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Rock in Roma

Miles Kane - The Vaccines - Arctic Monkeys

Rock in Roma Miles Kane - The Vaccines - Arctic Monkeys
Fotografo
Henry Ruggeri

Una delle serate più attese dell'anno è stata sicuramente questa. Non capita tutti i giorni di vedere un concerto degli Arctic Monkeys, sopratutto se ad accompagnarli prima ci sono Miles Kane ed i Vaccines, non come semplici aperture, ma come mini-concerti, creando così un festival nel festival. Il RockinRoma si può vantare di aver portato tanti nomi importanti nella capitale, dai Killers ai Rammstein, passando per “The Boss” Bruce Springsteen. Tanti ne devono ancora venire, come i Blur ed i Deep Purple, ma questa meritava di essere raccontata, nel male e (sopratutto) nel bene.

 

Ore 18.20: Dopo ore di attesa in fila, in accampamenti fatti di asciugamani, ombrelli e teloni, vengono aperti i cancelli dell'Ippodromo delle Capannelle. Come in tutti i concerti, corsa generale per prendere i posti migliori, a costo di farsi qualche nemico per la serata. 

Ore 19.20: Attesa interminabile, interrotta da soundcheck, preservativi volanti, video musicali sui maxischermi e foto di gruppo “agitate”, che fanno presentire un'eccitazione crescente.

Ore 20: Finalmente entra Miles Kane in pantalone a righe e camicia bianca a collo alto, con la sua band, che inizia subito con “Taking Over”. Dal primo pezzo, un po' per la visibile gioia di Miles, un po' per la lunga attesa, esplode il pubblico: spinte, pogo e pressing si fanno sentire con una forza incredibile. Miles, con l'aspetto di Paul McCartney e l'energia di Mick Jagger, non sembra fermarsi, tranne che per urlare “Roooma!” o incitare ancora di più la folla, come durante “Give up” con i suoi “Are you ready to lose you fucking mind?” e lanciandosi in assoli incredibili. Funziona bene, anche troppo, dato che la folla sembra essere al massimo per “Don't forget who you are” ed esagera su “Come Closer” mentre interagendo con Miles i cori si accompagnano a spinte violente, facendo cadere buona parte del pubblico a terra.

Nonostante ciò, Miles ancora divertito ed energico come pochi, termina in bellezza con un'altro assolo e presentando la sua band: davvero bravissimi.

Ore 20.50: Salgono sul palco i Vaccines, con il frontman Justin Young, più barbuto del solito. Subito anche su “Blow it up” e sopratutto su“Teenage Icon”, il pubblico, ancora carico di Miles Kane si scatena, cantando e urlando. In effetti, a giudicare da alcune maglie, anche se in netta minoranza, forse c'era gente che era venuta proprio più per i Vaccines che per gli Arctic. Il concerto scorre abbastanza tranquillo in certi momenti, grazie ad una scaletta che alterna i generi, anche se c'è timore di quello che potrebbe succedere nel momento della celebre “If you wanna”. In realtà non è stato nulla, paragonato a quello che è successo durante l'ultima canzone “Norgaard”: gente che invocava gli Artic, l'eccitazione e la foga, mai pacate, che riesplodono in un pressing generale e altre cadute, sopratutto di ragazze, tanto da costringere Justin Young a smettere di muoversi sul davanti del palco mentre cantava, visibilmente sconcertato. Anche i Vaccines concludono brevemente con un “It was a pleasure Rome!See you!” e lasciano il palco un po' sottotono.

Ore 22.15: I tecnici sono ancora sul palco per preparare l'entrata delle Scimmie Artiche, e come da copione è calato il buio e ha smesso di piovere. Alcuni cercano il posto migliore per cercare di non rimanere tramortiti date le esperienze appena passate, qualcuno litiga per capire da chi ha ricevuto una gomitata, altri condividono tutto sui social.

Ore 22.30: Finalmente, il momento tanto atteso: gli Arctic Monkeys, presenti secondo stime sul 93% delle magliette, arrivano, annunciati prima da un gioco di luci. Entrati in scena, si accendono le grandi “A” e “M” dietro di loro, e subito viene intonata la nuova canzone “Do I wanna know”. Appena Alex Turner apre la bocca per cantare, vedo ragazze svenire, piangere ed urlare, non per il pubblico troppo scatenato, calmissimo invece all'arrivo della band, ma per quello in camicia bordeaux, il rocker figo dal ciuffo rockabilly: Alex. Tutti sono felici e urlano “Crawling back to youuu” come se non ci fosse un domani.

Finita la canzone, le dovute presentazioni, nel caso avessimo sbagliato concerto: “Hi, my name is Alex and we are The Arctic Monkeys” (leggi con l'accento di Sheffield: “we r the Arctic Munk' eys”). Il concerto scorre piacevolmente e pezzi come “Brainstorm” “Dancing shoes” o “Teddy Picker” riportano il pubblico in stato di eccetazione, più moderata però, alternata ad urli e canto a squarciagola. Gli Arctic dal canto loro, dimostrano di saper gestire benissimo il palco, gli spazi ed il tempo, creando una grande sintonia con il pubblico che tanto li ha aspettati. Sembrano davvero divertirsi tutti e quattro, e nonostante la grande presenza scenica di Jamie Cook e sopratutto di Alex Turner, si dimostrano davvero uniti.

Turner dal canto suo torna a far urlare le ragazze dicendo “It's a really nice crowd...I mean it. Especially the ladies, I see a lot of pretty ladies.” dedicandoci “I bet that you look good on the dancefloor”e non contento rincara la dose dopo con: “And I say this to all the girls but...I'm yours! Question is R U Mine?” annunciando l'omonimo pezzo. A questo punto sono volate cose sul palco, e non escludo fossero reggiseni.

Tempo per altri pezzi cult come “Do me a favour” “Fluorescent Adolescent” e l'inaspettata bellissima sopresa di “Cornerstone” e “Mardy Bum” in acustico. Poi la classica uscita da rock star per farsi implorare un po' ed il ritorno in grande stile con “When the sun goes down” e come conclusione “505” dove vengono raggiunti da Miles Kane, sempre super sorridente: anche qui una complicità evidente (causa The Last Shadow Puppets), una frase sussurrata tra Alex e Miles, rendono il pezzo ancora più intenso, per finire in bellezza.

Nonostante i problemi di folla, e di conseguenza, le carenze della sicurezza, l'organizzazione del suolo dove a causa del pogo si è sollevata una polvere che ha fatto tossire perfino Alex Turner, ed i ritardi, tecnici e non, è stato un bel tentativo di riunire sullo stesso palco tre band importanti, amiche, e molto talentuose. Purtroppo si ha l'impressione che proprio questa configurazione non è stata molto capita dal pubblico, che sopratutto con i Vaccines, non è stato il massimo del rispetto, in attesa spasmodica degli Arctic Monkeys. 

Per fortuna lo sforzo valeva l'impresa, dato che tutti e tre sono stati eccellenti, non deludendo neanche un secondo dal vivo, emozionando, e regalando a Roma del grande rock.