La nuova estetica di Milano secondo i Coma Cose e SHOE
Come musica e moda reagiscono a un mondo che cambia
13 Maggio 2022
La moda sta cambiando. In un mondo dove il futuro sembra sempre più vicino, le tendenze e gli stili continuano a evolversi seguendo le esigenze di pubblici nuovi e sempre più giovani. È un cambiamento che per le strade di Milano si avverte a pelle – e di cui SHOE, il brand fondato nel 2006 da Marco Samorè, si è fatto portavoce firmando collezioni easy e informali ma soprattutto genderless per vestire una nuova generazione. Dai tempi della sua nascita il brand è cresciuto fino all’apertura del primo flagship store milanese in Brera e, per questo nuovo e importante passo, ha collaborato con un duo di cantanti che dell’estetica milanese sono due esperti: i Coma Cose. Proprio a loro, che tra le altre cose si stanno preparando al lancio di un nuovo album, abbiamo fatto qualche domanda sulla città e su come lo stile delle sue strade si è evoluto. «Milano è una città che amiamo e che sentiamo muoversi e trasformarsi in modo simbiotico con noi», hanno detto i due. «Forse è talmente variegata che non c’è solo una Milano ma nella stessa città ci sono tanti micromondi e modi di viverla che non ti stanca mai». E di evoluzioni ce ne sono state: Milano fu il palcoscenico del movimento hipster che i Coma Cose avevano raccontato in Inverno Ticinese, ma anche lo snodo principale del fenomeno streetwear che si riflesse nel titolo del loro primo album Hype Aura.
Una serie di annate, che include anche il secondo album dei due Nostralgia, in cui anche il rapporto che il duo ha con la moda si è evoluto. «Per noi la moda è come la musica che facciamo», hanno spiegato. «Ci piace mischiare anche diversi generi ma gli elementi devono essere pochi, ordinati e cromaticamente coerenti. Tornando all’epoca che viviamo, l’estetica di un artista sta diventando quasi un problema, un look dura il tempo di uno scatto e se ci si investe troppe energie si corre il rischio di fuorviare chi ti segue deviando in pochi passi da musicista a influencer. Per noi la moda deve riflettere la nostra personalità quotidiana». Un discorso che ben si adatta non solo a due creativi che Milano l’hanno vissuta sulla propria pelle per anni ma che avvertono il bisogno di una sincerità e di una franchezza che i fulminei cicli dei trend contemporanei invece escludono. Si capisce da qui la nascita del loro legame con SHOE – brand che di un linguaggio autentico e informale ha fatto la propria cifra stilistica. Un tipo di sentimento richiamato anche nel loro album: «Abbiamo sentito la necessità di fermarci e scrivere di getto le sensazioni che stavamo vivendo, l’idea di sentirci risucchiati nel vortice di un percorso “precostituito” ci andava stretta. Secondo noi è il momento di fermarsi e parlare del fatto che non è tutto rose e fiori, esplicitare i problemi è sempre il primo passo per risolverli».
L’attenzione rinnovata verso le tematiche sociali ed etiche, il rivolgersi senza false ritrosie verso la realtà, ha una corrispondenza anche nell’attenzione verso l’etica di SHOE. Nel corso degli anni infatti il brand ha investito molto nella sostenibilità attraverso una collaborazione con Treedom, per piantare nuovi alberi in tutto il mondo, realizzando packaging con il 40% di plastica riciclata oltre a linee di piumini e shorts da mare prodotti usando interamente bottiglie di plastica riciclata. L’apertura del flagship di Brera porterà questa strategia ancora più avanti, diventando un punto di raccolta di capi secondhand che saranno destinati al riciclo e al riuso. Una preoccupazione per il mondo in cui opera, giunta in uno dei momenti di massima espansione del brand, che corrisponde al cambio di marcia e all’impegno che i Coma Cose vogliono far trasparire nel nuovo album. «Ora che la nostra fan base si è notevolmente allargata, sentiamo il desiderio di condividere delle riflessioni etiche sul presente», ci hanno spiegato i due che, tra le altre cose, in preparazione dell’uscita del disco hanno preso una pausa dai social, dallo «smarrimento cosmico» che deriva dal fatto che «stando lì sopra si avverte sempre la sensazione che tutto è già stato fatto. Distaccandosi invece si riesce a dare spazio alle cose più normali della nostra vita. In generale i social si stanno lentamente trasformando, e nel marasma di informazioni avere una comunicazione più univoca fa capire meglio chi sei».