato a Roma nel 1991 dalla coppia di creativi Wicky Hassan e Renato Rossi ha superato i confini nazionali per poi scomparire misteriosamente, dopo un ventennio di successi, come la maggior parte dei marchi che hanno segnato la nostra adolescenza, prima falliti e poi venduti a qualche multinazionale asiatica. Oggi, la Crescent HydePark, il gruppo cinese che ha acquisito il brand, cerca di riesumare il marchio dopo una serie di tentativi inefficaci, sulla scia del revival Y2K che anima le passerelle da qualche tempo e che ha portato gli item firmati Miss Sixty ad una ritrovata popolarità tramite Depop, Vinted e talvolta Vestiare&Co. Ma, archivio a parte, se c’è qualcuno capace resuscitare un brand e ripescarlo dal dimenticatoio è proprio Bella Hadid, scelta come testimonial del marchio per l’ultima campagna estiva, nonché volto ufficiale dal 2021.
Nel 1988 Wicky Hassan, stilista e imprenditore libico naturalizzato italiano decide di lanciare la sua prima linea d'abbigliamento casual, Energie, mentre nel 1991 è la volta di Miss Sixty. Quest'ultimo si rivolge esclusivamente al pubblico femminile con colori brillanti, crop-top in elastene, minigonne inguinali e jeans a vita bassa, tra i primi ad arrivare sul mercato, prodotti in 27 milioni di pezzi e distribuiti in tutto il mondo. Negli anni Novanta i due marchi vengono riuniti nel Gruppo Sixty, un piccolo colosso italiano che comprende anche Killah, Murphy&Nye e Refrigiwear. Gli uffici creativi si trovano nel centro di Roma, mentre la parte produttiva viene dislocata nella zona industriale di Chieti, in Abruzzo. Intanto Christina Aguilera, Angelina Jolie, Anastacia, Beyoncé, Jennifer Lopez, Victoria Beckham si dichiarano fan del brand diventando presto anche amiche di Hassan contribuendo a rendere il marchio sinonimo di quella fissazione per il denim che ha caratterizzato la fine degli anni ‘90 e l’inizio dei Duemila, in quel decennio rampante per il made in Italy. Nel 2007, il gruppo era arrivato a toccare i 700 milioni di fatturato, distribuito in 80 Paesi, 2500 dipendenti nel mondo, cinque marchi in portfolio, uno stabilimento che lavorava a pieno ritmo che nel settore era secondo solo alla Only the Brave di Renzo Rosso. Solo un anno dopo, inaspettatamente, la crisi finanziaria e la malattia del founder causano le prime perdite, tanto che da lì a poco la branca asiatica del gruppo viene ceduta alla Trendy International. Nel 2008 il fatturato cala a 542 milioni, fino a scendere a 300 milioni nel 2011, anno della prematura morte di Hassan, pertanto il gruppo viene ceduto definitivamente nel 2012 ad un fondo di investimento panasiatico, Crescent HydePark. «Solo tre anni prima Miss Sixty sfilava durante la Fashion Week di New York, in programma subito dopo Diane Von Furstenberg con Anne Hathaway sul front row ad ammirare quei coloratissimi modelli disegnati da Hassan, animato da una grande passione per l’arte pop e i fumetti che aveva declinato anche in un hotel-galleria d’arte a Riccione (e dove altrimenti?), il Sixty Hotel» - si legge in un articolo di Chiara Berghelli nell’inserto Finanza e Mercati del Sole 24 ore nel 2016.
Ad oggi, il Gruppo Sixty non ha scordato le sue radici europee, anzi, da un paio d’anni è in atto un progetto di “riconquista” del vecchio continente attraverso un processo di rinnovamento dei modelli e delle linee produttive, mentre la presenza sul suolo asiatico rimane costante con 3000 negozi in tutto il continente, oltre ad una decina di store monomarca in Italia, Germania e Regno Unito.
Potrebbe stupire che la top model più conosciuta (e forse più pagata) del momento sia diventata testimonial di un brand che, nonostante gli sforzi, sembra aver perso del tutto il proprio appeal e la propria spinta creativa, ma in realtà non c’è persona più adatta di Bella Hadid per rappresentare il mall brand più amato d’Italia. Solo un anno fa la modella scriveva sul suo profilo instagram: «Ho appena firmato il mio nuovo contratto come volto di @misssixty ... ho così tanti pezzi vintage del brand collezionati negli anni e non vedo l'ora di abbinarli insieme ai capi della nuova collezione!». Gli outfit quotidiani di Bella Hadid negli ultimi mesi sono difatti degenerati in un’accozzaglia apparentemente casuale di brand Y2K thriftati su Depop, il massimo della moda per i nostalgici di Polyvore e per la Gen Z: pantaloncini da basket adidas vintage, crop top di Abercrombie, parachute pants Diesel, frutto di una nostalgia estetica che perdura, frutto della tendenza estetizzante degli ultimi tempi che ci ha portato a chiamare vintage anche ciò che non lo è. Ma alla luce delle nuove uscite, che non sembrano distinguersi granché dai cataloghi dei colossi fast fashion, tra capi basic, scarpe da ginnastica chunky e borse con catena, i capi non raccontano più di quell’estetica succinta, scioccante e soprattutto riconoscibile, che parla di veline, calciatori e tronisti, di un’Italia forse più spensierata ma non migliore, filtrata dalla patina romantica che solo i ricordi sanno dare alle cose. Di fatto oggi, del Miss Sixty di Hassan resta solo il logo.