Onitsuka Tiger «La sostanza non cambia mai»
Da storico marchio giapponese a global fashion brand
19 Dicembre 2020
Il Giappone post-bellico, i kung-fu movies di Hong Kong, la Sposa di Kill Bill e Willow Smith. Tutti nomi che poco hanno a che fare gli uni con gli altri ma che rappresentano tutti sfaccettature di quel mito cross-settoriale che è Onitsuka Tiger – brand di sportswear giapponese che ha trovato il segreto per la propria immortalità non nella stasi e nel culto di sé ma in una continua e costante reinvenzione - che lo ha portato a passare dallo sportswear al fashion vero e proprio, con collezioni di ready-to-wear e aperture di boutique in tutto il mondo, l'ultima delle quali a Milano, oggi 18 dicembre. La capacità di reinventarsi sta alla radice della nuova svolta fashion-oriented che il brand ha intrapreso sotto la direzione di Andrea Pompilio, che ha spiegato a nss magazine:
«Il mio concetto è sempre quello di partire dalla storia del marchio che ha inventato e sviluppato l'abbigliamento sportivo ma senza presentare mai qualcosa di troppo sportivo perché Onitsuka Tiger non è un marchio atletico ma di moda».
Dopo essere stato per decenni e decenni un marchio esclusivamente legato allo sportswear, infatti, la direzione del brand cambiò con il 2013, e la collaborazione con Andrea Pompilio per la creazione della Andrea Pompilio x Onitsuka Tiger Mexico 66 DX MT. Il successo della sneaker portò alla nascita di una collaborazione più estesa che vide il designer e il brand collaborare per una collezione di apparel nel 2013 che si rinnovò per i cinque anni successivi.
Nel 2017, Pompilio diventerà creative director del brand e lo porterà verso una nuova, più vibrante direzione ed ebbe uno dei suoi maggiori highlight nell’ottobre dell’anno scorso, con lo show SS20 di Onitsuka Tiger a Tokyo che celebrò la memoria di Kihachiro Onitsuka, il founder da poco scomparso. La sua filosofia di design è semplice e pratica, e costituisce un naturale proseguimento dello spirito originale del brand:
«L’importante per me è mantenere sempre un elemento di unicità e di novità. Come novità intendo non solo nel design ma anche nel comfort, che per me è un altro aspetto estremamente importante».
Ma i progetti di Pompilio sono ancora più ambiziosi per il nuovo decennio, a partire dalla campagna FW20 di Onitsuka Tiger ha come protagonista Willow Smith, immortalata sullo sfondo di un paesaggio desertico. Questa collaborazione marca forse il maggior grado di evoluzione dalle origini del brand, e lo fa trasportandolo in un universo di reference del tutto contemporanee. L'unica cosa che non cambierà mai? Il logo. Come lo stesso Pompilio ha detto a nss magazine:
«Sicuramente il logo è sempre qualcosa di stabile. [...] A volte lo rimpiccioliamo, a volte lo ingrandiamo, ma la sostanza non cambia mai».
Pur volendo trasportare il brand in una nuova direzione, infatti, Pompilio sa che la sua storia e le sue origini sono forse la parte più fondamentale della sua anima. Al principio, nel 1949, Onitsuka Tiger nacque dall’incontro fra un allenatore di basket e l’ex-militare Kihachiro Onitsuka.
Nel Giappone dell’epoca era infatti arrivato il basket ma non le sneaker per giocarci – la mission che Onitsuka si prefissò fu appunto quella di creare una sneaker da basket giapponese per la gioventù giapponese. I primi tentativi furono poco soddisfacenti ma nel 1951, mentre mangiava un’insalata fredda di cetriolo e polpo, Onitsuka ebbe un’illuminazione: se fosse riuscito a riprodurre sulla gomma la forma concava delle ventose del polpo, avrebbe ottenuto la sneaker perfetta per giocare sul court. A partire da quella geniale quanto inaspettata intuizione sarebbe partita l'intera mitologia di Onitsuka Tiger.
Fu così che nacque il modello OG di Onitsuka Tiger che sarebbe stato adottato già a partire dal ’56 dalla delegazione olimpica giapponese. Nel ’64, ai Giochi di Tokyo, sedici ori olimpici salirono sul podio con le Tiger, l’anno dopo la squadra nazionale di basket vinse ai FIBA World Championship. La partnership con la delegazione olimpica durerà per ventiquattro anni – fino al 1980. In questo periodo il nome del brand si legò sempre più strettamente al mondo delle eccellenze olimpiche e dell'agonismo giapponese. Sempre alla storia delle Olimpiadi è legata la nascita della silhouette più iconica del brand, la Mexico 66 presentata nel 1966 con il nome di Onitsuka Tiger Limber, durante le simulazioni delle imminenti Olimpiadi di Città del Messico.
Poco meno di dieci anni dopo, Onitsuka Tiger si sarebbe accorpata ad ASICS, dando vita al brand che tutti conoscono oggi. Nel frattempo la fama definitiva era giunta alla silhouette dal mondo dello sport: le Tiger avevano già fatto il loro ingresso in America e la loro fama crebbe a dismisura quando diventarono le sneaker del quattro volte oro olimpico Lasse Virén e di altri innumerevoli atleti. La consacrazione però doveva venire dal cinema: il 1978 fu l’anno dell’ultimo film di Bruce Lee, Game of Death – film in cui Lee indossa un celeberrimo outfit giallo e nero con un paio di Mexico 66 coordinate. Una combo che sarebbe diventata ancora più iconica nel 2003 con l’outfit indossato da Uma Thurman in Kill Bill, un diretto omaggio a Bruce Lee.
Un altro periodo di prosperità per il brand arrivò negli anni ‘90. Quando si diffuse l’estetica detta Urahara che pose l’enfasi sullo sportswear, sui colori, sull’hip-hop e il punk. Fu l’epoca in cui nacquero il mito di Nigo e Jun Takahashi ma anche l’epoca in cui indossare sportswear costituiva uno statement, uno stile di vita. Fu il periodo in cui il mito di Onitsuka Tiger tornò a crescere in preparazione del potente rilancio del 2002. E da allora l'ascesa di Onituska non si è più fermata.