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Secondo il CEO di Tod’s un gruppo del lusso italiano è «fuori tempo massimo»

E la soluzione per l’upscaling diventa il gruppo LVMH

Secondo il CEO di Tod’s un gruppo del lusso italiano è «fuori tempo massimo» E la soluzione per l’upscaling diventa il gruppo LVMH

«Il concetto di polo del lusso italiano non c'è purtroppo e non vedo all'orizzonte nulla che possa farci pensare il contrario, tranne una o due eventuali possibili aggregazioni», ha detto ieri Diego della Valle in una conferenza tenuta allo IULM di Milano. «Gli Italiani non l'hanno fatto a suo tempo e oggi gli manca proprio il materiale per aggregare delle aziende, quindi diamo per scontato che siamo fuori tempo massimo». Il CEO del Gruppo Tod’s, che possiede oltre all’eponimo brand possiede anche Hogan, Fay e Roger Vivier, ha attribuito parte della colpa alle banche italiane colpevoli di «lavorare per i soliti noti e per i compagni di merende» diversamente da quanto accade in Francia dove istituzioni bancarie come Lazard hanno sostenuto i gruppi del lusso in passato. Proprio alla Francia ha guardato Della Valle anche per il futuro del gruppo sottolineando come, da consigliere di LVMH, le acquisizioni di brand come Bulgari, Fendi e Loro Piana abbiano giovato ai brand grazie al modello di business del gruppo che mantiene le filiere produttive italiane e coinvolge le famiglie proprietarie alzando il valore dei marchi. Già lo scorso anno, all’indomani della acquisizione da parte di LVMH del 10% di Tod’s, Della Valle aveva detto che: «Se un domani dovessi decidere, insieme alla mia famiglia, di vendere ulteriori quote, LVMH sarebbe il socio ideale». 

Approfondendo il concetto del polo del lusso italiano, Della Valle ha detto che in Italia «le grandi industrie sono sempre possedute da una proprietà che è organizzativa e spesso è anche stilisticamente responsabile del prodotto, dell'immagine, ci mette la faccia» - forse criticando quel modello di leadership italiano per cui i CEO sono anche i direttori creativi e le personalità-immagine dei rispettivi marchi, cosa che porta a un certo isolazionismo che impedisce la creazione di una solida alleanza: «C'è da parte di alcuni la consapevolezza di dire sono il proprietario del mio gruppo, me lo gestisco, va bene, punto e basta», ha detto della Valle. Il modello a cui parrebbe contrapposto il feudalesimo della moda italiana è proprio quello dello “stato federale” di LVMH dove i vari brand fanno capo a un governo centrale, e in cui i CEO sono professionisti separati dai direttori creativi, creando dunque una più agile gestione dell’immagine.