Come Abercrombie & Fitch è diventato Aimé Leon Dore
L'estetica della New York anni '90 ha preso il posto dei modelli a torso nudo
14 Ottobre 2021
Se fate parte di quella generazione nata all'inizio degli anni '90 allora avrete vissuto in prima persona l'inspiegabile esplosione di Abercrombie & Fitch in Italia e in giro per il mondo. Il brand fondato da David Abercrombie nel 1892 ha visto la sua massima esplosione tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000 arrivando a pianificare a inizio 2014 l'apertura di ben 100 store in Cina nei dieci anni successivi. Ovviamente questo non è mai successo, ma anzi quel modello di brand fatto di loghi enormi, modelli a torso nudo e store in cui la prima regola era "stordire il cliente" è passata di moda schiacciato da un'estetica ormai rinnovata ma soprattutto dalle accuse di body shaming che avevano travolto il brand quando nel 2006 il CEO Mike Jeffries aveva definito Abercrombie come "elitario" e pensato solo per "the attractive all-American kid".
Dopo qualche campagna di body inclusivity e un cambio al vertice con l'arrivo di Fran Horowitz a capo della Abercrombie & Fitch Co, l'azienda che controlla anche Hollister e Gilly Hicks, il brand è passato per un pesante restyling che abbraccia l'estetica New York degli anni '90 già vista nei lookbook di Aimé Leon Dore e in un qualsiasi episodio di Friends e Seinfeld. Un cambiamento possibile grazie all'arrivo nel 2015 di Aaron Levine, passato l'anno successivo al ruolo di Senior Vice Presidente del Men's and Women's Design cambiando completamente l'idea dietro il brand in un rebranding che ha ben più di un punto di contatto con Aimé Leon Dore e Teddy Santis. Come ha fatto notare il tiktoker @dapperdom, scorrendo all'interno del catalogo di Abercrombie & Fitch è impossibile non notare una somiglianza spiazzante con i look di Aimé, dalle color palette alla scelta di un knitwear sempre presente, passando anche per scelte di styling che vedono in alcuni casi anche la presenza delle New Balance 550 create dal brand di Teddy Santis se non addirittura degli stessi modelli. Ovviamente parte dell'anima del brand è rimasta intatta, così come le polo con il logo dell'alce, ma scorrendo nel catalogo è impossibile non notare un totale cambio di rotta che passa anche una ricerca per un basic in cui earth tones e loose fit richiamano il lavoro di Jerry Lorenzo su Essentials.
Il ruolo di Levine in questo cambio di rotta è stato cruciale, portando dentro una multinazionale da 4 miliardi di fatturato annui l'etica di chi invece aveva nel suo bagaglio lavorativo realtà completamente diverse. Prima di approdare da Abercrombie (per cui aveva lavorato come commesso nel 1999) Levine aveva ricoperto alcuni ruoli chiave prima da Jack Spade e successivamente da Club Monaco, brand canadese parte della Ralph Lauren Corporation e specializzato soprattutto nel knitwear. Anche per questo, nella sua esperienza da Abercrombie, da cui ha dato le dimissioni lo scorso aprile, Levine ha incorporato uno stile in cui maglioni e cardigan prendono il posto delle polo e delle giacche jeans, mentre i lookbook sembrano venire direttamente dall'esterno del Café Leon Dore di New York. "Teddy Santis ha fatto un lavoro incredibile" ha detto Lavine in un'intervista a Put this One. "Quando entri in quello store è la storia di una squadra intera. È genuino, onesto e sincero." Santis, che è da poco stato nominato direttore creativo di New Balance MADE in USA, ha fatto dello storytelling uno dei suoi punti di forza, raccontando il concetto di collettività attraverso le sue collezioni e le sue campagne, in cui Aaron Levine è comparso più volte. Il racconto della New York più vera e sincera, quella fatta di uno streetstyle talmente spontaneo da diventare quasi ricercato, tornato prepotentemente di moda non solo con l'avvento di alcuni brand che ne hanno risollevato l'estetica, ma anche con un'effetto nostalgia che è passato per serie tv, i già citati Friend e Seinfeld, e film, come Home Alone. Se il passato di Abercrombie rimane ormai indelebile nelle nostre menti, il cambio di rotta dettato da Levine rappresenta un interessante passo in avanti verso un approccio diverso da parte del mondo fast-fashion, che tanto con Zara quanto con Bershka (sempre gruppo Inditex) sta dimostrando la necessità di arricchire le loro collezioni con un racconto, una profondità che il mondo fast-fashion non ha mai avuto e che sta imparando a rubare al resto della moda.