Come si stanno veramente vivendo le Olimpiadi a Tokyo
Lo abbiamo chiesto a chi vive la città: Adrian Bianco, editor-in-chief di @sabukaru.online
Da quando esistono i Giochi Olimpici, chi ha avuto la fortuna e il privilegio di parteciparvi racconta spesso che la differenza rispetto ad altre gare sportive sta nell’atmosfera che si respira in città, intorno al villaggio, nei bar. C’è chi lo chiama spirito olimpico, quella sensazione di orgoglio, responsabilità e eccitazione scaturita dalla ospitare nella propria città o nazione una manifestazione che unisce quasi tutte le nazioni del mondo, chiamate ad eccellere nello sport. Può sembrare una visione retorica delle Olimpiadi, però sono rimaste uno dei pochissimi eventi che mantengono una solennità antica, che nel suo svolgimento da spesso l’impressione di assistere ad un momento storico - molte volte positivo, ma anche tragico.
In questa prospettiva l’Olimpiade di Tokyo ha già il suo posto nella storia: è la prima svoltasi durante una pandemia, la prima senza tifosi, la prima con un nome sbagliato rispetto all’effettivo anno di svolgimento. Già nelle ultime edizioni si è sollevato il problema pratico dell’organizzazione di un'Olimpiade contemporanea, nessuno però aveva mai ipotizzato la difficoltà di farlo durante una pandemia globale, con una campagna vaccinale da portare avanti e un’economia da far ripartire. Sembra uno scherzo del destino che tocchi al Giappone questa missione al limite dell’impossibile, un popolo orgoglioso il cui ethos è ancora spesso ostaggio di stereotipi per una riservatezza culturale consolidata. Per capire come si sta vivendo l’atmosfera olimpica a Tokyo, abbiamo deciso per un momento di distogliere i riflettori dagli atleti per chiedere a chi vive e ha vissuto la città come è percepito lo spirito di questa strana Olimpiade. «È difficile da spiegare» ci racconta Adrian Bianco, founder e direttore di Sabukaru.online che vive nella capitale giapponese da anni. «Io la vedo così: Momiji Nishiya e Yuto Horigome, due giovani atleti molto promettenti, hanno appena vinto l’oro per lo skateboard – e onestamente la cosa mi entusiasma parecchio. Credo che Tokyo e i suoi giovani abbiano bisogno di una buona notizia dopo tanti eventi così problematici. Vedere uno sport che ancora qui non è nemmeno riconosciuto, specialmente dal punto di vista delle forze dell’ordine, che vince una medaglia d’oro è fantastico».
Le sottoculture sono state uno dei fattori più importanti nella trasformazione culturale di Tokyo, dagli anni settanta fino a quella dello street style di Harajuku, la creatività giapponese ha una componente di strada che si oppone alla rigida tradizione. Quella skater è la sottocultura più in espansione nonostante sia ancora considerata - in un interessante paradosso - illegale praticarla fuori dagli skatepark. Come sottolinea Bianco questa è una plastica rappresentazione delle sfide che lascerà questa olimpiade al Giappone: «Finché tutti saranno in salute e rispetteranno le regole, le Olimpiadi finiranno, diventeranno parte del passato e di una vecchia politica di cui spero che i giovani cambieranno il corso in futuro. Ma una cosa è certa: vedremo molti più giovani in skate e nessuno rimarrà colpito da chi lavora per il Comitato Olimpico».
Le sottoculture sono state uno dei motori creatività di Tokyo, come ha spiegato Hiroshi Fujiwara, dagli anni 70 le strade della capitale giapponese hanno prodotto fenomeni culturali diversi - dal punk fino allo street style - rielaborando i trend della cultura occidentale. L’ultima sottocultura è appunto lo skateboard, inteso come simbolo e fenomeno culturale, è malvisto da molti e considerato un’attività rumorosa, disordinata e soprattutto che mantiene quella caratura ribelle contraria alla cultura tradizionale giapponese. Un'Olimpiade normale avrebbe accelerato alcuni processi culturali in una società che ha regole e meccanismi diversi da quelli occidentali. In questa settimana, in cui i contagi sono arrivati a 10mila al giorno e il governo si sta preparando a nuove restrizioni, il sentimento di Bianco e credo quello di molti altri abitanti di Tokyo è che finisca il prima possibile: «Tokyo è stata molto, anche troppo calma durante la prima parte della pandemia. Non si pensava troppo alle Olimpiadi – non era un argomento molto in voga. Gli ultimi mesi della pandemia e la lentezza della campagna vaccinale hanno spinto sempre più persone a essere contro l’organizzazione die Giochi – specialmente ora. Ci sono situazioni che lasciano contenti tutti, mentre questa non ha fatto contento nessuno né per la gente né per Tokyo come città».