Kyle Thompson, classe 1992, è un fotografo di Chicago la cui carriera è iniziata con alcuni scatti di case abbandonate della sua città. L’interesse per luoghi abbandonati come palazzi e foreste deriva da una fascinazione per il vuoto e per i residui del passato altrui in cui ci imbattiamo nel nostro quotidiano. La mostra Sinking Ship, che verrà presentata oggi mercoledì 20 novembre al aA29 Project Room di Milano, parla dell’America abbandonata del Midwest, con le sue pianure desolate e città fantasma.
Il fotografo immortala queste rovine dell’età moderna sia dall’interno che dall’esterno, in una prospettiva che colloca la casa abbandonata in un contesto di abbandono più generale. Quella che Thompson racconta è un’altra America, solitaria e disillusa, spinta a un tracollo che non è solo economico ma anche morale. Lui stesso appare in alcuni scatti, ma privo d’identità, la sua presenza ambigua e irreale come quella di un fantasma.
Lo scatto di nome Toy Gun, che mostra la confezione vuota di una pistola giocattolo, parla di abbandono e di vuoto e suggerisce, tramite la sua assenza, la minaccia dell’arma e della sua violenza.
Sono sempre stato attratto dall'idea che questi spazi contengono così tante testimonianze di vita, permettendoti di stare da solo. Ci si sente un po’ in una contraddizione; si possono incontrare queste persone attraverso i loro oggetti, ma senza alcun contatto umano reale. Questo lascia spazio all’interpretazione. Si è costretti ad aggiungere il proprio contesto alle loro vite. Cercare di decifrare questi elementi in un modo del tutto autentico è impossibile, e si finisce con decine di frammenti e piccole idee della loro vita, piuttosto che un disegno unitario. Questo, quindi, costringe ogni interpretazione della loro vita a fare affidamento sui loro beni tangibili. Sono affascinato da questo concetto; cercando di determinare in qualche modo come i nostri beni ci definiscono.
In Bird’s Nest, il volo di due rondini dentro una stanza vuota suggerisce una vita intima e naturale che continua a dispetto della desolazione che la circonda.
Lo scatto Coyote, in cui l’eponimo animale penzola ucciso da un cartello che vieta la caccia suggerisce un’ironia nera e parla della brutalità di luoghi dove la civiltà urbana non è mai arrivata.
Il titolo è una metafora di queste città e della loro lenta distruzione. Quando si parla ad alcuni dei residenti che ora vivono da soli in queste città, sembrava di essere su una nave che affonda. Hanno assistito in prima persona alla morte delle proprie città. Molti di loro ci sono cresciuti mentre c'erano un paio di centinaia di abitanti, e ora sono circondati dai segni della loro assenza.
Penso che Instagram abbia cambiato le cose, ma non credo che abbia svalutato la fotografia. Il valore artistico si basa sullo spettatore, e avere un pool più grande di lavoro da curare può causare un interesse più autentico per l'opera. Penso che a volte questo possa spingere verso la fama lavori più superficiali, ma può anche creare un contesto più equo per esibire il proprio lavoro. Penso che per svalutare la fotografia, la fotografia dovrebbe essere rigida e definibile, mentre invece si basa sul valore che lo spettatore crede che abbia.
Quando ho iniziato con la fotografia, volevo trovare luoghi che sembrassero una dichiarazione in se stessi, e fotografare mi ha dato modo di esplorare in tranquillità ed esaminare l'influenza umana sul mio ambiente, pur consentendomi di creare da solo.
Il titolo rievoca anche l’archeologia; le immagini si basano sullo studio degli oggetti residui che rimangono conservati, anche se distrutti dagli agenti atmosferici della natura e del tempo.
Vecchi serbatoi d'acqua piovana, auto dissolte nella foresta e case abbandonate. Sono sempre stato molto solitario, e volevo trovare questi nascondigli tranquilli. Da bambino ho passato molto tempo a esplorare i miei dintorni e a cercare piccoli rifugi interessanti, in cui spesso le infrastrutture urbane si scontravano con la natura circostante.