“Trovare un posto nel rumore”: intervista a Yoon Ahn
In occasione della sua collabo con UNIQLO, abbiamo scambiato due parole con la designer di AMBUSH
05 Marzo 2020
In pochi anni, il nome di Yoon Ahn è diventato un’autorità nel campo della moda. L’estetica unica dei suoi gioielli sorprendenti ispirati agli oggetti della vita quotidiana ha decretato il successo del suo brand AMBUSH, che si è espanso negli anni alla produzione di abbigliamento e che ora progetta di ampliare la propria offerta a borse e scarpe. Questo stesso successo ha portato Yoon Ahn a diventare jewellery designer per Dior, a collaborare con Nike e, più di recente, a lavorare con UNIQLO UT alla collezione LOVE MINNIE MOUSE by AMBUSH. La capsule realizzata sotto la direzione creativa di Yoon Ahn ha avuto come protagonista il personaggio Disney di Minnie e rappresenta il desiderio di AMBUSH di rivolgersi a un’audience più ampia e più giovane.
La collezione LOVE MINNIE MOUSE by AMBUSH è già disponibile sia online che in tutti gli store UNIQLO. In occasione del drop, anticipato da un evento dedicato tenutosi a Tokyo lo scorso 20 febbraio, abbiamo scambiato qualche parola con la designer che ci ha parlato delle sue ispirazioni, del proprio lavoro e del ruolo dei designer sulla moderna scena della moda.
Sei nata in Corea, hai vissuto a Seattle e a Boston e infine ti sei trasferita a Tokyo. Nelle tue creazioni è presente una traccia di tutti i posti che hai abitato?
Certo. Quei posti sono parte di chi sono oggi. Non in senso letterale, ma sul piano del subconscio. Tutti noi siamo prodotti del nostro ambiente.
Cos’è che, secondo te, rende unico un gioiello? Cosa vuoi comunicare tramite le tue creazioni?
I gioielli dovrebbero aiutarci a manifestare il nostro carattere e la nostra personalità. Sta a chi indossa una qualunque delle mie creazioni coordinarla in base al modo in cui vuole esprimersi.
Qual è il pezzo più tecnicamente complesso che hai realizzato? E di quale pezzo sei più orgogliosa?
C’era una borsa metallica a forma di lunchbox che ho fatto qualche anno fa. Abbiamo finito per creare un pezzo modellando il metallo a mano e usando il calore. È stato un lavoro davvero intenso.
Hai trasformato fascette di plastica, orsi di peluche e graffette in gioielli. Qualche anno fa hai detto a Kinfolk che il tuo obiettivo è “valorizzare quegli oggetti che molti trascurano”. Ma secondo te perché questi oggetti meritano di essere elevati in questo modo?
È un po’ una mentalità wabi-sabi, che significa trovare la bellezza nell’imperfezione e in ciò che è ordinario. E poi i lavori di Karlheinz Weinberger con REBEL YOUTH e i punk inglesi dei primi anni ’70 mi hanno fatto capire che lo stile non si compra coi soldi e basta. Lo stile è ciò che fai con le cose che hai. E io vedo della bellezza nelle cose che trascuriamo.
UNIQLO collabora da anni con creativi di alto profilo, come te ad esempio o Jun Takahashi e KAWS. In quanto designer famosa, cos’è per te UNIQULO Lifewear e cosa pensi della democratizzazione della moda?
Una t-shirt è un medium perfetto per raggiungere un largo pubblico. Quando si pensa alla moda e al design, si finisce spesso per glorificarne il lato più immaginoso. Eppure creare pezzi semplici, basici, che servono alle persone e possano integrarsi nelle loro vite è una vera sfida. E quando si parla del mondo reale, trovo questo ambito più stimolante. Credo che la democratizzazione della moda sia qualcosa di importante. Perché dà potere ai consumatori e non a una piccola elite che domina l’industria.
Perché hai scelto Minnie come tema centrale della tua capsule? È un personaggio legato alla tua infanzia?
Potevo scegliere qualunque personaggio femminile Disney. Ma ho saputo dal primo istante che dovevo scegliere Minnie. È un’icona. E volevo rappresentarla in una maniera in cui nessuno l'aveva mai rappresentata prima.
Tu e Virgil Abloh siete dei designer che non hanno seguito degli studi tradizionali, eppure siete diventati fra i più ammirati nel mondo della moda. Credi che questo sia sintomo di un cambiamento nel ruolo che ha un designer in generale, in termini di preparazione o aspettative? E se è così, come sta cambiando questo ruolo?
Avere un punto di vista proprio e una forte etica del lavoro non sono cose che si imparano studiando. Non sto dicendo che studiare sia irrilevante. Ma viviamo in un’epoca in cui si può avere un legame diretto con i clienti e creare un proprio spazio per progettare ed esibire il proprio lavoro. Bisogna solo lavorare duro e creare qualcosa di interessante.
Molti credono che il 2020 sarà l’anno in cui la moda abbandonerà lo streetwear. Quale sarà la risposta di AMBUSH a questo cambiamento?
La moda non ha abbastanza parole per definire tutte le tipologie di abbigliamento casual e quindi tutto quanto è stato etichettato come streetwear. Vestirsi comodi non sarà mai fuori moda. Il mondo è grande e sono in tantissimi a vivere fuori i cicli della moda e dei trend. Per ciò che riguarda AMBUSH, il cambio dei trend non è la sfida principale. Siamo più impegnati a crescere come brand, maturare e migliorarci stagione dopo stagione mentre cerchiamo di trovare un posto nel costante flusso di rumore che c’è là fuori.