In voga: sweatpants
14 Aprile 2010
Ai miei tempi – sembro una centenaria, in realtà sono solo una che ha vissuto pienamente e in totale “coscienza” modaiola gli anni ’90- la tuta si portava solo per fare ginnastica. E badate bene, ho detto ginnastica, non sport.
Lo sport, con le relative tutine più aggraziate e meno pigiama-formi, è venuto dopo, con l’aumentare delle palestre e l’accrescersi di quel mito del fitness, in incubazione già dagli ’80.
Ginnastica, dunque, che poi era quella che si faceva a scuola, durante la cosiddetta ora a lei dedicata, quando ti mettevano in fila in base all’altezza e ti costringevano a correre per una ventina di minuti, in cerchio. Almeno dalle mie parti funzionava così.
Poi per anni, il pigiamone-tutone, soprattutto nella veste di pantalone abbondante e senza forma, è stato sostituito dall’abbigliamento sportivo più consono. Sono nati così i leggins – noi li chiamavamo pantajets- che però avevano la zampa e si portavano esclusivamente nei luoghi deputati a soffrire per sembrare belli.
Ora invece, grazie anche al gran rispolvero della felpa, la tuta da ginnastica, sempre più nella variante del pantalone con coulisse in vita ed elastico sulla caviglia, è tornata prepotentemente in voga.
Da Alexader Wang a Rag&Bone, da Proenza Schouler a Yigal Azrouel, è tutto un proliferare di sweatpants, per dirlo all’americana.
C’è bisogno di stare attenti, però. In base, a come si legge e interpreta il trend, infatti, si può passare dal sembrare una casalinga disperata, che è scesa un attimo in strada a prendere il latte, ad una fashion icon stilosissima, di quelle tipicamente avvistate su The Sartorialist o JakandJil.
La differenza in questo caso sta nel dettaglio e nell’insieme. Se uno al panta-tutone ci aggiunge la felpona con il cappuccio e le Crocs, sembrerà che soffra d’influenza e necessiti del latte (il motivo per cui la becchiamo in giro) per farsi la zuppa. Se, al contrario, il suddetto panta è unito ad un paio di stivali borchiati, una it-bag di stagione ed una giacca da tenente dell’esercito in congedo, la prospettiva cambia e la seconda ipotesi, quella fashionista, ottiene credito.
C’è poi, infine, chi in totale filone amarcord, prova infilandolo di fare una libera citazione dei ragazzi di Saranno Famosi (versione USA), portandolo con t-shirt pop, calzettoni e converse. Ovviamente, a noi non spetta giudicare. Ognuno può portare la tuta come gli pare. Tanto, permettetemelo, dopo aver vissuto in anni in cui al tutone mi abbinavano il colletto di centrino bianco fatto a mano (grazie nonna), niente mi può più spaventare.
Alla prossima.