David Salle
08 Febbraio 2011
I suoi quadri sono la rappresentazione della società dello spettacolo permanente, immortalati in fotogrammi, come fossero scatti ritrovati. Fanno ricordare quello che abbiamo registrato nel nostro immaginario individuale.
Salutato dagli artisti americani come un "enfant prodige" David Salle (Oklahoma, 1952 tutt’ora residente a New York) arriva nella Grande Mela a ventidue anni. Con gli studi fatti al California Institute of the Arts di Los Angeles e non avendo ancora le idee chiare su cosa avrebbe fatto, comincia a lavorare per una rivista pornografica. Ed è da qui che ha inizio la scalata al mondo dell’arte e il ritorno alla pittura.
Salle inizia con lavori che nascono da “fotografie di moda, che attacca su un cartone, sul cui sfondo compare, come in un biglietto da visita, il nome del fotografo”.
Nel 1979 espone da Annina Nosei e Larry Gagosian, che avevano aperto insieme una galleria.
Sono gli anni in cui sugli sfondi “monocromatici” vengono dipinte figure di donne e altri soggetti ben identificabili.
Ma, quando Salle passa alla galleria di Mary Boone e Leo Castelli, le cose cambiano. A livello formale, i suoi lavori diventano più consapevoli di una linea neoespressionista che ha un’energia pittorica molto accentuata, e a livello economico le sue quotazioni salgono vertiginosamente.
Cinema, teatro, musica e pubblicità rimangono i serbatoi da cui attingere ispirazione e per proporre quell’azione postmodernista che lo caratterizza. Una pittura che ha fra i suoi riferimenti la Metafisica di Giorgio de Chirico, ma anche il Surrealismo e il Futurismo, come sostiene Alan Jones nell’introduzione al catalogo.